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UN LEADER NON PIÙ INDISCUSSO. IL DECLINO DI BERLUSCONI SECONDO I SETTIMANALI DIOCESANI

Tratto da: Adista Notizie n° 46 del 18/06/2011

36176. ROMA-ADISTA. La reiterata umiliazione delle istituzioni e della Costituzione; la paranoica guerra contro la magistratura; i festini a luci rosse, il caso Ruby e la mortificazione della dignità della donna; i metodi di reclutamento della classe politica; un’interpretazione personalista della politica, fatta per lo più di leggi ad personam, favoritismi, compravendite e promesse disertate; le risse verbali con toni da stadio, in Parlamento e sui media; i rapporti sempre più tesi con alleati e ministri; e, infine, l’abitudine a trasformare qualsiasi consultazione elettorale in un plebiscito sulla sua persona: da Nord a Sud, la stampa diocesana prova ad ragionare – con sobrietà ma con fermezza – sulla crisi della maggioranza di governo e sul declino politico e umano del suo leader, Silvio Berlusconi, soprattutto alla luce della cocente sconfitta alle votazioni amministrative.

 

Qualcosa di più di un semplice scivolone

Senza esitazione, Beppe Del Colle, sul settimanale torinese il nostro tempo (2/6), sentenzia: «Si sa con estrema nettezza chi ha perso, non il centro-destra in quanto tale e in quanto elettorato, ma Silvio Berlusconi in quanto suo leader e in quanto titolare della sfida da lui voluta per questa consultazione, trasformata come sempre in un referendum pro o contro di lui».

Esemplificativo dell’orientamento dei diocesani anche l’affondo de l’azione di Novara (3/6), che sottolinea «il dato omologante nazionale che indebolisce le teorie sui “candidati sbagliati”, ma evidenzia quella del “leader sbagliato”: Berlusconi non convince più chi ha visto in lui le promesse non mantenute, il rilancio economico mai “messo in campo”, la politica usata guardando a se stesso, la vita privata censurabile e irritante, la crescente aggressività con cui ha fatto precipitare i rapporti tra le istituzioni e la stessa campagna elettorale gridata».

E, questa volta, la sconfitta si direbbe irreversibile, aggiunge La Cittadella di Mantova (città della Lega “espugnata” dal centrosinistra) in un editoriale di Paolo Lomellini (1/6): «La fase berlusconiana del centrodestra appare inesorabilmente consegnata dal voto popolare verso il viale del tramonto. La deriva degli stili e dei linguaggi così come la vacuità delle risposte ai problemi più urgenti e cogenti del Paese hanno avuto dalle urne una certificazione che appare quasi inappellabile». A confermare questa lettura, largamente diffusa nell’elettorato cattolico, anche Guido Bodrato (l’eco del Chisone, Pinerolo, 8/6): «L’impressione è che questa volta si tratti davvero di un processo irreversibile», perché «il declino elettorale del Pdl ha toccato Milano, la capitale dell’impero». Un punto di non ritorno destinato a modificare l’equilibrio dei poteri dentro la maggioranza, scrive Giovanni Barbieri (Corriere Apuano, Pontremoli, 4/6): «Il terremoto è ‘solo’ amministrativo, ma le scosse arriveranno fino a Roma» e «ora si aprono prospettive politiche diverse da quelle di ieri» «soprattutto per recuperare alla politica il rispetto e il ruolo che le compete».

 

Dalla “fanta-politica” alla «politica spazzatura»

Ad allontanare l’elettorato cattolico dal centrodestra, poi, una campagna elettorale che «si è svolta all’insegna di insulti, demonizzazione dell’avversario, risse da pollaio, diatribe pedestri e volgari strumentalizzazioni», denuncia il settimanale della diocesi di Ancona-Osimo Presenza (5/6), in un editoriale di Ottorino Gurgo, che nel finale tuona: «Siamo alla “politica spazzatura”».

Certo – aggiunge Vittorio Massaccesi sulla Voce della Vallesina (Jesi, 5/6) – «urlare agli elettori che chi vota centrosinistra è senza cervello e sussurrare all’orecchio dei potenti del G8 che il più grande problema dell’Italia è la dittatura della magistratura contro il premier, hanno costituito le premesse del disastro elettorale del centrodestra». A questo, conclude il settimanale, si aggiunga «la perdita di Fini e un immobilismo governativo che all’elettorato è apparso un vero tradimento delle tante promesse». I toni della campagna elettorale non sono piaciuti nemmeno al settimanale umbro La Voce (1/6). «Un popolo che canta le lodi di Dio – si legge in un editoriale di Elio Bromuri – non sarà poi disposto a gridare improperi, accuse e calunnie ai fratelli, soprattutto ai fratelli di fede».

 

La miopia dei vincitori

I periodici cattolici hanno poi dedicato ampio spazio al ruolo delle opposizioni nella crisi del centrodestra, con particolare attenzione al Pd, che canta vittoria, ma resta ancora impantanato in una crisi d’identità che rischia di fargli scivolare di mano la preziosa occasione. «Il disastro elettorale di Berlusconi», scrive ancora Beppe del Colle, «non coincide con una vittoria altrettanto evidente del suo maggiore oppositore politico, il Partito Democratico». «Ne consegue – conclude – che né il centrodestra né il centrosinistra sembrano in grado di offrirsi all’opinione pubblica nazionale come blocchi di forte richiamo unitario per le future elezioni parlamentari». La partita resta quindi aperta tra due schieramenti che devono reinventarsi da capo in vista della prossima tornata elettorale.

«Il Pdl ha perso», ma «il Pd non ha vinto», scrive anche Mario Barbarisi su Il Ponte (Avellino, 4/6), sottolineando poi che l’indignazione che galoppa nelle piazze europee è diretta verso la politica in generale, tant’è che in Italia, conclude, anche il voto di centrosinistra è spesso confluito nel movimento di Beppe Grillo.

Sulla stessa lunghezza d’onda il già citato articolo di Guido Bodrato: «Per molti commentatori il voto amministrativo ha indicato uno sconfitto, ma non un vincitore. Sarebbe cresciuta la domanda di cambiamento, Berlusconi avrebbe perso il controllo della situazione, l’ondata populista si sarebbe esaurita ed il voto avrebbe rilanciato un’idea di “partito” alternativa», ma che il Pd sia in grado di raccogliere la sfida, questo è ancora tutto da vedere.

Per Massimo Venturelli (La Voce del Popolo, Brescia, 2/6), è necessario che «anche nel centrosinistra, che ancora sta esultando per le vittorie di Milano e Napoli, prenda corpo, esattamente come è avvenuto per queste città, un progetto serio e alternativo per un Paese che ancora fatica a riprendere il suo cammino. Non bastano discorsi di “architettura politica”; non basta parlare di alleanza, di allargamenti a sinistra o al centro, come sta avvenendo in queste ore».

Il centrosinistra dimostri «umiltà e lungimiranza», raccomanda infine La Cittadella di Mantova, «perché di esempi di orgoglio e miopia questa coalizione ne ha già offerti parecchi negli anni scorsi». (giampaolo petrucci)

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