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PARROCO ROMANO SHOCK: «I MARTIRI FASCISTI RISPLENDONO COME FIACCOLE ACCANTO AL TRONO DI DIO»

Tratto da: Adista Notizie n° 71 del 08/10/2011

36319. ROMA-ADISTA. «Martiri fascisti» come i «martiri cristiani», anzi «superiori ai martiri cristiani», perché «hanno sacrificato le proprie vite non per la promessa del Paradiso ma per difendere la Patria e l’idea, quindi senza aspirare ad alcun premio». Con questo spirito – sintetizzato dall’ex repubblichino di Salò Stelvio Dal Piaz – si è svolta al cimitero del Verano di Roma, lo scorso 25 settembre, la commemorazione dei «martiri» di Rovetta, 43 soldati appartenenti alla Legione Tagliamento della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini, uccisi dai partigiani il 28 luglio del 1945 a Rovetta, nel bergamasco, negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale.

Un centinaio di “fascisti del 2000” – diversi giovani, alcuni anziani e parecchie donne e uomini di mezz’età, spesso famiglie al completo con bambini al seguito – fra saluti romani, camicie nere, vessilli della Rsi, della X-Mas e della Legione Tagliamento, si è ritrovato all’ingresso secondario del cimitero e, formando un corteo che voleva essere marziale, ma si è rivelato piuttosto sgangherato (hanno anche sbagliato strada fra i viali interni del Verano), ha raggiunto la tomba dei «caduti di Rovetta» per ricordare i 43 e, con loro, «tutti i martiri dell’olocausto perpetrato ai danni dei fascisti», come ha ricordato Dal Piaz. Dopo «l’appello ai caduti» – un altro reduce di Salò ha scandito uno per uno i 43 nomi, accompagnati dal «presente» gridato da tutti a braccio destro teso, che è risuonato fra le tombe del Verano –, la messa celebrata dal parroco dei Santi sette fondatori, il servo di Maria p. Massimo Anghinoni. «Ricordiamo questi 43 eroi e martiri che ardono come fiaccole accanto al trono di Dio e che illuminano il nostro cammino», ha detto p. Anghinoni nell’omelia. «Uniti nella vita e nel sacrificio della morte, sono ancora oggi tutti qui insieme e ci raccomandano l’unità, perché uniti si vince, in ogni situazione. Imitiamoli, seguiamo il loro esempio per impedire la putrefazione di una società malata, la nostra, che noi dobbiamo tentare di purificare». Ce n’è anche per il presidente della Repubblica, «l’ex comunista» Giorgio Napolitano, colpevole di ricordare i partigiani, ma di dimenticare i repubblichini, e quindi di cooperare alla mistificazione della storia. Ma noi, ha detto il parroco, «dobbiamo correggere chi ancora oggi sbaglia, chi crede di essere nel giusto, ma in realtà è cieco e guida altri ciechi. Le 43 fiaccole fanno luce e ci indicano il cammino della verità».

Alla fine della messa, la preghiera del legionario: «Dio, che accendi ogni fiamma e fermi ogni cuore, rinnova ogni giorno la passione mia per l’Italia. Rendimi sempre più degno dei nostri morti, affinché loro stessi, i più forti, rispondano ai vivi: “Presente”. Nutrisci il mio libro della tua saggezza e il mio moschetto della tua volontà. (…). Signore, fa’ della tua croce l’insegna che precede il labaro della mia legione. E salva l’Italia nel duce sempre e nell’ora di nostra bella morte».

La tromba suona il Silenzio, qualcuno va a portare un fiore sulla vicina tomba di Claretta Petacci, l’amante di Mussolini. Pochi metri oltre incomincia il Reparto israelitico del Verano, dove sono sepolti gli ebrei romani. Una delle prime lapidi ricorda: «Mario Volterra, deportato, 21 agosto 1916 – 22 marzo 1945». (luca kocci)

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