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SI "NEGOZIA" SUI "VALORI NON NEGOZIABILI" LA FINE DELL’EGEMONIA RUINIANA SULLA CEI?

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 03/04/2010

35523. ROMA-ADISTA. Dopo il partito dell’amore contro quello dell’odio, il partito della vita contro quello della morte. Lo ha “battezzato” il presidente dei vescovi italiani card. Angelo Bagnasco che, nella sua prolusione al Consiglio Permanente della Cei (22-25 marzo scorsi), ha dedicato un lungo passaggio alle elezioni regionali, tirando – di fatto – la volata alla candidata del Pdl nel Lazio, Renata Polverini e le orecchie alla candidata Emma Bonino e più in generale a tutti gli aspiranti governatori del centro-sinistra (la piemontese Mercedes Bresso e il pugliese Nichi Vendola in prima fila).

Dopo un lungo passaggio dedicato alla pillola Ru486 ed alla diffusione di metodiche contraccettive cosiddette di emergenza, che preoccupano i vescovi perché in tal modo “l'aborto sarà prolungato e banalizzato”, Bagnasco, è infatti passato alla tornata elettorale. Ha affermato, facendo esplicito riferimento ai temi bioetici, che “in questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale”. Un tema, ha spiegato Bagnasco, su cui nella Chiesa “c’è una linea ormai consolidata, che sinteticamente si articola su una piattaforma di contenuti che, insieme a Benedetto XVI, chiamiamo ‘valori non negoziabili’, e che emergono alla luce del Vangelo, ma anche per l’evidenza della ragione e del senso comune. Essi sono: la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. È solo su questo fondamento - ha aggiunto il presidente della Cei - che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale infatti, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole?”. Insomma, ci sono i valori non negoziabili, ma alcuni sono ancora meno negoziabili di altri. Nel senso che costituiscono la condicio sine qua non per l’esistenza degli altri.

 

Aggiustamenti

Bagnasco però, dopo aver gettato il sasso, ha - parzialmente - nascosto la mano, forte anche dell’inevitabile effetto prodotto dalle sue prime dichiarazioni. Così, in una nota diffusa il 22 marzo in vista delle Regionali della Liguria, nel suo ruolo di presidente della Conferenza episcopale regionale, il cardinale ha raddrizzato il tiro. “Nell'approssimarsi della consultazione elettorale”, ha scritto insieme agli altri vescovi liguri, e con l'obiettivo di “favorire la riconciliazione e il discernimento”, il “criterio guida” per gli elettori deve essere “l'impegno programmatico, chiaramente assunto, di assicurare il pieno rispetto di quei valori che esprimono le esigenze fondamentali della persona umana e della sua dignità”. Anzitutto, “il rispetto della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale; la tutela e il sostegno della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; il diritto di libertà religiosa, la libertà della cultura e dell'educazione”. Poi, “il diritto al lavoro e alla casa; l'accoglienza degli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l'integrazione; la promozione della giustizia e della pace; la salvaguardia del creato”. Questi valori, che sono anche sociali, “non possono essere selezionati secondo la sensibilità personale, ma vanno assunti nella loro integralità”. Come a dire: la Chiesa è sì contro l'aborto, ma non considera i valori sulla bioetica più importanti dei valori sociali.

 

Interpretazioni

Dietro queste due dichiarazioni (il cui senso è stato poi successivamente “chiarito” dal portavoce della Cei, mons. Domenico Pompili), diverse possibili spiegazioni. La prima, più politica, farebbe pensare alla volontà di attutire almeno in parte dichiarazioni dirompenti (e laceranti per il mondo cattolico, specie quello democratico), attraverso un secondo testo che pur non smentendolo, riduce sensibilmente la portata del primo. Un modo, quindi, per placare in parte i malumori della base, dopo essersi comunque garantito una forte risonanza mediatica e dopo aver dato un indubbio aiuto al centrodestra. Anche perché, quando la gerarchia vuole rettificare il modo con cui i giornali presentano i documenti magisteriali o interpretano i discorsi o le dichiarazioni di qualche vescovo, lo fa nello spazio di poche ore. Come nel caso recente di mons. Domenico Mogavero, dalle cui dure parole contro il decreto salva-liste, la Cei si era subito smarcata (v. Adista n. 23/10).

Ma questa tesi presuppone una gerarchia molto forte e compatta al suo interno. E non è proprio il caso dei vertici ecclesiastici odierni, lacerati da scontri interni la cui manifestazione più evidente è nella contrapposizione tra il card. Camillo Ruini ed il Segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone. Claudio Tito, su Repubblica (25/3), parla di un “redde rationem tra ‘ruiniani’ e ‘anti-ruiniani’” che si sarebbe consumato durante l’ultimo Consiglio Permanente. Quel che è certo è che in una parte dell’episcopato il malumore per lo strapotere di Ruini in Cei è sempre più palpabile. Ed il card. Bagnasco è impegnato in una difficile opera di mediazione. Un'opera di “bilanciamenti” che sta evidenziando le sue contraddizioni soprattutto sul versante politico. È allora possibile, e diverse voci interne alla Cei suggeriscono questa ipotesi, che Bagnasco abbia pronunciato quel passaggio della sua prolusione sotto il forte pressing di Ruini e del suo entourage, che in queste settimane sta guadagnando terreno in Vaticano (l’ex vicario del papa ha infatti rafforzato il suo legame con Ratzinger, incassando l’incarico di scrivere le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo e la presidenza di una commissione vaticana che indagherà sulle presunte apparizioni mariane di Medjugorje). Ed è certamente nello stile di Ruini affrontare di petto anche questioni su cui c’è il rischio di essere clamorosamente smentiti in pochi giorni, ad urne chiuse, sfuggendo le consuete diplomazie e prudenze ecclesiastiche (del resto, il 20 gennaio scorso il cardinale ha voluto personalmente incontrare Berlusconi per concordare la strategia anti-Bonino). E poi è ancora Ruini il deus ex machina del progetto culturale e quindi del modo stesso con cui la Chiesa intende “comunicare” se stessa ed i propri valori alla società secolarizzata. Ed è sempre Ruini che (il referendum sulla legge 40, Scienza&Vita, il Family Day, il caso Welby docent), si è particolarmente prodigato in passato affinché i valori “non negoziabili” fossero declinati quasi esclusivamente sul versante della bioetica e della morale.

In questo senso, andrebbe letta anche la nota In merito alle imminenti elezioni regionali, datata 14 marzo 2010 del card. Agostino Vallini, vicario del papa per la diocesi di Roma e vicino alla cordata che fa capo al Segretario di Stato vaticano, pubblicata da Avvenire il 14 marzo (v. Adista n. 25/10): un documento simile a quello dei vescovi liguri, centrato sì sulla difesa della “sacralità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”, ma anche sul “lavoro retribuito secondo giustizia, la cura della salute, l'apertura agli immigrati”. Principi posti tutti sullo stesso piano. E infatti il 16 marzo, Ruini, sul Foglio dell’amico Giuliano Ferrara ha voluto interpretare “a modo suo” l’intervento di Vallini ricordando che “è indispensabile richiamare l'attenzione sui temi veramente fondamentali che la nota richiama con chiarezza e precisione. Tra questi la difesa della vita, il sostegno alla famiglia fondato sul matrimonio tra uomo e donna e più in generale il rifiuto di un permissivismo che mina le basi della società”. Gli altri “diritti” scivolano più in basso.

 

Reazioni

Al mondo cattolico, prima ancora che agli osservatori “laici”, il buco e la “toppa” di Bagnasco non sono affatto piaciuti. A cominciare dalle Comunità Cristiane di Base, che in un comunicato del 23/3 (reperibile sul sito www.cdbitalia.it) “rivendicano libertà di voto” e affermano che “i rapporti di connubio fra il potere ecclesiastico e quello politico hanno sempre creato forti tensioni, ferite e sofferenze nella Chiesa cattolica romana e nella società”. “Interventi autoritari” di questo tipo, trasformano “in una lobby politica al pari di qualsiasi gruppo di pressione la Chiesa tutta, i suoi valori, il messaggio del Vangelo, lo sforzo di tanti cattolici di coniugare fede e politica nel rispetto sia della propria coscienza sia della laicità sia del pluralismo democratico”.

Bagnasco “parla di ‘principi non negoziabili’ in funzione elettorale, ma nulla dice sulle responsabilità politiche della situazione dei migranti e della crisi della democrazia in atto”, afferma invece il portavoce di Noi Siamo Chiesa Vittorio Bellavite. E se “l’efficacia elettorale di questi interventi sembra comunque minima”, resta “l’offesa al modo corretto di affrontare i rapporti con le istituzioni e i problemi della società alla luce dell’Evangelo”.

Per Gianni Geraci, portavoce del Gruppo di gay credenti “Il Guado” di Milano, “il confronto non è tra chi vuole cacciare Dio dalla convivenza civile e chi invece vuol difendere i valori che danno un senso alla nostra condizione di uomini, ma tra chi crede che questi valori vadano testimoniati e chi, invece, preferisce la scorciatoia che consiste nell’imporli dall’alto, con il rischio di causare, nelle persone, una reazione di radicale rigetto”.

“Si direbbe - chiosa il prete genovese don Paolo Farinella - che più dell’inesistenza di Dio, la Cei tema la vittoria della sinistra o di quella che ci si ostina a chiamare sinistra. L’attacco frontale all’aborto come materia discriminante delle elezioni regionali è indebita, immorale e indecente. L’aborto è previsto da una legge dello Stato: cosa c’entrano le regioni?”.

Ma anche nell’associazionismo cattolico più “integrato” (e sorvegliato), le parole di Bagnasco hanno aperto delle crepe. Così, se il presidente dell’Azione Cattolica Franco Miano ha diffuso un intervento totalmente schiacciato sulle posizioni della Cei (il passaggio sul primato dei valori della vita è addirittura posto in un rilievo ancora maggiore di quanto nella sua prolusione aveva fatto il presidente della Cei), l’Ac ambrosiana si smarca decisamente da questa linea (del resto, il suo ex presidente, Fabio Pizzul è il capolista del Pd a Milano e provincia). In un comunicato stampa la presidente Valentina Soncini neppure nomina le questioni etiche e parla di candidati cui non basterà la fede per essere buoni politici: serve piuttosto, scrive la Soncini, “intelligenza, competenza, rigore, capacità progettuale, senso dell’insieme, coerenza”. (valerio gigante)

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