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Una parrocchia fra Vangelo e giornale

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 87 del 26/11/2011

Bibbia e giornale: con bella intuizione e felice sintesi, Karl Barth, teologo riformato, li indicava come base necessaria per ogni omelia. La comunità di Bonefro (Cb) li ha adottati come presupposto imprescindibile della vita della parrocchia. Nessuna idealizzazione della comunità, anche perché siamo lontani dal traguardo; piuttosto mettiamo in evidenza i fermenti che fanno da spinta propulsiva verso una Chiesa altra, mentre la quotidianità scorre nel necessario e proficuo intreccio di catechesi, liturgia e carità.

Alla base del cammino cristiano c’è naturalmente la Sacra Scrittura letta, commentata, pregata negli incontri settimanali rivolti anzitutto agli adulti. Se la Bibbia nella sua interezza è patrimonio della cristianità, allora non è possibile usarla come arma nei confronti delle altre confessioni cristiane. Da questa consapevolezza nascono i periodici incontri ecumenici per porci in ascolto di altre letture, ugualmente legittime, che raggiungono il culmine a Pasqua e a Natale nell’ospitalità eucaristica con interventi altamente qualificati nella celebrazione, data la presenza sul territorio di Chiese evangeliche battiste.

Se le Sacre Scritture sono dono e viatico al popolo di Dio in cammino, l’obiettivo finale per ogni credente è la domanda: «Che cosa dice a me oggi il testo letto e ascoltato?». E, in successione: «Che cosa vorrei sentirmi dire da colui che si assume la responsabilità di prendere la parola durante una celebrazione?». Ne scaturisce un confronto che aiuta tutti a crescere. Perché nessuno può rimanere passivo sentendosi interpellato direttamente. Sarebbe interessante se anche “Fuoritempio”, la rubrica che da anni, sulle colonne di Adista Notizie, commenta con puntualità e competenza la pagina evangelica domenicale, si incamminasse in questa direzione, sicuramente più impegnativa per chi scrive, indubbiamente più efficace per chi legge. E perché la Parola di Dio non rimanga schiacciata nella celebrazione dei sacramenti, la comunità di Bonefro, un giorno a settimana, pratica il digiuno eucaristico, perché a nutrire sia solo il testo sacro. E a proposito di sacramenti, per cogliere meglio la gratuità di Dio nei nostri confronti, memori dell’evangelico «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», vengono celebrati nella più totale gratuità, senza neppure la maschera pseudo-democratica dell’offerta libera, nuovo e probabilmente più produttivo sinonimo dell’antica tariffa. Per chi alla preghiera in comune vuol far seguire la pur indispensabile carità, e non ha ancora aperto gli occhi sulla realtà bisognosa di soccorso, ogni mese viene indicato un obiettivo, preferibilmente un progetto, verso il quale si può convogliare il proprio sostegno. Tutto è relativo, ama ripetere il vescovo Pedro Casaldaliga, meno Dio e la fame.

La vicenda più travagliata per la comunità è stata il terremoto del 31 ottobre 2002 che ha lacerato muri e coscienze. A nove anni dal sisma la ricostruzione è ancora solo agli inizi e diverse famiglie abitano in casette di legno, ormai fatiscenti, mentre una gran quantità di denaro è stato dilapidato irresponsabilmente e in modo clientelare da chi aveva e tuttora ha il compito istituzionale di presiedere alla ricostruzione. In questo Molise, con i suoi trecentomila abitanti, meno popoloso di un quartiere di Roma, anche l’informazione è in buona parte foraggiata e asservita al potere politico di turno. Non potendo e non volendo rassegnarci a un simile andazzo, dopo un periodo di inutili tentativi di far conoscere come andavano male le cose, abbiamo deciso di mettere su un periodico mensile, la fonte (www.lafonte2004.it), perché richiamasse anzitutto a noi la necessità di far sprizzare sempre notizie attendibili, a cominciare dai paesi vittime del sisma. Il nome è derivato dal fatto che in ogni paese, per i nostri antenati, la fontana era luogo di incontro, di scambio di notizie, di approcci e amoreggiamenti, in una parola di vita, perché la stessa acqua è già di per sé vita. I referendum, da noi sostenuti appassionatamente, hanno mostrato come su certi valori ci si possa ritrovare, lottare e uscirne vincenti. Con il passare degli anni la fonte è diventata sempre più uno strumento di lotta e di proposte, in sostanza un’opportunità per fare cultura alternativa partendo dal basso, in piena libertà, non avendo né padroni né padrini. È una gran bella sfida portarlo avanti mentre tante testate sono costrette a chiudere perché nella nostra società meno cultura si produce e meglio è per chi governa. Nessun ritorno economico per quanti collaborano, ma il lavoro è ripagato dall’interesse con cui è accolto e dalle reazioni che produce. E, proprio come la fonte del villaggio, ci ha fatto incontrare continuamente nuove persone, portatrici di valori e rivendicazioni, disposte ad affiancarsi in modo da fare rete, fronte comune e ampliare così anche i nostri orizzonti. Ne fa fede il sottotitolo: “periodico dei terremotati o di resistenza umana”. Abbiamo assunto, in pratica, come angolo di visuale per leggere gli eventi che incrociano la nostra esistenza, il terremotato, sinonimo della persona in stato di bisogno, schiacciato dal sistema economico e politico o dalla cultura imperante: gay e immigrati, donne oppresse e zingari, precari e vittime di usura, poveri e impoveriti, mai a favore di armamenti e poteri forti, sempre in difesa dell’ambiente. L’angolo di lettura ci rende di parte, che è ben altra cosa dall’essere faziosi, ma viceversa appare fin troppo evidente che chiunque dice di non essere di parte, in buona o cattiva fede, proferisce una grossa idiozia per mascherare soprattutto che sta facendo il gioco del più forte. Il Dio di Gesù Cristo, non quello addomesticato o cloroformizzato da tante chiese, non è forse di parte? O qualcuno avrà l’ardire di dire che è neutrale? Vangelo e giornale allora non solo non sono antitetici, ma si illuminano e mutuano a vicenda e trovano sintesi in ognuno di noi. Lotta e contemplazione non sono due poli opposti e quindi scelte alternative, ma entrambe indispensabili per essere uomini di comunione che danno voce a chi altrimenti non avrebbe voce, visto che molti, pur in difficoltà, non gridano temendo che non ci sia chi è disponibile ad ascoltarli.

Da artigiani di pace abbiamo posto la bandiera con i colori dell’arcobaleno accanto al tabernacolo perché il Cristo è venuto a dare valore all’alleanza cosmica, mai mancata o abrogata, che Dio ha stipulato con Noè e noi, di conseguenza, rifiutiamo riarmo, spese militari e guerre fatte passare impunemente per missioni di pace. La comunità è diventata il luogo fisico di ritrovo per tutta la regione avendo costituito un punto pace di Pax Christi. Accompagniamo il movimento Primomarzo molisano in difesa degli immigrati, perché prima che braccia sono persone. Sul sagrato della chiesa abbiamo esposto uno striscione con la scritta «Io ospito i clandestini. E tu?» dall’approvazione della vergognosa legge, tutta italiana, nota come “Pacchetto Sicurezza” – che criminalizzava gli immigrati irregolari – fino alla risoluzione europea che l’ha condannata con estrema chiarezza.

Pellegrini dell’Assoluto, siamo consapevoli che solo camminando s’apre cammino e perciò non serpeggiano nostalgie preconciliari. Anzi, a ormai cinquanta anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, riteniamo che esso sia una pietra miliare da cui non si può prescindere; deve essere attuato e superato, non rimosso. Ci ha insegnato soprattutto lo stile che come Chiesa dobbiamo avere: non di condanna, ma di ascolto delle speranze e delle ansie delle persone, sempre amate da quel Dio che non può non amare.

Questo spaccato di vita sottende lentezze e ritardi che non ci spaventano, ma neppure ci arrestano. Correre da soli è sempre atto di egoismo, “camminare insieme” è vera politica e in fondo siamo scesi in strada con la certezza che, fianco a fianco, siamo molto più di due.

* Parroco a Bonefro (Cb)

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