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"VUOTO" DI FIDUCIA. I SETTIMANALI DIOCESANI SI SMARCANO DALLA LINEA RUINIANA

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 08/01/2011

35931. ROMA-ADISTA. Dallo scontro che in questi mesi ha infiammato il Parlamento, a uscire perdente non è solo Gianfranco Fini, ma la politica nel suo complesso e a pagarne le spese il Paese, i cui interessi poco hanno a che fare con la crisi che si è consumata nei palazzi del potere: è questo, al di là delle valutazioni sui possibili scenari futuri, il giudizio dei settimanali diocesani in edicola in questi giorni sul voto di fiducia dello scorso 14 dicembre. Quello di cui unanimente si avverte il bisogno è una "Politica con la P maiuscola", come scrive Alberto Margoni sulle pagine di Verona fedele (19/12), che si occupi del bene comune, dei veri interessi del Paese, una politica che "purtroppo di questi tempi sembra essere sparita dalle aule parlamentari". Non sembra preoccupare invece l'alleanza tra Casini e il laico Fini, così duramente attaccato nelle settimane scorse dal quotidiano dei vescovi Avvenire: con l'eccezione del Nuovo Torrazzo, che definisce il Polo della Nazione "un'ammucchiata sconcertante", le altre testate non dedicano nessun commento particolare all'inedita formazione che ha preso vita nei giorni immediatamente successivi al voto di fiducia e che comunque non avrà vita facile con l'attuale sistema elettorale.
Di seguito una rassegna di commenti. (i. c.)

La Vita (Pistoia, 19/12), "Cosa dobbiamo fare?", Giordano Frosini:
"Come ha dimostrato anche il recente dibattito parlamentare, l'attuale assetto politico non è capace, nella globalità, di affrontare la crisi in tutta la sua portata e profondità. (…)
La crisi è più che politica, più che economica, anche più che sociale. La crisi, lo ripetiamo ancora, è eminentemente di carattere morale. Una crisi che ha portato via i valori delle nostre migliori tradizioni, svuotato il senso morale del nostro passato, creato una mentalità individualistica, materialistica, egoistica e terrenistica (…). Certo, la politica ha le sue gravi responsabilità, perché è stata e rimane ancora parte attiva di questo processo degenerativo, perché ha offerto esempi eclatanti di immoralità pubblica e privata, perché ha gestito direttamente o permesso di gestire malamente i mezzi della comunicazione sociale, perché ha assecondato la dilapidazione dei principi fondamentali della legalità. Anche molti che si chiamano cristiani si sono ormai allineati su queste posizioni. (…). È necessaria una convergenza generale della chiesa in tutte le sue espressioni, cominciando naturalmente dall'alto, per un'azione energica, coraggiosa, profetica, senza guardare in faccia a nessuno, chiamando il male col suo nome e denunciando col coraggio di cui diede prova sant'Ambrogio quando rimandò a casa l'imperatore che si era macchiato di un orribile delitto. (…). Ma c'è un'altra raccomandazione da fare (…): l'invito pressante ai nostri laici perché, sorretti e incoraggiati dall'intera comunità e in particolare dai suoi responsabili, si impegnino con passione e competenza nella gestione della cosa pubblica, al servizio del bene comune, in particolare dei poveri e degli indifesi che, come sempre, anche attualmente portano il peso della crisi che ci sta sommergendo. (…)".

Vita trentina (Trento, 19/12), "Una vittoria di Pirro?", Paolo Pombeni:
"Chi si accontenta gode, e questa sembra essere la massima scelta dall'opposizione dopo la vittoria, sia pure a punti, di Berlusconi nel match parlamentare. (…).
A noi francamente le cose sembrano un po' più complicate. Certamente aspettarsi che il governo in queste condizioni possa fare grandi cose è utopistico, ma c'è il piccolo problema che questo a Berlusconi interessa relativamente: il suo problema è rimanere a Palazzo Chigi senza che si possa dire che Fini l'ha sfrattato. Il resto conta relativamente, come del resto è stato anche sino ad oggi. (…).
Il governo può andare avanti "galleggiando"? Non ci sentiremmo di escluderlo, perché è sempre in grado di comprarsi i voti, inclusi quelli di parte dell'opposizione, con concessioni politiche: lo ha fatto con la Svp, non si vede perché dovrebbe fallire con altri. Non saranno operazioni di spessore, ma quelle si fanno solo con politici di statura che al momento mancano. (…)"

Il Nuovo Torrazzo (Crema, 18/12), "Oves et boves", senza firma:
"Il ‘Berlusca' ha sette vite. Chi credeva di scalzarlo anche stavolta ha fatto fiasco. Senato e Camera gli hanno dato ragione. C'è chi esulta e chi si mangia le dita. Ma è un dato di fatto. L'ho scritto la scorsa settimana: una politica tutta mirata a far cadere il premier non va da nessuna parte. (…) Dobbiamo sperare allora nelle elezioni? Per carità, non le vuole nessuno. Tutti sanno che (…) vincerebbe ancora Berlusconi e stravincerebbe la Lega. Dunque bisogna cambiare musica. Basta con la politica dell'attacco alle persone, dell'insulto, della delegittimazione. Vogliamo la politica dei fatti, il Paese ha bisogno di stabilità e di governabilità. (…) E ora, sull'onda della sconfitta, ecco che assistiamo a un'ammucchiata sconcertante: Udc, Fli, Api, Mpa, Libdem, repubblicani e liberali costituiscono un unico raggruppamento: il Polo della Nazione e danno vita a un coordinamento unitario. Oves et boves, tutti insieme: amici ed ex nemici, ex democristiani, ex missini, ex radicali e anticlericali, laicisti e cattolici. L'obiettivo? Uno solo: far sparire Berlusconi. (…) E dov'è la politica? Dove sono i programmi? Il Centro deve costruirsi con pazienza attorno a una cultura ispirata ai valori della dottrina sociale della Chiesa, come ci hanno promesso da tempo, e presentare un progetto-Paese. Solo così avrà un futuro. Ma come faranno adesso con ex-missini, laicisti e anticlericali?".

Nuova Scintilla (Chioggia, 19/12), "È tempo di governare", V. T.:
"(…) Berlusconi, (…) deve trarre dalla vicenda non motivo per menar vanto, ma un monito per ‘darsi una regolata', puntando sui veri problemi del Paese. La fiducia ottenuta in aula - numerica o politica - è vuota se non c'è la fiducia della gente nei politici, visti sempre più come interessati a se stessi più che al popolo. Troppi i problemi irrisolti, troppi senza lavoro! E l'opposizione - a partire dal Pd, così smarrito e diviso - non può solo protestare (cavalcando ad esempio la facile piazza universitaria) avvitandosi su se stessa. è tempo di governare! Tutti sanno che le urne sarebbero un danno: dunque governo e opposizione facciano la loro parte, pensando non a se stessi ma alla nazione".

Gente Veneta (Venezia, 18/12), "Politica: mai così lontana dalla gente", Sandro Vigani:
"(…) in Parlamento si è consumato l'ultimo atto (almeno fino al prossimo!) della guerra personale tra Berlusconi e Fini. Chi ha vinto e chi ha perso? Ha vinto Berlusconi, anche se in misura tale da non potersi garantire un'apprezzabile maggioranza tra i deputati (…) Il Cavaliere ha vinto infine perché ha sconfitto Fini, ne ha demolito la credibilità, si è insinuato tra il gruppo di parlamentari che il Presidente della Camera era riuscito a mettere assieme spaccandolo. (…)
Ma in questa fase della politica - è bene ricordarlo - chi ha perso più di tutti davvero è soprattutto l'Italia. Ha perso l'Italia perché la crisi alla quale abbiamo assistito poco ha che fare gli interessi veri del Paese. È nata e si è sviluppata tutta dentro al Centrodestra, da motivazioni che sono parse lontane da un'autentica dialettica tra le parti differenti, legate piuttosto alla personalizzazione e alla radicalizzazione della politica e di rancori personali. Mai come oggi il mondo della politica italiana è percepito lontano dalla gente, dai suoi problemi reali e dalla sue legittime aspirazioni. E mai come oggi l'etica sembra soltanto un optional dell'agire politico, non ciò che dovrebbe orientarlo. (…)".

Il popolo (Pordenone, 19/12), "Meno risse e valorizzare il bene", Bruno Cescon:
"Che cosa interessa all'Italia, alle nostre regioni, ai nostri comuni, alla gente? Non certo quella bagarre, quegli scontri e insulti che si sono visti e sentiti in Parlamento durante il voto di fiducia al governo Berlusconi: spettacolo indecoroso. (…) l'Italia è scandalizzata dal mercato, presunto o vero, dei deputati voltagabbana. I favori sono o saranno debitamente compensati almeno indirettamente in incarichi danarosi (…). In cima ai pensieri dell'Italia sta la precarietà del lavoro, delle prospettive delle sue imprese, del presente e del futuro demografico, dei conti pubblici gravati dal debito e dalla spesa improduttiva, cioè dagli sprechi, delle entrate mortificate da una indegna evasione fiscale, delle stesse istituzioni manomesse e non ancora riformate.
(…) Il nostro Paese ha bisogno di riforme. Tocca al governo fare il proprio mestiere. Fino a poco tempo fa aveva una grande maggioranza e non pare si sia impegnato molto. Ora sarà tutto più difficile. Ma non impossibile. Purché si lavori più ad unire che a dividere, purché si pensi più al Paese che a se stessi. (…)".

Verona fedele (Verona, 19/12), "L'ultimo -ismo sopravvissuto: il careghismo", Alberto Margoni:
"Fin che la barca va lasciala andare, cantava Orietta Berti nell'estate di quarant'anni fa. Ed è il motivetto che meglio si addice al Governo Berlusconi IV dopo l'esito del voto parlamentare sulla fiducia di martedì scorso. (…) mentre la politica con la p minuscola metteva in scena l'ennesima manovra di palazzo con incrociarsi di lame e coltelli che volavano, la gente è rimasta a guardare con una crescente indifferenza, ma ben allarmata per i problemi che da troppo tempo attraversano il Paese. (…) Si è parlato di compravendita di deputati. È impossibile. Siamo certi della loro assoluta incorruttibilità... Tutt'al più dinanzi a coscienze rigorosamente ancorate alle proprie ferree convinzioni, sono stati i partiti a spostarsi di qua o di là. Non è l'osservazione comunemente fatta dai voltagabbana? Qui sta il punto. Perché, prima del voto di fiducia, tra i 630 deputati e i 315 senatori non due o tre, bensì 70 parlamentari, pari al 7,4% del totale, in due anni e mezzo di legislatura sono approdati ad altri lidi assai più accoglienti di quelli che li avevano ben piazzati in lista (o, meglio, in nomination). Del resto con il venir meno degli ancoraggi ideologici, cosa volete che sia passare, per esempio, dal Pd all'Api di Rutelli e poi al Movimento di Responsabilità Nazionale - che ha appoggiato Berlusconi - in tredici mesi? (…) Quanto sarebbe necessaria una rinnovata fiducia nelle istituzioni, in rappresentanti politici capaci di ridare fiato al Paese, di creare non ulteriori fratture ma coesione fra Nord e Sud, di operare per le necessarie riforme (la legge elettorale in primis), di far emergere quelle risorse indubbiamente presenti ma quanto mai bisognose di operare in sinergia: famiglia, scuola, università, mondo del lavoro... Utopia, pia illusione? No, desiderio di una Politica con la P maiuscola che purtroppo di questi tempi sembra essere sparita dalle aule parlamentari e dai palazzi del potere, ma di cui l'Italia ha una impellente necessità, non da ultimo per non accrescere irrimediabilmente la sempre più dilagante disaffezione nei confronti della politica stessa. Col rischio che a mettere le mani in pasta finiscano per essere soltanto i maneggioni o coloro che hanno propri interessi da far valere: altro che il bene comune!".

Il nostro tempo (Milano-Torino, 17/12), "Ora cosa ci aspetta", Beppe Del Colle:
“La terza ragione è che l'esito del voto dei deputati è stato contrassegnato dal più vergognoso dei timbri: la compravendita a vario titolo di almeno quattro ‘no' alla sfiducia chiesta sia dai finiani sia dal Pd e Di Pietro (…) Queste tre ragioni spiegano l'evento nella sua immediata sostanza, ma sono anche alla base della profonda incertezza che domina il futuro meno incombente della società italiana, alle prese con una doppia crisi: quella economico-finanziaria, comune a tutti i Paesi europei e del resto del mondo "sviluppato", e quella caratteristica del nostro Paese rispetto al modello democratico tradizionale dell'Occidente. (…) Sedici anni di intermittente governo berlusconiano non hanno affrontato e risolto nessuna delle questioni cruciali del Paese, né esistono indicazioni per come farlo nel prossimo futuro, se i "cinque punti" settembrini del Cavaliere recano al primo posto proprio quella, fra le questioni nazionali, che meno importa ai cittadini (la Giustizia) mentre è in testa a tutte le preoccupazioni personali del premier; e la sicurezza e il federalismo sono in cima ai programmi della Lega, che dopo il doppio esito parallelo del 14 dicembre rimane più di prima il nocciolo duro del potere di centro-destra. (…) Berlusconi sarà sollecitato dai suoi più vicini consiglieri (e anche da ambienti cattolici) ad aprire all'Udc; ma Casini dovrà lasciar passare qualche tempo prima di aprirsi a sua volta, mentre risulterà presto irrealizzabile un Terzo Polo in cui lo sconfitto Fini sia chiamato a fornire apprezzabili contributi di elettori a un'alleanza con lo stesso Casini e Rutelli, esule dal Pd. (…)".

Toscana Oggi (Firenze, 15/12), "Scenari politici, un gioco al massacro in cui chi rischia è il popolo italiano", Giovanni Pallanti:
"Ormai, queste lotte tra persone che ricoprono incarichi istituzionali fondamentali per il funzionamento di una democrazia parlamentare non sono più nemmeno paragonabili a quelle che un tempo si definivano ‘di stampo sudamericano'. Un gioco al massacro in cui chi ha rischiato di più è stato il popolo italiano. La sinistra, dal Pd all'Idv, è stata paralizzata dalle sue lotte interne. Il sindaco di Firenze, per esempio, ha proposto di rottamare l'intero gruppo dirigente del Pd. Di Pietro è diventato ormai la caricatura politica di quel che fu da magistrato. Il ruolo dell'opposizione è stato pressoché evanescente. L'Udc di Pierferdinando Casini e l'Api di Rutelli hanno tentato di costruire un'alternativa minimamente credibile al governo Berlusconi. Ma non ci sono riusciti perché ne mancavano le premesse politiche e parlamentari".

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