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L’ENERGIA CHE NON ASCOLTA. LE COMUNITÀ INDIGENE DEL GUATEMALA IN LOTTA CONTRO L’ENEL

Tratto da: Adista Documenti n° 94 del 17/12/2011

DOC-2398. ROMA-ADISTA. «Contribuiamo con il nostro impegno ad uno sviluppo sostenibile»: così assicura, sul suo sito, l’Enel Green Power, la società del Gruppo Enel impegnata nello sviluppo e nella gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili, presente in America Latina con 32 impianti (in Messico, Costa Rica, Guatemala, Nicaragua, Panama, El Salvador, Cile e Brasile). «La produzione diffusa di elettricità da acqua, sole, vento e calore della terra contribuisce - sottolinea l’azienda, «leader di settore a livello mondiale» - a una maggiore autonomia energetica delle nazioni e, allo stesso tempo, sostiene la salvaguardia dell’ambiente». Ma quanto sia sostenibile lo sviluppo promosso dall’Enel Green Power lo chiarisce ottimamente la vicenda della costruzione della centrale idroelettrica di Palo Viejo, nel municipio guatemalteco di San Juan Cotzal, avviata nel 2008 dall’impresa italiana in accordo con il governo del Guatemala e con le autorità municipali, ma senza informare e consultare le comunità indigene come previsto dalla legislazione nazionale e internazionale (v. Adista nn. 26 e 67/11). Nel più completo ribaltamento del suo slogan - “L’energia che ti ascolta” -, l’Enel, con il pieno supporto dell’ambasciata italiana, non solo ha respinto le richieste della comunità maya ixil, ma, denunciano gli indigeni, ha seguito la via delle intimidazioni e delle minacce, auspicando l’intervento delle autorità guatemalteche per ristabilire “lo Stato di diritto” in difesa dei propri investimenti. Dopo i momenti di drammatica tensione vissuti lo scorso 18 marzo, quando centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa avevano seminato il terrore nella comunità di San Felipe Chenlá, aveva preso il via a maggio, con la mediazione, tra gli altri, di mons. Álvaro Ramazzini, un nuovo tentativo di dialogo, che l’“Energia che ti ascolta” ha però mandato a monte, opponendo un netto rifiuto alle richieste degli indigenirelativamente al diritto di amministrare il 20% dell’energia elettrica prodotta, oltre che a un indennizzo di 8 milioni di quetzales annui nei primi vent’anni per i devastanti danni causati dall’opera. Sulla vertenza, espressione di «una nuova forma di colonizzazione e di saccheggio delle risorse naturale dei popoli indigeni» (vertenza di cui si sta occupando in Italia la “Campagna di solidarietà con le comunità Maya-Ixil del Guatemala”, coordinata da Pippo Tadolini, pippotadolini@tin.it), si è soffermato, durante la sua visita in Italia, Arnoldo Curruchich, assistente legale delle comunità ixil e socio fondatore del Consejo de las Juventudes Maya Garifuna y Xinca, in cui sono rappresentati tutti i 22 popoli indigeni del Guatemala. Adista lo ha intervistato all’indomani della sua partecipazione alla manifestazione nazionale in difesa del voto referendario e contro la svendita dei servizi pubblici locali, svoltasi a Roma il 26 novembre scorso. Di seguito l’intervista. (claudia fanti)

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