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NUOVA REGOLA: NESSUNA REGOLA. SUI PROCEDIMENTI CONTRO I TEOLOGI I VESCOVI USA MISCHIANO LE CARTE

Tratto da: Adista Notizie n° 30 del 01/09/2012

36817. WASHINGTON-ADISTA. Mentre, lo scorso anno, i vescovi degli Stati Uniti venivano diffusamente criticati per aver negato alla teologa statunitense suor Elizabeth Johnson, attaccata formalmente per il suo pluripremiato libro Quest for the Living God: Mapping Frontiers of the Theology of God (v. Adista nn. 30, 32, 35, 48/11), il “processo di dialogo” previsto dalle loro stesse linee guida nel rapporto con i teologi (il testo Doctrinal Responsibilities del 1989), in silenzio si apprestavano a redigere un ulteriore documento ad uso interno che non prevedeva l’obbligo di tale consultazione.

Di questa nuova procedura, che data 19 agosto 2011, ha parlato per la prima volta il teologo James A. Coriden, docente di Diritto canonico presso la Washington Theological Union, in un articolo apparso sul numero 2/2012 della rivista teologica Concilium, dedicato al rapporto tra Magistero e teologia. Il nuovo protocollo, una “bozza” in cinque pagine di cui Coriden ha ottenuto una copia, individua tre fasi di risposta della Commissione dottrinale ai teologi sotto osservazione: un’analisi preliminare, preparata dal direttore esecutivo per il presidente della Commissione, in cui vengono spiegate le ragioni dottrinali in esame; una revisione accademica, tramite la quale la commissione può stabilire di dedicare una valutazione più approfondita allo scritto, affidata a due esperti, sulla base del Catechismo della Chiesa cattolica; infine, una possibilità di risposta, ovvero la decisione di non proseguire l’indagine laddove non ce ne sia motivo o, al contrario, di adottare un provvedimento. Provvedimento che può assumere diverse forme: il coinvolgimento del vescovo diocesano, della Congregazione per la Dottrina della Fede o di un’altra Commissione episcopale, oppure l’intervento diretto della stessa Commissione dottrinale. Questo può avvenire in diversi modi, impegnando l’autore in un dialogo costruttivo, affidando a un accademico una critica dello scritto, diffondendone una recensione scientifica, o emettendo una dichiarazione formale a proprio nome. Ed è proprio qui che si giunge al punto più spinoso della questione.

L’aspetto più significativo – e preoccupante, dal punto di vista dei teologi – del nuovo protocollo è che la Commissione stessa, scrive Coriden, «si riserva il diritto di pubblicare queste sue dichiarazioni riguardanti lo scritto indagato senza previa consultazione dell’autore “se giudica che l’intervento sia necessario per la guida pastorale dei fedeli cattolici”». In pratica, così facendo i vescovi legittimano “ex post” il mancato dialogo con la Johnson che tanto aveva indignato il mondo teologico e accademico statunitense qualche mese prima.

Le procedure, osserva Coriden, arrivano alla terza fase senza che né il diretto interessato, né il suo vescovo o il suo superiore religioso siano minimamente a conoscenza dell’indagine in corso. Qualora la commissione decida di coinvolgere l’autore, questi dovrà pubblicare chiarimenti e correzioni: come dire che egli è, in ogni caso, presunto colpevole. Nelle linee guida precedenti, spiega Coriden, l’obiettivo era invece quello di «risolvere qualsiasi equivoco tra vescovo e teologi» e di raggiungere un accordo: un processo «dialogico fin dall’inizio», spiega, con «esplicita presunzione di sana dottrina»: l’autore è innocente fino a prova contraria, insomma, e non c’è nulla di segreto, dal momento che il carattere confidenziale è frutto di un accordo tra le parti.

In conclusione, il teologo canonista propone che la Catholic Theological Society of America (Ctsa) e la Canon Law Society of America – gli organismi che più avevano criticato nel 2011 la prassi dei vescovi nei confronti della Johnson – riprendano in mano la questione per intraprendere l’aggiornamento del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede Regolamento per l’esame delle dottrine e di Doctrinal Responsibilities e studiare il ruolo della Commissione dottrinale dei vescovi Usa. Il motivo è evidente: «Non sembra più opportuno – conclude Coriden – quando ci sono rimostranze sugli scritti di qualche teologo o una richiesta di assistenza della Commissione dottrinale episcopale riguardante casi analoghi, imboccare la via del dialogo e della discussione piuttosto che intraprendere il percorso dell’inchiesta confidenziale e di una dichiarazione pubblica a sorpresa?».

In ogni caso, l’esistenza del nuovo protocollo era sconosciuta ai più. Il settimanale cattolico Usa National Catholic Reporter, che ha ripreso la notizia della nuova procedura, ha interpellato in proposito diversi eminenti teologi, che sono caduti dalle nuvole. Per Terence Tilley, capo del dipartimento di Teologia della Fordham University, la procedura, con il suo non obbligo di un dialogo con i teologi sotto indagine, bypassa pericolosamente il canone 221 del Codice di Diritto canonico, che prevede per i fedeli il diritto di «rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma di diritto». (ludovica eugenio)

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