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DAL ROSSO CARDINALIZIO AL VERDE LEGHISTA: IL CARROCCIO FA BRECCIA ANCHE IN VATICANO

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 01/05/2010

35558. ROMA-ADISTA. “C’è l’Europa dei banchieri che hanno inventato la farsa dell’Unione Europea, dei papi che hanno inventato la fiaba dell’Ecumenismo, dei facinorosi che hanno inventato la bugia del Pacifismo, degli ipocriti che hanno inventato la frode dell’Umanitarismo. C’è l’Europa dei capi di Stato senza onore e senza cervello, dei politici senza dignità e senza coraggio. L’Europa ammalata, insomma. L’Europa vendutasi come una sgualdrina ai sultani, ai califfi, ai visir, ai lanzichenecchi del nuovo Impero Ottomano. Insomma l’Eurabia”. Chi ha pronunciato questa frase? A una prima impressione si potrebbe attribuirla a qualche leghista della prima ora. E invece è di Oriana Fallaci, quella delle invettive feroci contro i “fottuti figli dell’Islam”, come lei amava chiamare i seguaci della religione di Maometto, soprattutto se immigrati in terra d’Occidente (citazione tratta dal secondo volume della trilogia La forza della ragione).

 

Alle origini del catto-leghismo

Tuttavia la prossimità con il lessico del peggior leghismo è notevole. Deve essersene accorto anche mons. Rino Fisichella, che della Fallaci è stato amico e corrispondente negli ultimi mesi della malattia, nonché pubblico difensore delle sue controverse tesi, nonostante il razzismo e la xenofobia di cui erano evidentemente intessute. “La sua era una provocazione continua perché la Chiesa fosse sempre presente nel dibattito culturale”, disse il rettore della Lateranense in un’intervista ad Avvenire (25/9/2006) poco dopo la sua scomparsa, “forte nella denuncia del venir meno dell'orizzonte spirituale della nostra civiltà, restando capace di mantenere fermo il richiamo ai valori etici fondamentali sui quali anche lei aveva sempre insistito, dalla libertà alla vita, fino alla denuncia vibrante contro gli abusi delle biotecnologie e le ‘stragi degli innocenti’”; “era uno di quegli intellettuali che non si fermano all'effimero e vanno alla radice dei problemi: è inevitabile che così facendo si tocchino tasti che non incontrano il consenso generale”.

Data questa profonda ammirazione per la scrittrice toscana (nella sua ultima versione “teocon”, è bene ricordarlo; perché ben più ricco e complesso è stato l’intero itinerario culturale dell’autrice di Un uomo) non sorprende dunque la soddisfazione manifestata dallo stesso rettore della Lateranense per il recente successo politico della Lega. Il partito guidato da Umberto Bossi, al di là del folklore paganeggiante che ne ha spesso caratterizzato liturgie e simbolismi, è certamente il più vicino, nel panorama politico italiano, alle tesi da “identitarismo armato” che la Fallaci ha a sua volta mutuato dall’estrema destra repubblicana americana. E come tale ha ricevuto il pauso di mons. Fisichella, che all’indomani delle lezioni è stato il più solerte membro della gerarchia a operarsi per lo sdoganamento delle camicie verdi: “Credo che dobbiamo prendere atto dell’affermarsi della Lega”, aveva dichiarato al Corriere della Sera, “della sua presenza ormai più che decennale in Parlamento, di un radicamento nel territorio che le permette di sentire più direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa. Sull’immigrazione, bisognerà essere capaci di saper coniugare le esigenze dei cittadini e quelle del mondo del lavoro: sapendo che non possiamo considerare gli immigrati come merce lavoro, che esiste un dignità della persona che va rispettata, e che la Chiesa d’altra parte non potrà mai non andare incontro a una richiesta di legalità. Il nostro criterio è dialogare e rispettare il voto dei cittadini” (v. Adista n. 30/10) .

Parole non sorprendenti, considerata la personalità di Fisichella (e gli attuali orientamenti di una gerarchia cattolica che, prima della Fallaci, aveva individuato in un altro “spaghetti-teocon” come Marcello Pera uno degli interlocutori principali del versante “laico” del mondo politico-culturale italiano). E nondimeno “scandalose” alle orecchie di quei cristiani che non possono non notare l’incompatibilità di fondo fra proposte come quella dei delatori nei Pronto Soccorso contro gli immigrati clandestini - è una delle ultime novità in casa Lega - e i “valori cristiani”.

 

Padani o pagani?

E proprio questo è il senso della lettera aperta che lo scrittore Claudio Magris ha inviato al rettore della Lateranense tramite le colonne del Corriere (11/4): “Caro monsignor Fisichella, mi permetto di scriverLe per esprimerLe lo sconcerto che ho provato leggendo una Sua recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui Lei dichiarava che il partito politico Lega Nord si fonda su valori cristiani”. “Tutto l'atteggiamento del medesimo partito nei confronti degli immigrati”, ha scritto Magris citando ampiamente un articolo di Flavio Felice e Paolo Asolan uscito sul giornale diocesano torinese Il nostro tempo, “costituisce la negazione dello spirito cristiano, in quanto la Lega non si limita a sottolineare il problema, in sé certo grave e non risolvibile con un generico buonismo, dell'immigrazione e delle sue dimensioni, che potrebbero diventare insostenibili. La Lega spesso fomenta un volgare rifiuto razziale, che è la perfetta antitesi dell'amore cristiano del prossimo e del principio paolino secondo il quale ‘non ha più importanza essere greci o ebrei, circoncisi o no, barbari o selvaggi, schiavi o liberi: ciò che importa è Cristo e la sua presenza in tutti noi’ (Colossesi, 3,11). Non occorre ricordare infelici e violente battute nei riguardi di chi ha una pelle di colore diverso, pronunciate da vari esponenti di quel partito e mai smentite né deplorate. Le chiedo formalmente se Lei considera tali atteggiamenti compatibili con i principi cristiani”.

Non si è scomposto mons. Fisichella nella sua indispettita risposta, ospitata sempre dal Corriere (16/4): “Mi preme dirle che non sono difensore d'ufficio della Lega Nord né uno storico e tantomeno un suo ideologo”. “Ciò che posso dire è quanto ho verificato in questi anni. Dal punto di vista legislativo e parlamentare ci sono alcuni fatti. Sulla legge 40 e sul referendum la Lega ha condiviso il nostro pensiero. Sul tema della famiglia come descritta negli articoli 29-31 della Costituzione, la Lega ha mostrato pienamente il suo interesse come sostenuto dalla Chiesa. Lo stesso si dica per la proposta di legge sulla Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento, ossia il testamento biologico, ndr). Sul tema della Ru486, la Lega come altri condivide la nostra visione”.

“Le posso assicurare”, ha continuato mons. Fisichella rivolto a Magris, “che queste posizioni non ho visto in altri parlamentari che in genere si premurano a definirsi cattolici; anzi, ciò che ho notato per alcuni di loro è stata l’impossibilità persino di poter esprimere le loro posizioni senza essere per questo tacciati di confessionalismo, sudditanza alla gerarchia cattolica e di sostenere visioni retrograde. Si è addirittura affermato che su temi etici la coscienza del singolo parlamentare è soggetta alla disciplina di partito. Gentile Professore, a me è questo che provoca ‘sconcerto’, e le assicuro che sono in buona e numerosa compagnia”.

 

Tremonti e il papa

E che Fisichella sia in buona compagnia fra le gerarchie cattoliche c’è da crederlo. Nell’operazione di “sdoganamento” della Lega non è affatto isolato o controcorrente, come testimonia l’incontro fra papa Benedetto XVI e Giulio Tremonti (vero punto di riferimento leghista nell’attuale governo) svoltosi circa un mese fa in forma privata e riservata al Palazzo Apostolico. Il ministro autore di La paura e la speranza – fortunato pamphlet che suggerisce una fuoriuscita dal pensiero unico neoliberista della destra italiana all’insegna della triade “Dio, Patria, Famiglia”, una sorta di traduzione colta e spiritualeggiante del “comunitarismo dei distretti industriali e delle sagre” che già contraddistingue le zone ad alta intensità leghista – è stato ricevuto dal papa grazie all’intercessione di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior e consigliere economico di entrambi. “La cosa non è priva di significato”, ha scritto il Foglio lo scorso 20 aprile, “perché testimonia un’attenzione particolare verso Tremonti da parte dell’‘ala bertoniana’ della Santa Sede. Un’attenzione che si dice stia portando Tremonti ad accreditarsi sempre più come un’alternativa a Gianni Letta nel ruolo di ‘ambasciatore’ del governo in Vaticano”. È stato del resto lo stesso Tremonti a portare Umberto Bossi in udienza dal suo amico, il card. Angelo Scola, a Venezia una settimana dopo le elezioni regionali. (emilio carnevali)

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