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UN MARE DI LIBERTÀ PER LA PALESTINA. RIPARTE LA FREEDOM FLOTILLA

Tratto da: Adista Notizie n° 44 del 04/06/2011

36169. ROMA-ADISTA. Se l’intenzione di Israele, con la strage compiuta sulla Mavi Marmara lo scorso anno (v. Adista n. 48/10), era quella di dissuadere dal compiere nuove iniziative atte a rompere l’assedio alla Striscia di Gaza, si può dire che abbia decisamente mancato l’obiettivo: la Freedom Flotilla ripartirà infatti nella terza settimana di giugno ancora più numerosa. Il convoglio multinazionale di attivisti – che per il secondo anno consecutivo cerca di rompere l’ormai pluriennale blocco israeliano con un carico di merci e aiuti umanitari – è cresciuto: dalle 9 navi della prima edizione, alle 12 di quest’anno, provenienti da Canada, Usa, Australia, Malesia, Germania, Spagna, Francia e anche dall’Italia, da cui salperà la “Stefano Chiarini” (dal nome del giornalista “militante” del Manifesto esperto di mondo arabo morto imporvvisamente nel 2007).

Un convoglio di aiuti umanitari che ha però un obiettivo politico: perché Gaza non ha subìto una catastrofe naturale, ma è vittima dell’embargo deciso da Israele cinque anni fa a seguito della vittoria elettorale di Hamas. Un problema politico dunque che necessita di una risposta politica, come ha sottolineato Paola Mandato, di Freedom Flotilla Italia, durante l’incontro “Ponti e non muri in Palestina” tenutosi a Roma il 19 maggio scorso alla presenza, fra gli altri, di tre esponenti delle tre religione monoteiste: don Nandino Capovilla, di Pax Christi; Izzedin Elzir, presidente dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia); e il rabbino Ahron Cohen dell’organizzazione Neturei Karta International che unisce ebrei ortodossi antisionisti. Tutti e tre concordi nel dire che di tutto si tratta fuorché di un conflitto di religione e che il processo di pace diverrà pace solo quando avrà fine l’occupazione israeliana.

«Ogni volta che torno dalla Palestina – ha esordito don Nandino Capovilla – trovo sempre meno parole di speranza in me». «Mi chiedo da dove potrà venire la pace e mi viene da dire che verrà dalla terra, da sottoterra, dal cielo e dal mare. Dalla terra perché è questa la parola chiave: questo conflitto non è un conflitto di fede, ma verte intorno alla terra». «Da sottoterra – ha proseguito – perché, come ci ricordava Vittorio Arrigoni anche nel suo ultimo intervento sul suo blog, è dai tunnel costruiti lungo il confine che passano i beni necessari alla sopravvivenza della Striscia. Dal cielo, perché come cristiano voglio dire che la pace viene come dono di Dio». «Dalla terra liberata, quindi. Dal cielo come dono di Dio, da sottoterra come dono degli uomini che sacrificano anche la loro stessa vita, e infine dal mare, come con la Freedom Flotilla».

Un conflitto quello che si consuma sulla terra palestinese cui al momento può porre fine solo Israele, gli ha fatto eco Izzedin Elzir. «Sulla questione, noi palestinesi abbiamo sempre fede, fiducia», ha detto. «Sin da piccoli abbiamo imparato la pazienza, come con il digiuno, ma anche la lotta: che non significa odio, ma diritti. Sono cresciuto in una moschea dove le crociate sono chiamate “guerre dei franchi” per rispetto della croce». «C’è bisogno di fare una jihad», ha proseguito, «che non significa “guerra santa”,  ma sforzo di vivere sulla retta via per trovare la strada della convivenza. Ma se il popolo palestinese non avrà giustizia sarà molto difficile avere la pace, ed è solo a Israele che spetta il compito di fare giustizia perché è Israele ad avere in mano il potere».

Opinioni più che condivise dal rabbino Cohen che ha tenuto un vibrante discorso a nome della sua associazione. «Non tutti gli ebrei sono sionisti», ha esordito Cohen. «Anzi. Ebraismo e sionismo sono due concetti incompatibili». «Nonostante molti abbiano aderito a questa idea politica laica e la mia sia ormai una posizione di minoranza è importante ricordare che l’opposizione al sionismo si basa su due idee: la prima è religiosa; il sionismo va infatti contro le nostre credenze. Che il popolo ebraico viva in esilio presso altri popoli senza tentare di imporsì è volontà di Dio per cui il sionismo rappresenta una ribellione alla volontà del Signore. In secondo luogo il sionismo contraddice i valori umanistici della religione ebraica: il fine ultimo del sionismo è infatti il bene di un solo popolo all’interno di una terra appartenente ad altri. È un’idea colonialista che ha portato a una totale mancanza di rispetto nei confronti del popolo palestinese ed è dunque una contraddizione scioccante dei nostri valori umanistici». «Il sionismo è in realtà la causa principale dell’intolleranza nei confronti del popolo ebraico e l’esistenza dello Stato sionista, totalmente illeggittimo, è la causa della violenza in Medio Oriente e va sradicato». «Lo Stato di Israele non può durare. Le nostre preghiere – ha concluso – sono rivolte a che lo Stato sionista sia rimpiazzato da un regime giusto in cui tutte le religioni possano convivere, così come era un tempo». (ingrid colanicchia)

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