Nessun articolo nel carrello

Opzione preferenziale per i golpisti. La Chiesa paraguayana volta le spalle al popolo

Tratto da: Adista Documenti n° 28 del 21/07/2012

DOC-2458. ASUNCIÓN-ADISTA. E tre. Dopo il golpe in Venezuela (2002) e quello in Honduras (2009), anche nel caso del Paraguay la Chiesa gerarchica è stata motivo di scandalo (v. Adista Notizie n. 25/12). Non si era ancora svolto il giudizio politico contro Fernando Lugo e già la Conferenza episcopale premeva sul presidente per indurlo alla rinuncia. Erano passate appena poche ore dall’impeachment e il nunzio apostolico Eliseo Ariotti era già a colloquio con il presidente illegittimo Federico Franco trasmettendogli la benedizione della Santa Sede. Lo stesso nunzio che subito dopo, nella cattedrale di Asunción, leggeva, alla presenza di Franco, un messaggio in cui il papa invocava sul Paraguay la protezione della Vergine di Caacupé, con l’auspicio che «tutti i figli della nazione paraguayana possano vivere in pace». E, tanto per non farsi mancare nulla, l’arcivescovo coadiutore di Asunción Edmundo Valenzuela veniva immortalato nell’atto di somministrare la comunione al presidente golpista. Ma all’interno della Chiesa paraguayana, e più in generale di quella latinoamericana, esistono posizioni ben diverse. Alla denuncia della Conferenza dei religiosi, che nella sua dichiarazione ha di fatto accusato il Congresso di aver «compromesso gravemente il processo democratico», altre reazioni sono seguite, a cominciare da quella delle “comunità cattoliche ignaziane e affini”, legate ai gesuiti, secondo cui «il giudizio contro Lugo può anche essere legale, ma non è legittimo né giusto».

Sorprendentemente inadeguata è stata invece la reazione al golpe da parte dei Paesi latinoamericani: il Mercosur si è limitato a sospendere il Paraguay fino alle prossime elezioni (che si terranno, come era già previsto, nell’aprile del 2013, quando si sarebbe concluso il mandato di Lugo), escludendo il ricorso a sanzioni economiche, e lo stesso ha fatto l’Unasur. Decisione quanto meno miope, considerando che, come pur hanno fatto notare altri due presidenti a rischio golpe, Evo Morales e Rafael Correa, il mancato ricorso a misure drastiche contro tali rotture dell’ordine democratico significa dare il via libera perché si ripetano. E in piena controffensiva delle destre nel subcontinente latinoamericano non c’è affatto da dormire sonni tranquilli. Uno schiaffo al governo golpista il Mercosur ha comunque voluto darlo, approfittando della sospensione del Paraguay per dare il via libera all’ammissione del Venezuela come membro pieno dell’organismo, che era stata finora ostacolata proprio dal voto contrario del Senato paraguayano (verrà ufficializzata il 31 luglio a Rio de Janeiro).

Cresce intanto all’interno dei popoli latinoamericani il ripudio del colpo di Stato, a cominciare dalla creazione in Paraguay di un Fronte Unico per la Difesa della Democrazia, a cui hanno aderito 14 delle 15 organizzazioni contadine del Paese (sul sito paraguayresiste.com è possibile seguire tutte le attività della resistenza). Ma ovunque si moltiplicano le denunce contro il golpe, ricondotto ad un disegno tracciato dal capitale transnazionale, con Monsanto, Cargill, Syngenta e Río Tinto in testa, per mettere le mani su un’area di grande importanza strategica, destinata alla produzione di agrocombustibili, alla costruzione di centrali idroelettriche e allo sfruttamento minerario. E in tanti puntano il dito contro gli Stati Uniti, per i quali, come scrive Claudia Korol (www.aporrea.org), «il Paraguay è un elemento chiave nel riordinamento geopolitico diretto ad accerchiare il Brasile», la principale minaccia geostrategica per gli Usa, a controllare l’Acuífero Guaraní (la più grande riserva di acqua dolce del mondo), ad assicurare alle transnazionali l’accesso alle «risorse strategiche del futuro» (acqua, biodiversità, fonti energetiche) e a stabilire una base militare nel Cono Sur. Non a caso, la proposta della creazione di una base militare Usa a Mariscal Estigarribia, che era stata archiviata dal governo Lugo, torna oggi prepotentemente in gioco, come indica l’annuncio del presidente della Commissione per la Difesa Nazionale, la Sicurezza e l’Ordine Interno, José López Chavez, sull’avvio di conversazioni con rappresentanti del Pentagono proprio riguardo all’installazione di una base militare sul territorio paraguayano.

Di certo, secondo i movimenti popolari, da quanto accaduto in Paraguay i governi della regione dovrebbero trarre una lezione importante: come evidenzia il documento “Paraguay: Ocupación corporativa y Tejido de Resistencia de los Pueblos”, promosso da un gruppo di organizzazioni popolari e di personalità di spicco, «vincere con il popolo e governare con la destra», che è quanto ha finito per fare Fernando Lugo, indebolisce lo Stato e crea malcontento tra i cittadini. Cosicché la destra ha poi gioco facile nello sfruttare la fragilità e il discredito di un governo «che non ha saputo o potuto governare con e per il popolo» per sferrare il suo attacco decisivo. E limitarsi poi ad aspettare che la reazione internazionale si spenga - o che, come avvenuto in Honduras, per «convenienze pratiche» si cerchi infine un accordo, con conseguente legittimazione del governo golpista - e che la resistenza interna si indebolisca sotto i colpi concentrici della repressione, della stanchezza e, spesso e volentieri, della mancanza di una visione strategica. È quanto sottolinea anche Frei Betto: «La primavera democratica vissuta dall’America Latina può trasformarsi in poco tempo in un lungo inverno, nel caso in cui i governi progressisti e istituzioni come l’Unasur, il Mercosur e l’Alba non si convincano che al di fuori del popolo mobilitato e organizzato non c’è salvezza».

Di seguito, il “Comunicato delle comunità cattoliche ignaziane e affini”, pubblicato sul sito della Provincia dei Gesuiti del Paraguay (26/06), il messaggio del “Gruppo di Sacerdoti impegnato nell’Opzione per i Poveri” dell’Argentina (Redes Cristianas, 3/7), l’appello ecumenico di solidarietà con il popolo paraguayano, firmato tra gli altri dal Cebi (Centro Ecuménico de Estudos Bíblicos) e dalla Comisión de Justicia, Paz e Integridad de la Creación dei Missionari Claretiani (Argentina, Uruguay, Paraguay, Cile) (movimientos.org), e l’articolo scritto dal vescovo brasiliano dom Demétrio Valentini (Adital, 6/7). (claudia fanti)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.