Nessun articolo nel carrello

ANTONIETTA POTENTE: USCIAMO DAGLI “EROICI” ANONIMATI E TORNIAMO A FARE VERA TEOLOGIA

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 21/01/2012

36487. ROMA-ADISTA. Discutere, dal basso, in maniera collettiva ed orizzontale, i contenuti dell’appello ai teologi italiani (v. Adista n. 1/12), promosso, tra gli altri, da don Alessandro Santoro, suor Antonietta Potente, fra Benito Fusco e don Pierluigi Di Piazza, in cui si chiede che il dibattito teologico esca finalmente dalle stanze ovattate delle Curie e delle istituzioni accademiche per incarnarsi nella storia dei popoli oppressi, nelle contraddizioni della società contemporanea che genera crisi, guerra, povertà, squilibri climatici. E che chiede risposte, anche dalla teologia: l’appuntamento è a Firenze, il 20 gennaio, alle ore 17, presso la comunità di base delle Piagge (via Lombardia 1p; tel. 055/373737; e-mail: ilmuretto@libero.it), con i promotori e con tutti coloro che condividono i contenuti dell’iniziativa. Contenuti sui quali Adista ha intervistato Antonietta Potente, teologa domenicana, ora in Italia per alcuni incontri e conferenze, ma che dal ‘94 vive e insegna teologia in Bolivia, dove ha avviato una esperienza di vita comunitaria aperta a famiglie di campesinos, artigiani e studenti indigeni. (valerio gigante)

 

Come mai in Italia rispetto al dibattito che sta fiorendo in altri Paesi a livello teologico (il caso Johnson negli Usa, il documento dei 300 teologi tedeschi...) i teologi sono ancora così riluttanti ad affrontare i temi spinosi della Chiesa e della società contemporanea?

Forse la risposta più facile sarebbe: perché siamo vicino al Vaticano con tutto ciò che questo significa, non solo come Stato, ma come Chiesa. In realtà, non credo che questa risposta sia sufficiente. Forse è proprio un tipo di teologia italiana, che è sempre stata più a servizio della Chiesa, con le sua preoccupazioni pastorali e quindi più traduttrice di ciò che si sa, e che bisogna sempre spiegare agli altri, e molto meno preoccupata della ricerca; intendendo la ricerca come un aspetto importante nell’ambito teologico, visto che è uno degli atteggiamenti più belli che possiamo coltivare nei riguardi del Mistero. Parlo però in generale, senza voler fare di ogni erba un fascio. Però noi teologi tendiamo a ritradurre, ma creiamo molto poco, e soprattutto ci costa interpretare. Invece è l’ermeneutica ciò che garantisce la creatività e la partecipazione. E in questo modo tante questioni, legate a cambiamenti storici a trasformazioni sociali, anche se ci interessano, non ispirano la nostra teologia e in questo modo non disturbano nemmeno tanto la struttura ecclesiale.

 

In questo processo, quale ruolo credi abbia avuto il pontificato wojtyliano, in particolare la repressione seguita all’adesione dei 63 teologi italiani al celebre documento di Colonia, del 1989, che è stato forse l’ultimo grande momento di partecipazione ed impegno collettivo da parte dei teologi italiani?

Non ho indugi su rispondere che il pontificato di Giovanni Paolo II ha rimesso in discussione alcuni percorsi iniziati con il Vaticano II. Forse il mio giudizio andrebbe approfondito, ma provo a dire qualcosa: Giovanni Paolo II diede alla Chiesa, o restituì ad essa, l’immagine di una istituzione trionfalista. E anche se parlava di società, ne parlava in una prospettiva egemonica (vedi la sua idea fissa di ri-evangelizzazione), con una visione temporale oltre che spirituale. Dei due, il potere spirituale sembrerebbe di per sé più innocuo; in realtà è il più pericoloso e garantisce il primo. E oggi, purtroppo, questa visione continua a permeare la Chiesa istituzione e la teologia deve scrollarsela di dosso. Vestito delle vesti del pastoralismo, il pontificato wojtyliano ha ridato alla Chiesa – soprattutto italiana – un potere politico e gerarchico. Siamo ritornati così ad una teologia molto clericale, e quindi ad una riflessione teologica piatta, perché il pensiero teologico clericale è un pensiero individualista e allo stesso tempo fatto di “categorie”. Ed è escludente, perché si formula sempre a partire da una esigenza di “mediazione”. Così, la partecipazione di tutti diventa sempre più difficile. Inoltre, questo tipo di teologia non produce un pensiero “femminile” o lo produce in forme stereotipate, cioè legate a un certo modello di donna, ma non alle donne come forza mistico-politica delle culture e delle società. Ma se il pontificato di Giovanni Paolo II ha fatto tanti danni, noi teologi e teologhe non possiamo fermarci solo alla critica: la teologia è una disciplina che ha in sé, per il suo stesso “oggetto” la forza intrinseca di cambiare e di liberarsi. Non solo dunque la Teologia della Liberazione, ma come diceva Raimon Panikkar, la “liberazione della teologia”.

 

Il vostro appello arriva in concomitanza al documento in cui diversi preti del Triveneto chiedono riforme radicali nella Chiesa ed alla lettera che un gruppo di laici e preti scrive ai delegati che parteciperanno al II Convegno ecclesiale delle Chiese del nord-est per invitarli a superare il clericalismo e le compromissioni con il potere che caratterizzano oggi la Chiesa gerarchica. C’é un filo rosso che collega queste iniziative, un’esigenza di rinnovamento che si fa largo nel corpo ecclesiale?

Quando chiesi di voler incontrarmi con teologhe e teologi, io non sapevo di questo humus ecclesiale italiano; ero appena arrivata dalla Bolivia. Il mio interesse era sapere cosa fanno le mie colleghe e i miei colleghi in questo ambito. Sento che la società, nonostante tutto è viva, e invece percepivo un certo silenzio in questo ambito da parte della teologia. Forse alcune critiche ogni tanto emergono, ma restano comunque isolate. La struttura ecclesiale, oggi ha bisogno di una critica propositiva ben articolata e il pensiero teologico potrebbe produrla. Ma non possiamo farlo singolarmente, dobbiamo uscire da questi eroici anonimati. Una Chiesa senza una fecondità teologica, sarà solo una reliquia custodita da pochi. (v. g.)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.