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LICENZIATA LA DIRETTRICE DEL DIOCESANO DI TRIESTE PER ECCESSO DI AUTONOMIA

Tratto da: Adista Notizie n° 50 del 19/06/2010

35648. TRIESTE-ADISTA. È giunta a un punto di svolta la vicenda del settimanale diocesano di Trieste Vita nuova, protagonista nei mesi scorsi di un braccio di ferro con il vescovo mons. Giampaolo Crepaldi. Quest’ultimo ha infatti rimosso la direttrice Fabiana Martini, in sella dal 2000, sostituendola con il veronese Stefano Fontana.

Il caso era scoppiato in aprile, quando mons. Crepaldi aveva deciso di sopprimere la rubrica delle lettere in seguito alla pubblicazione, nel dicembre scorso, di una “Lettera di Natale”, firmata da nove preti, dai toni piuttosto critici nei confronti dell’attuale situazione politico-ecclesiale: rubrica che era stata poi ripristinata per decisione della direttrice, a distanza di qualche settimana. “Prima di verificare l’ortodossia di uno strumento come il settimanale diocesano - scriveva la Martini nell’editoriale che accompagnava il ritorno della rubrica - credo che come comunità cristiana siamo chiamati ad interrogarci sulla qualità delle nostre relazioni e del nostro umanesimo”. “Proprio per essere fedele a Cristo, che si è incarnato - continuava la Martini -, la Chiesa è chiamata a farsi carico dei problemi dell’uomo, di tutti gli uomini e le donne. L’identità, da riaffermare più sulla base di serie motivazioni e di responsabili prese di coscienza che in forza di battaglie apologetiche e di arroccamenti difensivi, è quella di un cristianesimo che ha come fondamento e ispirazione la Parola di Dio contenuta nelle Scritture e che vuole essere giudicato sulla sua capacità di essere o meno ‘evangelo’, buona notizia per tutta l’umanità, nessuno escluso” (v. Adista nn. 35 e 44/10).

 

Collaboratori “a termine”

Con la direttrice, che ha firmato il suo ultimo editoriale il 4 giugno scorso, lasciano il settimanale anche 20 dei 30 collaboratori della testata: una decisione motivata, come spiegano in una lettera di commiato pubblicata su Vita nuova, dall’impossibilità di ritrovarsi in “linee giornalistiche ed editoriali che non prevedano la giusta autonomia di chi ha la responsabilità del giornale stesso”. Oltre che alla direttrice, che si è “spesa con coraggio, onestà, generosità, competenza professionale e amore alla Chiesa”, i collaboratori uscenti hanno espresso un particolare ringraziamento “ai pastori della Chiesa triestina” predecessori di Crepaldi, “mons. Bellomi prima e mons. Ravignani più di recente, che, manifestando piena e concreta fiducia ai direttori, hanno fortemente creduto a Vita Nuova come ad uno strumento capace di essere specchio fedele del mondo e al tempo stesso faro che lo illumina, ma anche strumento di convivenza democratica e di incontro tra le diversità”. “Il confronto chiaro e aperto tra noi tutti - hanno proseguito -, il dialogo con tutta la Chiesa presente in Trieste, la convinta adesione ai valori eterni del Vangelo, la corrente di simpatia e di partecipazione alimentata verso la città e da essa ricambiata, hanno dato al giornale, come un lettore ci ha scritto, la veste di una Chiesa sorridente e amica, che sa camminare senza paura nella storia degli uomini”.

Parole simili a quelle della direttrice uscente. “Non esistono due storie, una sacra e l’altra profana”, ha scritto Fabiana Martini nel suo ultimo editoriale: “La storia è una sola e la Chiesa vive e cammina nella storia del mondo, facendo proprie ‘le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi’ e sentendosi ‘realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia’. Senza paura di confrontarsi, senza la convinzione di essere sotto attacco, pronta a dialogare, ad aprire le porte per andare incontro a chi sta fuori, per guardare in faccia la realtà”. “È questa convinzione, questa fiducia nell’incontro e nel confronto, che è stata alla base delle scelte di questo giornale negli ultimi nove anni e che ci ha portato ad aprire tante finestre, ad uscire dalle sacrestie per percorrere strade che ci consentissero di incontrare la gente, di instaurare un dialogo con il mondo, di cui la rubrica ‘Caro Direttore’ è sempre stata uno strumento efficace, di dare voce a chi non ce l’ha o fa fatica a farla sentire”. “Grazie ai lettori per il loro contributo nel fare un giornale condiviso”, ha concluso. “Più di chiunque altro loro sanno che è stato il Vangelo il nostro unico padrone. Quella Buona Notizia che ci spinge a cambiare e a migliorare il ‘gusto’ della storia, a umanizzare il mondo in cui viviamo, impegnandoci anche attraverso una corretta informazione perché siano sciolte le catene inique, sia diviso il pane con l’affamato, si smetta di puntare il dito”.

 

Vita nuova?

Si apre così un nuovo capitolo per la testata diocesana. Il neo direttore - docente in un istituto salesiano di Venezia, studioso di dottrina sociale della Chiesa, collaboratore del Sir e direttore del Bollettino di dottrina sociale della Chiesa - è una vecchia conoscenza di mons. Crepaldi: può infatti vantare una lunga collaborazione con il vescovo all’epoca in cui questi era segretario del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, di cui Fontana è tuttora consultore; ed è inoltre il direttore dell’“Osservatorio internazionale Card. Van Thuàn” sulla dottrina sociale della Chiesa, fondato da Crepaldi stesso, che ne è anche il presidente. “Non ho partecipato alla vicenda - è stato il suo commento, secondo quanto riporta il quotidiano di Trieste Il Piccolo (2/6) -, certo alcune voci mi sono arrivate, ma secondo una ricostruzione dei fatti un po’ diversa da questa. Posso solo dire che mi metterò a disposizione del vescovo, mi inserirò nella sua linea”. E nel suo primo editoriale (10/6) ha scritto: “Chi ha vissuto gli anni Settanta, e io li vissi, come direbbe Totò, ricorderà lo slogan della contestazione cattolica ‘Cristo sì, Chiesa no’. Allora alcuni pensavano che la Chiesa fosse un sistema di potere che si era sovrapposto al messaggio cristiano e dal quale, quindi, bisognava liberarlo”. “Ma la realtà non stava e non sta in questo modo, sicché quando si vuole liberare Cristo dalla Chiesa, si finisce per asservirlo ideologicamente ad altri padroni, fosse anche la nostra coscienza individuale”. E in un messaggio di presentazione ai lettori apparso nella stessa data ha precisato: “Al settimanale cercherò di dare una impostazione molto dialogata e partecipata, ma con una linea. Lo devo ai lettori, i quali acquistano un ‘settimanale diocesano’, non un foglio indipendente. Il lettore ha diritto di conoscere l’opinione di Tizio e di Caio, perché questo aiuta ad approfondire e a ragionare, ma ha anche diritto di conoscere quello che dice il giornale. E quello che dirà il giornale non sarà alcuna forma di magistero parallelo. I cattolici non sono acefali, senza capo. Anzi, essi ritengono di essere cattolici non in virtù di se stessi, ma del fatto di essere stati con‑vocati da Cristo nella sua Chiesa. Senza il papa non c’è Chiesa. Senza il vescovo non c’è diocesi. Vita Nuova è a servizio di questa unità”. (ingrid colanicchia)

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