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Dopo i referendum Cattolici e laici: la paura del diverso

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 54 del 09/07/2011

È difficile parlare di diversità senza pensare ai migranti con cui dobbiamo, anche se non vogliamo, “fare i conti”. Dobbiamo accogliere, aiutare, accompagnare, integrare, non assimilare. Sono un invito ad aprirci, a metterci in discussione, a trovare soluzioni di mediazione.

L’esito dei referendum di giugno e i commenti che ne sono seguiti mi hanno fatto pensare alla diversità in modo più ampio. Indubbiamente la Chiesa, i cristiani, le comunità parrocchiali sono stati determinanti nel raggiungimento del quorum. Tutto questo positivo movimento è frutto di una risvegliata voglia di partecipazione da parte dei cittadini, del lavoro capillare dei comitati referendari, ma anche di un lavoro di sensibilizzazione e formazione nel mondo ecclesiale. Sono stati tanti gli incontri fatti in diocesi e nel resto d’Italia che, con la “scusa” del referendum, hanno rimesso al centro la riflessione sui beni comuni e hanno permesso di fermarsi e di riflettere sulla vita concreta delle persone.

Purtroppo però nemmeno in questo caso i cristiani si ritrovano uniti. Ed ecco che la questione del “diverso” torna prepotentemente alla ribalta... Questa volta gli immigrati non c’entrano!

Tra i tanti commenti, ho trovato molto provocante quello di mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste, che ha definito «integralisti progressisti» coloro che si sono impegnati in questi mesi, avanzando il dubbio che il loro pensiero sia asservito ad altri che poi chiederanno di portare avanti battaglie sul divorzio breve, contro la vita, ecc. Nemmeno stavolta siamo contenti perché finalmente anche nelle nostre parrocchie abbiamo ripreso in mano temi sociali importanti, confrontandoci con la Parola di Dio e la Dottrina sociale della Chiesa. Il «cosiddetto mondo cattolico» (come dice Crepaldi), che ha votato Sì ai referendum, è un popolo di pecoroni che ha pensato con la testa di altri e ha strumentalizzato l’insegnamento della Chiesa cattolica.

La diversità è una ricchezza. Ci credo perché l’ho sperimentato più volte. Ma è anche un dato di fatto. Non possiamo continuare ad arroccarci su posizioni saccenti e conservatrici in senso negativo. Noi cristiani abbiamo una Verità, io sono contento di avere questo riferimento, ma devo fare i conti con tante altre persone che non credono in questa Verità. E allora? Tutti nel mucchio dei “diversi”, dei poco buoni, dei pericolosi progressisti? Dove posso trovare il terreno di confronto con il non credente se non sulle questioni che riguardano tutti, i beni comuni, la vita sociale, la politica? Io cristiano cattolico che credo nella Verità dovrò vigilare in tutti i campi, non solo sulla gestione dell’acqua o sul nucleare, ma non posso sottrarmi al dialogo e alla fine alla necessaria mediazione come risultato di un processo naturale per il governo e la gestione delle cose. Anche Benedetto XVI dice che «l’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime differenze» (Discorso all’Assemblea del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, 28 maggio 2010).

Insomma mi sembra che noi cattolici abbiamo paura di tanti “diversi”, non solo degli immigrati. Abbiamo paura a metterci in discussione. È da mettere in conto che nell’ascolto e nell’accoglienza dell’altro e del diverso ne uscirò cambiato, che dovrò “cedere” qualcosa. A me sembra che l’occasione del referendum sia stata veramente positiva. C’è spazio per continuare l’attenzione e il confronto sui temi sociali e che riguardano strettamente la nostra vita quotidiana. Lo possiamo e lo dobbiamo fare illuminati dalla Parola e dall’insegnamento della Chiesa, ma cerchiamo di farlo insieme! Mettiamo insieme le potenzialità della diversità, cerchiamo di aiutarci gli uni gli altri con umiltà e spirito di servizio.

Mi si permetta infine una richiesta a mons. Crepaldi. Nella sua riflessione dice: «Dedicassero le nostre riviste, comprese quelle missionarie, alla vita almeno un centesimo dell’attenzione rivolta all’acqua». Mi dimostri da quale oggettività ha tratto questa pesante considerazione.

* Direttore della Caritas diocesana di Reggio Emilia-Guastalla

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