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300 PRETI IRLANDESI FANNO RETE. PER COSTRUIRE PARTECIPAZIONE, DIALOGO E TRASPARENZA

Tratto da: Adista Notizie n° 75 del 09/10/2010

35798. PORT LAOISE-ADISTA. Ne erano attesi una sessantina: sono stati, invece, più di 300 i preti irlandesi che hanno partecipato, il 15 settembre scorso, al primo incontro della neonata Association of Catholic Priests, obbligando gli organizzatori a spostarsi repentinamente dalla piccola sala parrocchiale di Port Laoise, in cerca di una sede più ampia. Un’associazione che, ha spiegato uno dei fondatori, p. Brendan Hoban, non intende rappresentare tutti i preti irlandesi, ma solo coloro che aderiscono al suo programma. Che, a quanto pare, sono molto più numerosi di quanto previsto.

Il nuovo organismo, si legge nella homepage del sito internet, intende avere “un forum ed una voce per riflettere, discutere e commentare i temi che coinvolgono la Chiesa e la società irlandese oggi”. Tra gli obiettivi, quello di contestare la nuova traduzione del messale in inglese che entrerà in vigore quest’anno: per questo, ha spiegato p. Hoban al Catholic News Service, “si spera di parlare ai membri della visita apostolica vaticana in Irlanda”. Una traduzione, afferma Hoban, “eccessivamente complessa e troppo latineggiante” in vista della quale c’è stata ben poca consultazione e che nessuno sembra volere: “È un esempio del fatto che la Chiesa cerca di aggiustare cose che non ne hanno bisogno e non aggiusta cose che andrebbero aggiustate”.

Tra gli altri obiettivi, quello di lavorare per “una piena applicazione della visione e del magistero del Concilio Vaticano II, con particolare attenzione al primato della coscienza individuale, allo status e all’attiva partecipazione di tutti i battezzati e al compito di creare una Chiesa dove tutti i credenti siano trattati alla pari”; alla ristrutturazione del sistema di governo della Chiesa, “allo scopo di integrare i doni, la saggezza e l’esperienza di tutta la comunità di fede, uomini e donne” e “incoraggiando una cultura della consultazione e della trasparenza, particolarmente nella nomina di leader ecclesiali; una rivalutazione dell’insegnamento cattolico in tema di sessualità che riconosca il profondo mistero della sessualità umana”.

Nel corso del primo incontro, dopo la presentazione dell’iniziativa da parte di p. Hoban e della baronessa Nuala O'Loan, avvocato e ombudsman (difensore civico), in molti hanno preso la parola per esprimere amarezza e disillusione sulla situazione attuale della Chiesa irlandese, ma anche speranza per il futuro, ed è stato subito trovato un accordo sulla necessità di un dialogo serio e autentico in vista di un cambiamento.

L’Association of Catholic Priests rappresenta il terzo tentativo di coordinare pensiero ed azioni dei preti irlandesi dagli anni ’60. La Association of Irish Priests, infatti, si esaurì all’inizio degli anni ’70, spingendo i vescovi del Paese ad istituire, nel 1975, la National Conference of Priests of Ireland, chiusa nel 2007 dopo essere stata, per anni, ignorata dalla gerarchia. Oggi si spera in un successo maggiore, data anche la difficile situazione in cui versa la Chiesa irlandese a causa delle proporzioni assunte dallo scandalo degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero o a vario titolo appartenenti alla Chiesa.

 

Subito sul fronte

Pochi giorni dopo la sua nascita, l’associazione si è già espressa su un episodio che ha fatto molto discutere, ossia l’appello da parte di Jennifer Sleeman, 80enne madre di un monaco, sulle pagine del quotidiano The Irish Times (21/9), a disertare la messa della domenica successiva in segno di protesta per la sordità della gerarchia cattolica sul sacerdozio femminile. Un appello caduto nel vuoto – stando alle dichiarazioni di preti e vescovi –, visto che il numero dei partecipanti alle messe non è stato inferiore alla media, ma che costituisce comunque un messaggio forte alla Chiesa irlandese, tanto che la Conferenza episcopale ha persino emesso un comunicato (26/9) in cui ribadisce il valore sacramentale e comunitario della messa e afferma che “uomini e donne contribuiscono entrambi attivamente a vari aspetti della vita della Chiesa”.

Immediata la reazione dei preti irlandesi dell’associazione: “Riconosciamo – si legge in un comunicato sul sito internet – che la posizione delle donne nella Chiesa cattolica è difficile e spesso è un tema che divide, ma deve essere affrontato e discusso il più apertamente e tranquillamente possibile”. E se l’iniziativa della Sleeman “non ha avuto un’approvazione universale, nemmeno tra le donne, ma ha ricevuto un appoggio sostanziale”, continua il comunicato, “nemmeno il comunicato della gerarchia è stato d’aiuto”, perché “ha trascurato il fatto che le donne attualmente sono escluse da molti ministeri e da tutte le istanze decisionali. Se non riconosciamo la realtà, non ci sarà nessun passo avanti”. Quanto al successo o meno dell’appello alla diserzione della messa, l’associazione accusa la Chiesa di “trionfalismo” quando afferma che l’invito è caduto nel vuoto: “La nostra associazione – conclude il comunicato – conosce un certo numero di donne impegnate che non sono andate a messa. È cruciale che si resti in un dialogo rispettoso con queste donne”.

 

Visita imminente

Nel frattempo, per “contribuire al rinnovamento spirituale e morale della Chiesa in Irlanda” e per favorire “la riflessione, la valutazione e la revisione della vita della Chiesa” il Vaticano sta organizzando la prossima visita apostolica nel Paese. La Conferenza episcopale irlandese ha reso infatti noto, il 28 settembre, che quattro vescovi irlandesi saranno a Roma nei prossimi giorni per discutere con il papa sulla visita e per incontrare i quattro “visitatori” che si recheranno nel Paese. L’arcivescovo di Armagh, il card. Seán Brady, quello di Dublino, mons. Diarmuid Martin, di Cashel e Emly, mons. Dermot Clifford e di Tuam, mons. Michael Neary, dialogheranno infatti con il card. Cormac Murphy-O’Connor, emerito di Westminster, che si occuperà della visita ad Armagh; con il card. Sean O’Malley di Boston, incaricato di recarsi a Dublino; con mons. Christopher Collins di Toronto che andrà a Cashel e con mons. Terrence Prendergast di Ottawa, cui toccherà la diocesi di Tuam. (ludovica eugenio)

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