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SACRIFICI DI SANGUE SULL’ALTARE DELLA BORSA. IL “PECCATO ORIGINALE” DEL CULTO AL DIO MERCATO

Tratto da: Adista Documenti n° 47 del 05/06/2010

DOC-2269. ROMA-ADISTA. Di fronte all’ennesima crisi - quella della Grecia - la risposta di sempre: per risolvere i problemi del capitalismo, ci viene detto, servono maggiori dosi di capitalismo. Se già la logica fa acqua, i dati forniti dai documenti ufficiali delle Nazioni Unite, come evidenzia il sociologo argentino Atilio Boron, dovrebbero scoraggiare definitivamente dal ricorso alle ricette ben note. Ma le “legioni di apologeti” del modello, agguerritissime, sfidano ogni logica e ogni dato, a volte in buona fede, più spesso per interesse. Un interesse che non conosce limiti: se tra il 1988 e il 2002, il 10% più ricco della popolazione mondiale ha incrementato i propri profitti del 6,4%, basterebbe questa ricchezza aggiuntiva, lasciando cioè inalterate le esorbitanti fortune di base, a duplicare il reddito del 70% della popolazione mondiale. “Dopo cinque secoli di esistenza - commenta Boron - è questo che il capitalismo ha da offrire. Che aspettiamo per cambiare il sistema?”. Non si tratta, tuttavia, di un semplice cambiamento di modello economico. Il capitalismo, come spiega bene Eric Toussaint, presidente del Cadtm Belgio (Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo), è diventato una religione - “la religione del Mercato” - con i suoi templi, i suoi riti e i suoi sacerdoti. Una religione che vede i governi, nello sforzo di assicurarsi la benevolenza degli dei, privatizzare e sacrificare i sistemi di sicurezza sociale sull'altare della Borsa. E al capitalismo come “peccato originale” fa riferimento il teologo dello Sri Lanka Tissa Balasuriya, il quale, richiamandosi ad una reinterpretazione del dogma del peccato originale “come peccato strutturale di dominazione e oppressione”, vi riconduce tanto il capitalismo colonialista nato dalla “conquista di popoli più deboli da parte delle potenze più avanzate (europee) a partire dal 1492” quanto il riscaldamento globale provocato dallo stile dei vita dei Paesi più industrializzati.

Di seguito, ampi stralci dell’intervento di Balasuriya, in una nostra traduzione dall’inglese, e gli articoli di Atilio Boron (Rebelión, 13/5) e di Eric Toussaint (Argenpress 11/5), in una nostra traduzione dallo spagnolo. (c. f.)

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