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Storie vere

- La protesta spagnola della Puerta del Sol ha investito anche i media e il giornalismo, accusati di non essere più credibili

Tratto da: Adista Contesti n° 59 del 23/07/2011

Tratto dal portale OpenDemocracy 13 giugno 2011. Titolo originale: Real Journalism Now: the media after Spain's revolution

La Spagna sta attraversando un momento critico, ed è da quel disagio che, a partire dalla Puerta del Sol, è nato il movimento Vera Democrazia Ora, diffondendosi in tutto il mondo. La condizione del giornalismo nel nostro Paese, come in tanti altri luoghi, è parte di questa protesta. La crisi ha lasciato migliaia di giornalisti per strada, e i media stanno chiudendo i battenti, mentre inviati speciali e corrispondenti all’estero sono già una specie in pericolo. Ma ci sono molti più problemi di questi di oggi: da alcuni anni, in Spagna, troppi mezzi di informazione sono stati al servizio del potere politico, molti sono quotati in Borsa, e l'informazione è diventata ormai solo una merce.
Il pubblico e i lettori guardano a media alternativi che arrivino rapidamente a regime, perché quelli tradizionali stanno cominciando a perdere la loro credibilità. Correnti di pensiero allineate invadono il flusso delle informazioni, semplificandolo ed esagerandolo e creando tensione e sensazionalismo. Inoltre, la saturazione tecnologica sta portando alla disinformazione. Come giornalisti, pensiamo che questa situazione dovrebbe cambiare per il bene sia della professione sia di un popolo che vive in maniera libera e democratica soltanto da poco tempo, e che merita qualcosa di meglio.
Come gruppo di giornalisti “impegnati”, che approfittano del calore della “primavera spagnola”, pensiamo che oltre a chiedere democrazia reale e partiti politici leali bisognerebbe anche chiedere un Vero Giornalismo Ora. Dovremmo tornare al giornalismo che le nostre università ci hanno insegnato: un giornalismo che critica i politici, onesto e vero, che assume la responsabilità pubblica di informare ed educare, oltre che intrattenere. Perché i media tradizionali stanno perdendo la loro credibilità? Perché i nostri cittadini non si fidano più di noi? Perché alla Puerta del Sol - la sede della rivoluzione spagnola – hanno gridato “Televisione: manipolazione”, e hanno applaudito alla nostra iniziativa? Allora e ora, ci siamo incaricati di procedere ad una valutazione credibile della nostra professione.
Abbiamo elaborato un manifesto di standard minimali, di dieci linee guida semplici e fondamentali, e abbiamo trasmesso un appello invitando i colleghi a unirsi a noi nel discutere, nel definire, e in alcuni casi nel tornare agli obiettivi e ai principi fondamentali del giornalismo. Tali linee guida contemplano: no ai contratti fasulli; no a massicci licenziamenti; no a stagisti di 35 anni; no ai politici all’interno dei media; no al giornalismo multitasking a buon mercato: copiare, incollare e rivendere è un reato; no al prepensionamento forzato (abbiamo bisogno dell'esperienza); no all’informazione come spettacolo e ai media come un circo; no all’estinzione dei corrispondenti esteri e degli inviati speciali; sì al servizio pubblico e al senso di responsabilità.
Può sembrare un'utopia, e forse lo è, ma senza sogni il mondo non cambia mai, e noi, membri di Giornalismo Vero Ora, siamo convinti che non c'è società degna senza un giornalismo degno. Siamo preoccupati per come la tecnologie della nostra epoca stanno trasformando il giornalismo, per la crisi economica e il modello di business dei media, per la perdita di credibilità e i cambiamenti demografici che stanno producendo un cambiamento di paradigma nella nostra professione. Molti, nei mezzi di informazione, di fronte a questo quadro cupo, si sentono persi o disincantati, mentre il pubblico dei lettori è sempre più frammentato e perde interesse per notizie che influiscono direttamente sulla loro vita. Editori tradizionali si stanno lanciando in attività che esulano dal loro campo, e i media stanno cadendo nelle mani di dirigenti e amministratori che non sanno nulla di ciò che è una notizia, né dell'impegno che lega il giornalista ai lettori, o della sua etica e del suo codice professionale.
Noi pensiamo che il giornalismo continui ad avere un ruolo enorme e una grande responsabilità nella società, e che continui ad essere un pilastro della democrazia, senza la quale il dibattito pubblico è impensabile. Pensiamo anche che abbiamo colpa di gran parte di ciò che sta accadendo. Difendiamo un giornalismo in cui viene data priorità a un’informazione veritiera e onesta che si erga al di sopra dell’”infotainment” e del citizen journalism; un giornalismo che sappia distinguere il baccano delle fonti e delle informazioni false sul web per trovare la vera storia.
Difendiamo un giornalismo libero dal plagio di internet, in cui non ci sia taglia e incolla negli articoli: un giornalismo non guidato dai motori di ricerca di Google, dalle pagine più viste o più lette, né da temi alla moda. Vogliamo che siano le storie a dettare legge. Nel nostro giornalismo vogliamo pubblicare notizie vere, critiche, equilibrate, piuttosto che limitarci a ripetere slogan politici e a lavorare facendo gli schiavi per i partiti. Vogliamo che l’informazione etica venga restituita alla sua condizione di diritto di tutti i cittadini, ad una posizione in cui non sia una merce, quotata in borsa o al servizio dei mercati. Non siamo al di là dell’intrattenimento, della provocazione o del divertimento, ma crediamo che l'informazione sia un bene pubblico che dovrebbe mettere temi importanti sul tavolo per la comunità, al fine di contribuire a formare un'opinione pubblica adeguata, e dovrebbe recuperare il suo senso di responsabilità verso i lettori, a prescindere dal mezzo di comunicazione utilizzato.
Difendiamo un giornalismo che non dimentica la qualità, in cui non ci sono pre-pensionamenti forzati e i giornalisti più esperti non sono gettati sulla strada. Un giornalismo in cui i migliori non vengono licenziati per creare spazio alle risorse più a buon mercato. Difendiamo un giornalismo che torni per le strade, nei conflitti e nelle guerre, per testimoniare ciò che accade nel mondo e contribuire a una cultura di pace. Dobbiamo partecipare a un giornalismo degno di cui possiamo essere orgogliosi.
In pochi giorni, più di mille persone hanno aderito al nostro movimento attraverso la nostra pagina Facebook e il nostro sito web, che è stato creato da un collega molto esperto nel campo. Questa accoglienza entusiastica è stata una meravigliosa sorpresa. Noi crediamo che sia la prova che non siamo soli, che ci sono molti tra noi che sono turbati da questa situazione. Stiamo lavorando sul dibattito intorno ai nostri dieci comandamenti, così come allo sviluppo di un secondo manifesto attraverso dibattiti pubblici nei forum Internet e in un luogo di incontro dove speriamo di continuare a riunirci per un dibattito a lungo termine. Vogliamo un futuro per il giornalismo, e vogliamo che comporti una profonda e coraggiosa auto-critica, un processo di catarsi che avrà inizio con noi, con i giornalisti che vogliono lavorare per un Vero Giornalismo Ora.

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