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UCCIDI UN TURCO E RIPOSA

Tratto da: Adista Documenti n° 51 del 19/06/2010

In alto mare, al di fuori delle acque territoriali, l’imbar-cazione venne fermata dalla marina. I comandi decisero l’as-salto. Centinaia di persone in coperta opposero resistenza ai soldati. Alcuni passeggeri vennero uccisi e decine di essi feriti. L’imbarcazione fu condotta in porto e i passeggeri sbarcati con la forza. Il mondo li vide camminare sulla banchina, uomini e donne, giovani e vecchi, tutti provati, uno dopo l’altro, tutti scortati da due soldati.

L’imbarcazione si chiamava “Esodo 1947”. Era salpata dalla Francia con la speranza di rompere il blocco britannico teso a impedire che navi cariche di sopravvissuti dell’Olocau-sto giungessero sulle coste della Palestina. Se fosse stato loro permesso di raggiungerle, gli immigrati illegali avrebbero toccato terra e i britannici li avrebbero mandati nei campi di detenzione a Cipro, come già era accaduto. Nessuno avrebbe badato all’episodio per più di due giorni.

La persona al comando era Ernest Bevin, un leader del Partito Laburista, un ministro britannico arrogante, rude e amante del potere. Non poteva accettare che un pugno di ebrei lo sfidasse. Decise di dare loro una lezione davanti agli occhi del mondo intero. “Questa è una provocazione!”, esclamò, e naturalmente aveva ragione. L’obiettivo principale, in effetti, era lanciare una provocazione per attrarre l’at-tenzione del mondo sul blocco britannico.

Quello che seguì è ben noto: l’episodio ebbe ricadute inarrestabili, una cosa stupida ne portò con sé un’altra, il mondo intero simpatizzò con i passeggeri. Ma i britannici non cedettero e pagarono il prezzo. Un prezzo molto alto.

Molti pensano che l’incidente dell’“Esodo” sia stato il punto di svolta nella lotta per la creazione dello Stato di Israele. La Gran Bretagna cedette sotto il peso della condanna internazionale e decise di rassegnare il mandato sulla Palestina. Ci furono, naturalmente, molte altre ragioni di peso per tale decisione, ma l’“Esodo” risultò la goccia che fece traboccare il vaso.

 

Come i britannici

Non sono l’unico che ora ha ricordato l’episodio. In realtà è stato quasi impossibile dimenticarsene, specialmente per noi che vivevamo in Palestina in quel tempo e fummo testimoni dell’accaduto.

Ovviamente esistono importanti differenze. Allora i passeggeri erano dei sopravvissuti dell’Olocausto, questa volta attivisti di pace di tutto il mondo. Ma allora come ora il mondo ha visto soldati armati attaccare brutalmente passeggeri disarmati che resistevano con tutto quello che avevano a portata di mano o a mani nude. Allora come ora è avvenuto in alto mare, a 40 chilometri allora, a 65 adesso.

A posteriori, la condotta britannica appare incredibilmente stupida. Ma Bevin non era uno stupido e neppure gli ufficiali britannici che dirigevano l’azione. Dopotutto avevano appena vinto una guerra mondiale. Se si comportarono con tanta stoltezza dall’inizio alla fine fu per la loro arroganza, la loro insensibilità e il loro infinito disprezzo nei confronti dell’opinione pubblica mondiale.

Ehud Barak è il Bevin israeliano. Non è uno scemo e non lo sono neanche i suoi uomini. Eppure sono responsabili di una catena di atti stupidi le cui disastrose implicazioni sono difficili da quantificare. L’ex ministro e attuale opinionista Yossi Sarid ha definito il “comitato ministeriale dei sette” che decide su questioni di sicurezza come i “sette idioti”. Mi vedo obbligato a protestare. È un insulto agli idioti.

I preparativi della flottiglia sono durati più di un anno. Centinaia di messaggi di posta elettronica sono andati e venuti in continuazione. Io stesso ne ho ricevuti varie dozzine. Non c’era nulla di segreto. Tutto si è fatto apertamente.

C’è stato tutto il tempo perché le nostre istituzioni politiche e militari si preparassero all’arrivo delle navi. Per consultare i politici, addestrare i soldati e informare i diplomatici. Perché il personale di intelligence facesse il suo lavoro. 

Non c’è stato nulla da fare. Tutte le decisioni sono state erronee dal primo momento ad oggi. E ancora non è finita.

L’idea di una flottiglia come mezzo per rompere il blocco rasenta la genialità. Pone il governo di Israele di fronte a un dilemma; lo costringe a scegliere tra varie alternative, tutte cattive. Qualunque generale sogna di mettere il nemico di fronte ad una situazione simile.

Le alternative erano:

Permettere alla flottiglia di arrivare a Gaza senza ostacoli. Il capo di gabinetto ha appoggiato questa opzione. Ciò avrebbe condotto alla fine del blocco, perché dietro a questa flottiglia ne sarebbero arrivate altre e più grandi.

Fermare le navi in acque territoriali, ispezionarne il carico, assicurarsi che non trasportassero armi o “terroristi” e poi lasciarle continuare il loro viaggio. Ciò avrebbe suscitato alcune vaghe proteste nel mondo ma avrebbe mantenuto il principio del blocco.

Fermarle in alto mare e condurle ad Ashdod, rischiando una battaglia corpo a corpo con gli attivisti a bordo.

Come hanno sempre fatto i nostri governi quando si trovano a scegliere tra varie alternative cattive, il governo di Netanyahu ha scelto la peggiore.

Chiunque avesse seguito i preparativi sulla base delle informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione avrebbe previsto che questa scelta avrebbe provocato morti e feriti. Nessuno attacca una nave turca aspettandosi che delle belle bambine gli regalino i fiori. I turchi non hanno la fama di persone che si arrendono facilmente.

Gli ordini trasmessi alle truppe e resi pubblici includevano le tre parole fatidiche “a qualunque prezzo”. Qualunque soldato sa cosa significano queste tre terribili parole. Inoltre, nella lista degli obiettivi, la considerazione per i passeggeri appariva solo al terzo posto, dopo la salvaguardia della sicurezza dei soldati e lo svolgimento della missione.

Se Benjamín Netanyahu, Ehud Barak, il capo di Stato Maggiore e il comandante della marina non hanno compreso che l’assalto avrebbe provocato morti e feriti, allora dobbiamo giungere alla conclusione - e devono farlo anche quelli che si sono rifiutati di riconoscerlo fino ad oggi - che si tratta di emeriti incompetenti. Bisogna usare con loro le parole immortali pronunciate da Oliver Cromwell al Parlamento: “Siete stati seduti qui per troppo tempo per quel poco di bene che avete fatto. Andatevene, in nome di Dio andatevene!”.

Questo fatto richiama nuovamente uno degli aspetti più seri della situazione. Viviamo in una bolla, in una specie di ghetto mentale che ci isola e ci impedisce di vedere un’altra realtà, quella che percepisce il resto del mondo. Uno psichiatra potrebbe ritenerlo il sintomo di un grave problema mentale.

La propaganda del governo e dell’esercito racconta una storia semplice: i nostri eroici soldati, decisi e sensibili, il meglio del meglio, sono scesi sulla nave per “parlare” e sono stati attaccati da una moltitudine violenta e selvaggia. Il portavoce ufficiale ha ripetuto più volte la parola “linciaggio”.

Il primo giorno quasi tutti i mezzi di comunicazione israeliani lo hanno accettato. Dopotutto è chiaro che noi, gli ebrei, siamo le vittime. Sempre. E ciò si applica anche ai soldati ebrei. In realtà abbiamo attaccato una nave straniera in mare, ma diventiamo vittime che non hanno avuto altra scelta che difendersi contro violenti antisemiti.

È impossibile non ricordare la classica barzelletta ebraica sulla madre ebrea che in Russia saluta il figlio che era stato chiamato a servire lo zar nella guerra contro la Turchia. “Non ti sforzare troppo”, lo implora, “uccidi un turco e riposa. Uccidi un altro turco e riposa nuovamente...”. “Mamma”, la interrompe il figlio, “ma se è il turco ad uccidere me?”. “Te?”, esclama la madre, “e perché? Cosa gli avresti fatto?”.

Per qualsiasi persona normale, questa dovrebbe sembrare una follia. Soldati fortemente armati di un corpo di élite attaccano una nave in alto mare, in piena notte, dal mare e dal cielo, e sono le vittime?

Ma qualcosa di vero c’è: sono vittime dell’arroganza e dell’incompetenza dei loro comandi, di politici irresponsabili e dei mezzi di comunicazione che li sostengono. E, in realtà, dell’opinione pubblica israeliana, dal momento che la maggioranza della gente ha votato per questo governo o per l’opposizione, che non è diversa.

Il fatto dell’“Esodo” si è ripetuto, ma con un cambio di ruolo. Ora siamo noi i britannici.

In qualche posto, un nuovo León Uris (scrittore statunitense ebreo che ha raggiunto il successo grazie alla trasposizione cinematografica del suo romanzo, Exodus, 1958, per la regia di Otto Preminger, che ha per soggetto l'esodo dei superstiti dai campi di sterminio nazisti verso la terra promessa ostacolato dall'esercito britannico, ndt) sta progettando di scrivere il suo prossimo libro, Esodo 2010. Un nuovo Otto Preminger sta programmando un film che sarà un grande successo. Un nuovo Paul Newman lo interpreterà, dopotutto non mancano attori turchi di talento.

Più di 200 anni fa, Thomas Jefferson dichiarò che ogni nazione deve operare “in maniera rispettosa nei confronti delle opinioni dell’umanità”. I leader israeliani non hanno mai accettato la saggezza di questa massima. Hanno aderito alla sentenza di David Ben Gurión: “Non è importante cosa dicono i gentili, ma quello che fanno gli ebrei”. Forse supponeva che gli ebrei non avrebbero attaccato in maniera tanto stupida.

Trasformarci in nemici dei turchi è più che un’idiozia. Per decenni la Turchia è stata il nostro migliore alleato nella regione, molto più stretto di quanto si sappia in generale. La Turchia potrebbe giocare in futuro un importante ruolo come mediatore tra Israele e il mondo arabo-musulmano, tra Israele e la Siria e, sì, tra Israele e l’Iran. Forse oggi abbiamo ottenuto di schierare il popolo turco contro di noi e alcuni dicono che questa è l’unica materia in cui ora i turchi sono uniti.

Questo è il secondo capitolo dell’operazione “Piombo Fuso”. Allora abbiamo sollevato contro di noi la maggior parte dei Paesi del mondo, abbiamo turbato i nostri pochi amici e rallegrato i nostri nemici. Ora lo abbiamo rifatto, e forse con maggiore successo. L’opinione pubblica mondiale si sta volgendo contro di noi.

È un processo lento. Assomiglia all’accumulazione del-l’acqua in una diga. L’acqua sale lentamente, tranquillamente, e il cambiamento è appena percepibile. Ma quando raggiunge un livello critico la diga esplode e avviene il disastro. Ci avviciniamo in maniera inarrestabile a questo punto.

“Uccidi un turco e riposa,” dice la madre della barzelletta. Il nostro governo non riposa mai. Sembra che non si fermerà finché non avrà trasformato in nemico l’ultimo dei nostri amici.

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