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DIO NON È MORTO. MA NON ABITA PIÙ LASSÙ. UN NUOVO CRISTIANESIMO NELLA TEOLOGIA DI UN VESCOVO EPISCOPALIANO

Tratto da: Adista Documenti n° 94 del 04/12/2010

DOC-2312. ROMA-ADISTA. Se il cristianesimo vorrà continuare a parlare al mondo postmoderno, lo dovrà fare sulla base di idee e parole radicalmente nuove. Cambiamento o irrilevanza, insomma, questa l’alternativa: per quanto immane sia il compito, per quanto ambizioso appaia, la riformulazione dell’intera fede cristiana diventerà sempre più l’unica sua via di sopravvivenza.

È un tema, questo, divenuto centrale nella ricerca teologica più avanzata, come indica per esempio l’Agenda Latinoamericana 2011, dedicata al tema “Spiritualità senza mito. Un’altra religione è possibile” (v. Adista n. 80/10). E che è stato coraggiosamente affrontato in libri divenuti pietre miliari in questo ancor breve cammino, come quello, pubblicato in Belgio nel 2000 e uscito in italiano nel 2009 per iniziativa di Massari Editore, del gesuita belga Roger Lenaers, Il sogno di Nabucodonosor o la fine di una Chiesa medievale: un tentativo di tradurre il messaggio cristiano in un linguaggio in cui l'uomo e la donna moderni possano riconoscersi (v. Adista nn. 44 e 93/09). O quello, apparso nel 2002, del teologo e vescovo episcopaliano John Shelby Spong A New Christianity for a New World: Why Traditional Faith Is Dying and How a New Faith Is Being Born, che oggi la stessa casa editrice Massari ha deciso di far conoscere al pubblico italiano, con il titolo Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo. Perché muore la fede tradizionale e come ne nasce una nuova (pp. 368, euro 15). Un’attenzione, quella mostrata da Massari Editore, confermata anche dalla recente pubblicazione del libro di Gumersindo Lorenzo Salas Una fede incredibile nel secolo XXI. Il mito del cristianesimo ecclesiastico (pp. 224, euro 12, introduzione di Giovanni Franzoni).

Il libro di Spong è il tentativo di offrire una visione del cristianesimo “così radicalmente riformulata che possa vivere in questo nuovo audace mondo” e “così globale che a suo confronto la Riforma del XVI secolo sembrerà un gioco di bambini”, ma che resti malgrado ciò legata all’“esperienza che ha dato origine a questa fede-tradizione più di duemila anni fa”. Non a caso l’autore si professa come “un gioioso, appassionato, convinto credente nella realtà di Dio”: “Credo che Dio sia reale e che io viva profondamente e significativamente in rapporto con questa divina realtà. Proclamo Gesù mio Signore. Credo che egli abbia mediato Dio in un modo poderoso e unico nella storia dell’umanità e in me”. Tuttavia, aggiunge, “non definisco Dio come un essere soprannaturale. Non credo in una divinità che può aiutare una nazione a vincere una guerra, intervenire a curare la malattia di una persona cara, permettere a una particolare squadra sportiva di battere la sua avversaria”.

 

“Oltre il teismo, ma non oltre Dio”

Secondo Spong, il Dio inteso teisticamente come “un essere con potere soprannaturale, che dimora al di fuori di questo mondo e che invade il mondo periodicamente per realizzare la sua divina volontà”, un essere con poteri miracolosi da supplicare, obbedire e compiacere, di fronte a cui prostrarsi come uno schiavo di fronte al padrone, sta oggi morendo, se non è già morto: per quanto le autorità ecclesiastiche preferiscano continuare il gioco del “facciamo finta”, gridando sempre più forte le antiche formulazioni, il Dio teistico, come “spiegazione di quanto era finora inspiegabile”, sta scomparendo dalla nostra visuale, spinto sempre più ai margini da ogni nuova scoperta scientifica. E gli esseri umani, che a questa divinità, per secoli, si erano affidati con successo per affrontare la coscienza della finitezza e dell’insignificanza umana, si trovano ora nuovamente di fronte al trauma della solitudine e della perdita di significato. Tuttavia, come evidenzia Spong, se il teismo, come descrizione umana di Dio, muore, non è detto che debba morire anche Dio. Non è detto, cioè, che l’unica alternativa al teismo sia l’ateismo (o un insignificante deismo: l’affermazione, cioè, di un Dio così oltre la vita di questo mondo da rendere impossibile ogni relazione con il divino): “Non potrebbe la nostra sempre maggiore autocoscienza permetterci di entrare in rapporto con ciò su cui il nostro essere è fondato, che è più di ciò che siamo, ma anche parte di ciò che siamo?”. Così, la nuova maturità che ci è richiesta, traducendosi nella dolorosa, spaventosa rinuncia a “un essere soprannaturale che ci faccia da genitore, che si prenda cura di noi, vigili su di noi e ci protegga”, apre il campo a una nuova ricerca: quella di “una trascendenza che entra nella nostra vita, ma che ci chiama anche oltre i limiti della nostra umanità, non verso un essere esterno, ma verso il Fondamento di tutto l’essere”, verso la comprensione di un Dio che “può essere avvicinato, sperimentato, presentato in modo radicalmente diverso”.

La domanda di fronte a cui ci si trova di fronte diventa allora: “Esiste una realtà che concordiamo di chiamare con la parola Dio il cui volto può essere nascosto, ma i cui effetti posso vedere?”. E Spong non si sottrae al tentativo di dare una risposta: “Dio è la sorgente ultima della vita. Si venera Dio vivendo pienamente, condividendo profondamente”. E ancora: “Dio è la sorgente ultima dell’amore. Si adora questo Dio amando generosamente, diffondendo con levità amore, donando amore senza fermarsi a valutare il costo”. E, infine: “Dio è l’Essere, e veneriamo questo Dio avendo il coraggio di essere tutto quello che possiamo essere”, andando oltre “il modo di sopravvivere chiusi in se stessi, al quale la vita umana è così profondamente attaccata”. “Io oggi - scrive Spong - vivo nella convinzione che non sono separato da questo Dio. (...). L’alterità mi viene incontro. La trascendenza mi chiama. Dio mi abbraccia”. E dunque “Dio non è morto. Siamo veramente entrati in Dio. Siamo portatori di Dio, co-creatori, incarnazioni di ciò che Dio è”.

 

Il cristianesimo del futuro

Né l’autore rinuncia al tentativo di rispondere ad un’altra cruciale domanda, da cui dipende il futuro stesso del cristianesimo: “È possibile essere in grado di raccontare la storia di Cristo lasciando da parte la concezione teistica di Dio?”. Rinunciando al ritratto terreno del Dio teistico in forma umana, insomma, cosa resterebbe di Gesù? Per Spong, rimarrebbe una vita umana che, “ciononostante”, rende “conoscibile, visibile e avvincente il Fondamento di ogni essere”: “qualcuno che è stato più profondamente e pienamente vivo di chiunque altro io abbia mai incontrato”, qualcuno che “spezza i confini” e permette di “superare le barriere umane e raggiungere la divinità che la sua vita rivela”, che “rivela la sorgente dell’amore e poi ci chiama a entrarvi”.

E, infine, come sarà la Chiesa nel mondo post-teistico, una volta che il culto non avrà più lo scopo di confessare i nostri peccati a un “paterno giudice”, né di contare sul potere delle preghiere comunitarie per dirigere il corso della storia del mondo, né di purificare i bambini attraverso il battesimo “dall’umanità caduta nella quale sono nati”, né di “riattualizzare liturgicamente il divino sacrificio compiuto per assicurare il nostro riscatto da una presunta condizione disperata di peccato originale”? Se una nuova umanità “dipende dalla nostra capacità di muoverci al di là della nostra mentalità egocentrica di sopravvivenza”, uno degli scopi della nuova Chiesa sarà quello di organizzare la vita di culto in modo da incoraggiare l’amore disinteressato verso gli altri. E questo sarà il motivo per cui Gesù continuerà a stare al centro della nostra liturgia “come fulgido esempio di chi è riuscito a vivere pienamente, ad amare senza limiti e ad essere tutto ciò che è stato capace di essere”. Allo stesso modo, la Chiesa del futuro si dedicherà all’espansione del Regno di Dio, operando con determinazione non per un programma religioso, ma per il programma della vita, della vita in abbondanza per tutti, non imponendo la propria verità a nessuno ma vivendo solo “per aumentare l’amore che è presente nella vita”.

Di seguito ampi stralci del primo capitolo del libro (che, insieme al libro di Gumersindo Lorenzo Salas, può essere richiesto senza spese aggiuntive ad Adista, tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it, oppure acquistato online sul sito www.adista.it). (claudia fanti)

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