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Il terzo uomo

- 30 maggio, presidenziali in Colombia: il Partito Verde di Mockus porrà fine all'era Uribe?

Tratto da: Adista Contesti n° 43 del 22/05/2010

Tratto dall’“Agencia Periodística del Mercosur” (Argentina, 23/04/ 2010). Titolo originale: “Tiembla el Uribismo”

La settimana scorsa, il presidente della Repubblica, Álvaro Uribe Vélez,  ha insinuato che l’elettorato

non dovrebbe votare per Mockus, (candidato del Partito verde, ndt)perché a suo dire sarebbe debole di fronte alla guerriglia, malgrado sia stato decorato dal presidente per meriti in materia di sicurezza.

Durante una riunione con alcuni industriali, Uribe lo ha paragonato ad un cavallo disabile, alludendo all’inizio di Parkinson di cui Mockus soffre. La Moe, Missione di Osservazione Elettorale, e diversi settori del Paese hanno condannato queste dichiarazioni.

In Colombia è proibito ai funzionari partecipare alla campagna elettorale, specialmente al presidente; ma questo principio rimane lettera morta. Il Procuratore Generale ha dichiarato: “Non posso disciplinare il presidente”.

Come spiegare la partecipazione di Uribe alla contesa politica? Con la cosiddetta “onda verde” di Mockus, che nei sondaggi ha scalzato la candidata conservatrice Noemi Sanin e minaccia di scippare la presidenza all’‘uribismo’. Álvaro Uribe governa come se fosse al di sopra della legge. Per questo, la proposta di legalità democratica che avanza Antanas Mockus impone la necessità di sottomettere le azioni del governo e dei cittadini alla legge: difesa della Costituzione, equilibrio fra i poteri, presenza di giudici e procuratori in tutto il territorio. La Marea Verde fa tremare uribisti e antiuribisti. È animata soprattutto da giovani e da ex astensionisti. In un Paese polarizzato, Mockus, sostiene che la via da percorrere sia il centro, gli accordi, il rispetto della legge e l’investimento in campo educativo. Matematico, è stato rettore dell’Università Nazionale della Colombia e sindaco di Bogotà in due occasioni, cambiando volto e anima alla città.

Mockus è accompagnato da un altro matematico, candidato alla vicepresidenza (Sergio Fajardo, ndt). E stanno con lui gli ex sindaci di Bogotà, Lucho Garzón e Enrique Peñalosa. Tutti, nelle loro gestioni, hanno applicato lo stesso principio: costruire sul costruito.

Alla destra colombiana una cosa è chiara: non c’è uribismo senza Uribe. Juan Manuel Santos Calderón, ex ministro della Difesa, erede politico del-l’attuale presidente, non è stato capace di mantenere il primo posto nei sondaggi. Sono stati pregiudizievoli per lui gli ultimi insuccessi governativi, come la “dichiarazione di emergenza” nel campo della salute (un pacchetto di misure restrittive per evitare il collasso finanziario del sistema sanitario, bocciate però della Corte Costituzionale del Paese, ndt), l’aumento della disoccupazione e la controriforma agraria.

Se Santos si colloca comunque ai primi posti è per il cosiddetto voto d’apparato, i voti dei grandi elettori o signorotti regionali: politici tradizionali alleati con ogni genere di persone.

Gli ultimi fatti di cui l’opinione pubblica è venuta a conoscenza impediscono che la candidatura del Partito della U (ovvero della Unidad social) si consolidi: Salvatore Mancuso - ex comandante delle Auc, Autodefensa Unidas de Colombia (tutto un esercito al servizio del narcotraffico) che ha intrapreso negoziati di pace con Álvaro Uribe - ha confessato davanti alla giustizia nordamericana che Santos si è incontrato e ha stretto vincoli con i capi paramilitari.

A queste dichiarazioni si aggiungono le accuse rivolte alla candidata Neomi Sanin - del Partito Conservatore, tradizionale alleato del governo - la quale avrebbe elargito regalie ad alti funzionari e politici ufficiali perché abbandonassero la loro candidatura e si unissero all’uribismo. Nella città di Bucaramanga, la stampa e la cittadinanza hanno denunciato che la partecipazione ad una recente manifestazione è stata ottenuta chiamando i fruitori di “Famiglia in Azione”, il programma sociale del governo. Sulla testa dell’ex ministro della Difesa pende un ordine di cattura della giustizia ecuadoriana, e nelle ultime settimane si è riaperto il processo contro di lui: Santos ha ordinato il bombardamento dell’accampamento delle Farc in territorio ecuadoriano (nel quale fu ucciso il capo guerrigliero  Raúl Reyes, nel 2008, ndt) .

La famiglia Santos è ai vertici dell’apparato di potere economico colombiano. È proprietaria del quotidiano più potente del Paese, El Tiempo, oltre che di un complesso di media. Juan Manuel Santos non è mai stato eletto ad una carica pubblica, ma designato per il peso politico del suo nome: ministro del Commercio da un presidente liberale tradizionale, delle Finanze da un presidente conservatore tradizionale, e della Difesa da Uribe.

Antanas Mockus non è un rivoluzionario, piuttosto un riformista. La sua campagna si caratterizza per l’uso delle reti sociali, la cosiddetta Web 2.0, che ha reso possibile il naufrsgio nella Marea Verde dei candidati tradizionali: Noemi del conservatorismo, Rafel Pardo del Partito Liberale, Vargas Lleras dell’estrema destra e Gustavo Petro del Polo Democratico Alternativo, l’unico partito di sinistra (ri-sultato dell’unificazione fra Polo Democratico Indipendente e Movimento Alternativa Democrática, ndt).

Il 30 maggio, giorno delle elezioni presidenziali, si saprà se l’opzione di centro (né uribismo né antiuribismo) si imporrà sull’uribismo. Sarebbe la prima volta che qualcuno non appartenente ai partiti tradizionali giunge alla presidenza della Repubblica. C’è sempre una prima volta. Sarà questa?

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