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Da Firenze a Firenze

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 18 del 27/02/2010

La Chiesa è sinodale, comunionale, conciliare, lo è nell’eucarestia e in tutta la sua vita. L’ecclesia è sinodo (fare strada insieme), per essere fedele e comunicare il Vangelo che ha ricevuto. I laici vi stanno a pieno titolo, non senza, non contro e non sotto l’ordine gerarchico. Oggi, nella realtà, complessità e movimento attraversano qualsiasi ordine.

Il messaggio di Dio in Gesù è che non ci salva la legge ma l’amore incondizionato di Dio per questa umanità, misera e grande. Ciò è motivo, per la Chiesa autentica e umile, di gratitudine infinita, di speranza attiva, di servizio a tutti, di far primi gli ultimi e di parola franca.

Abbiamo detto e ridetto che cosa la Chiesa non è. La Chiesa, che siamo noi, ha da convertirsi continuamente al Vangelo di Gesù e viverlo nelle relazioni quotidiane, personali e sociali. Può farlo attraverso mutamenti profondi e fedeli dalla Chiesa di ieri a quella di domani. Oggi l’umanità corre rischi definitivi, ma il popolo cristiano è più adulto, c’e un dialogo tra le religioni e le spiritualità che può essere fecondo e salutare.

La Chiesa ha bisogno di mettersi in stato conciliare. A 50 anni dalla grazia di Spirito Santo ricevuta nel Vaticano II, e non interamente custodita, la Chiesa ha bisogno di avviare un nuovo processo conciliare (non solo episcopale): individuare le domande e gli appelli di Dio e del mondo; attingere alla fonte della luce rivelata, che cresce nell’ascolto, e a tutte le proprie capacità responsabili, per trovare le direttrici della propria ricerca e di una fraterna risposta al mondo e a Dio. Ciò richiede un lavoro di anni (ma non troppi) sui problemi e sul metodo. Non occorre un’aula unica a Roma. I vescovi da soli non ce la fanno. Troppa parte dello scarso clero è occupata a tenere su in equilibrio pietra su pietra. Parta da ogni luogo della universale ecumenica Chiesa di Cristo questo cammino conciliare, libero e paritario, non ribelle alla tradizione, ma teso a quella che sarà la pienezza promessa. Circolino esperienze, riflessioni, domande, studi, incontri come questi “sinodi” fiorentini, fino a raccogliere il lavoro di tutti, per rispondere di nuovo, e meglio, al “Vangelo che abbiamo ricevuto”, nel quale siamo salvati in speranza.

Io non ho sentito così forte come altri la tensione tra contestatori e costruttori. In Marco 7, Gesù rimprovera tradizioni, dottrine, precetti di uomini, in luogo del comandamento di Dio. Chi contesta ha dei buoni motivi. Ancor più devono preoccupare gli “arrabbiati” assenti, silenziosi, che hanno licenziato la Chiesa dalla loro vita e dalla loro fede. Anche la Chiesa ci perde, senza di loro. I vescovi si preoccupino di chi tace, più che di chi parla. Un vescovo ha da rallegrarsi e non turbarsi se nella sua Chiesa alcuni laici adulti riflettono sul tipo di successore che dovrà avere. È vero che certa contestazione è condizionata da ciò che contesta. Contestazione e costruzione sono entrambe necessarie. Ognuno faccia la sua parte, che non è uguale per tutti. La Chiesa oggi riconosce che la sete di giustizia e di pace è anche di figli di Dio che non sanno di esserlo? Non sarà il caso di allietarli col dirglielo invece di rimproverarli perché non conoscono la Dottrina della Chiesa?

 

*de “Il foglio” di cristiani torinesi

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