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VICINO AI MIGRANTI, LONTANO DAL CONCILIO. LE INASPETTATE DIMISSIONI DI MONS. MARCHETTO

Tratto da: Adista Notizie n° 68 del 18/09/2010

35753. ROMA-ADISTA. Lo scorso 28 agosto, con eccezionale tempismo, sono state accolte le dimissioni di mons. Agostino Marchetto - già nunzio in Zambia, Malawi, Cuba, Algeria, Marocco, Tunisia, Libia, Mozambico - da segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. Il 28 agosto è stato infatti il giorno in cui il prelato ha compiuto 70 anni, età a partire dalla quale i nunzi hanno la facoltà di andare in pensione (con 5 anni di anticipo, dunque, rispetto all'età canonica prevista per i vescovi). Nonostante la prassi voglia che il dimissionario rimanga al suo posto fino alla nomina del successore, per mons. Marchetto non c'è stato neppure il tempo di portare a compimento la sua ultima missione, il Forum internazionale su “Migrazione e pace” in programma a Bogotà.

 

Progressista da due anni...

Dopo aver annullato il viaggio in Colombia, il Segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti ha voluto tacitare sul nascere le polemiche relative alla fin troppo sospetta rapidità della Santa Sede nell'accettazione delle sue dimissioni: “Non è vero che la mia richiesta di dimissioni sia stata immediatamente accolta perché la mia richiesta al papa risale a più di un anno fa”, ha dichiarato. Certo è che le sue posizioni coraggiose (e profondamente evangeliche) in materia di immigrazione - l'ultimo fronte polemico è stato aperto solo poche settimane fa, quando mons. Marchetto ha usato parole molto pesanti nei confronti delle espulsioni indiscriminate dei rom attuate dal governo francese - non godevano di grande consenso nei palazzi della Santa Sede.

Per ben due volte, infatti, negli ultimi due anni, il direttore della Sala Stampa vaticana, p. Federico Lombardi, ha diramato una irrituale presa di distanza delle dichiarazioni di mons. Marchetto, in cui si precisava che le dure critiche al governo italiano espresse dal segretario del Pontificio Consiglio non erano attribuibili al “Vaticano” (v. Adista nn. 25/09 e 76/09): la prima volta nel febbraio del 2009, quando mons. Marchetto aveva definito una “abdicazione dello Stato di diritto” la legalizzazione delle “ronde” appena varata con il cosiddetto Decreto Antistupri; la seconda pochi mesi dopo, quando, all'indomani dell'approvazione del Ddl Sicurezza, il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti aveva dichiarato: “Non posso non essere triste e dispiaciuto. Sono preoccupato per la prospettiva che ci si apre dinnanzi e che a mio avviso porterà molti dolori e difficoltà per persone che, già per il fatto di essere irregolari, si trovano in una situazione di precarietà. La criminalizzazione dei migranti è per me il peccato originale dietro al quale va tutto il resto”. Prontissima era giunta la presa di distanza di p. Lombardi: “Non consta che ci siano state critiche che si debbano qualificare come critica dal Vaticano”.

Pur evitando ogni tipo di polemica, mons. Marchetto non ha mancato di fare riferimenti alle difficoltà incontrate nel corso del suo incarico: “Sì, è vero”, ha dichiarato (L’Unità, 2/9) rispondendo ad una domanda sulla distanza talvolta palpabile fra le sue posizioni e quelle del Vaticano, “a volte ho avuto l’impressione di essere un po’ solo. Ma questo fa parte della vita di ciascuno di noi. Quando si affrontano dei compiti e ci si misura con la propria coscienza, quando ci si deve assumere delle responsabilità e bisogna prendere decisioni anche con dichiarazioni personali, può accadere di trovarsi un po’ soli. Molte volte non ho sentito dietro di me molti altri che mi seguivano”.

 

... conservatore da una vita

Eppure non si può certo dire che mons. Marchetto incarni un qualche modello di “vescovo progressista”, di quelli tanto invisi agli attuali vertici della gerarchia cattolica. Anzi, prima delle recenti polemiche sull’immigrazione, mons. Marchetto si era segnalato per il duello senza esclusione di colpi con Giuseppe Alberigo e la sua Storia del Concilio Vaticano II (pubblicata da Il Mulino a partire dal 1995). Era stato proprio mons. Marchetto, il 13 novembre del 1997, a redigere il paginone dell’Osservatore Romano in cui si stroncava il secondo volume dell'opera appena data alle stampe. Nella recensione del quarto volume, pubblicata dal quotidiano della Santa Sede il 1 febbraio del 2000, mons. Marchetto scriveva: “Continua ad aleggiare nella presente Storia un elemento che definimmo ‘ideologico’, fin da principio, e che traspare anche da varie animosità ingiustificate e non scientifiche contro personaggi della minoranza conciliare”.

Nel 2005 lo stesso Marchetto aveva pubblicato con la Libreria Editrice Vaticana un volume dal titolo Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia. Il libro era stato presentato a Roma con il card. Camillo Ruini, Francesco Cossiga, Andrea Riccardi e mons. Walter Brandmüller (l'allora presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche). Un incontro nel corso del quale, aveva annotato Avvenire il 19 giugno, i relatori sono stati “tutti concordi nel riconoscere che manca una storia dell'ultimo Concilio”, essendo quella diretta da Alberigo, per riprendere le parole del card. Ruini, “di parte” (v. Adista n. 45/07). “Ho sempre avuto un amore speciale per la storia e nel 1990 mi è stato chiesto di studiare il Concilio Vaticano II. È un tema che mi piace e che piace alla Chiesa. Quando si prende una decisione ci sono vari motivi da considerare, la conseguenza prima è che mi occuperò di questi studi sul Vaticano II”, ha dichiarato mons. Marchetto subito dopo le sue dimissioni. Probabile quindi che torni a difendere quella linea interpretativa del Concilio che nega ogni “discontinuità” con il passato. Una linea che Ratzinger sta da anni cercando di imporre all’interno della Chiesa e tra gli studiosi ed i teologi.
Insomma, l’ormai ex segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti non è certo un sovversivo teologo della liberazione o qualcosa di simile. È al contrario un conservatore: non a caso Giuliano Ferrara, all’indomani delle sue dimissioni, ha scritto sul Foglio (2/9): “Mons. Marchetto saprà far valere le sue doti di polemista, di caustico e severo correttore di tesi bolognesi – anche eminenti – sul Concilio Vaticano II, di uomo di Chiesa in senso pastorale, fuori dall'impegno nel Pontificio Consiglio per i Migranti. Abbiamo ancora di recente criticato una sua posizione”, ha aggiunto l'‘elefantino’ con riferimento alla questione dei rom in Francia, “ma lo stimiamo da anni”. Evidentemente mons. Marchetto non è altrettanto stimato in curia, dove ormai pure i conservatori non sono graditi se osano alzare la voce contro il governo Berlusconi. (e. c.)

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