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UN NUOVO LINGUAGGIO PER LA “BUONA NOTIZIA”. “SENZA UNA FEDE ATTUALIZZATA, NESSUNO CI CAPIRÀ”

Tratto da: Adista Documenti n° 89 del 20/11/2010

DOC-2305. SAN SEBASTIÁN-ADISTA. Parola d’ordine: rinnovamento. Ma un rinnovamento a tutto campo, profondo, totale. Non solo questa o quella riforma della Chiesa, insomma, perché in gioco c’è molto di più: c’è l’esigenza di “riformulare la Buona Notizia di Gesù con parole e concetti adeguati alla cultura in cui viviamo”. Come afferma José Arregui, il teologo basco indotto dal vescovo di San Sebastián, mons. José Ignacio Munilla, a lasciare l’ordine francescano (v. Adista nn. 129/09 e 1, 55, 66 e 76/10), “difficilmente possiamo annunciare la buona notizia con un linguaggio superato. E risulta che il nostro sia di gran lunga superato. Le nostre immagini di Dio, le nostre preghiere, i nostri dogmi, tutta la nostra teologia appaiono terribilmente superati”, al punto che, afferma, “se non attualizziamo il nostro linguaggio e le nostre istituzioni, nessuno ci capirà, e non sarà una buona notizia per nessuno”.

Lo richiede, del resto, la stessa fedeltà a Gesù, il quale, sostiene Arregui nella sua conferenza su “Gesù di Nazareth per il XXI secolo” tenuta a San Sebastián il 21 ottobre scorso, “non si è limitato a ripetere, ma ha innovato profondamente. ‘È scritto questo o quello – diceva ai suoi perplessi ascoltatori –, ma io vi dico quest’altro. Finora avete sentito questo o quello, ma io vi dico quest’altro’”. Ed è così che il tema della riformulazione dell’intera fede cattolica, assolutamente centrale nella ricerca teologica più avanzata, si incontra con l’attuale e mai così vivo interesse per la figura di Gesù di Nazareth, a cui non a caso è stato dedicato, lo scorso settembre, l’ultimo Congresso di Teologia dell’Asso-ciazione di Teologi e Teologhe Giovanni XXIII (v. Adista n. 71/10). Solo con un linguaggio attualizzato, infatti, è realmente possibile presentare il messaggio e la prassi di Gesù come “un’alternativa per il mondo in cui viviamo e per il futuro che vogliamo ricostruire”. Un messaggio e una prassi che, secondo Arregui, possono riassumersi nella parola “Beati!”: “Cosa sono - scrive - i quattro vangeli e tutto il Nuovo Testamento se non un’eco prolungata di questa parola? Sapete quante volte appare nel NT la parola ‘beato’? 50 volte. Avrebbe dovuto farci capire cos’è che è più importante per Dio, cos’è l’essenziale nel cristianesimo, cosa dovrebbe essere l’aspetto principale per la Chiesa. La felicità è la forza inarrestabile che sospinge il mondo. La felicità è il sogno primo e il comandamento supremo di Dio per tutti gli esseri”. Eppure, prosegue il teologo, da questo comandamento supremo ci siamo radicalmente allontanati, seppellendo “la logica della felicità di Gesù sotto le pesanti tavole della morale, sotto dogmi incomprensibili, sotto rigide istituzioni”.

Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, ampi stralci della conferenza di Arregui, trasmessa dalla Red Mundial de Comunidades Eclesiales de Base e pubblicata da Redes Cristianas il 31 ottobre. (claudia fanti)

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