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Feconde a norma di legge

- Per la Torah, la donna è «impura» per due settimane al mese. L’impegno di un ginecologo israeliano credente per ridurre tale periodo

Tratto da: Adista Contesti n° 43 del 01/12/2012

Tratto dal quotidiano spagnolo El País (4 novembre 2012). Titolo originale: “Muchas parejas no son religiosas por los límites al sexo”. El ginecólogo judío defiende una interpretación más laxa de la Torá

Prendere un caffè con Daniel Rosenak è immergersi in un mondo che organizza il sesso secondo regole difficili da comprendere per quanti – e soprattutto quante – non condividono il giudaismo ortodosso. Arriva correndo, agghindato con la kippah che indica che si tratta di un ebreo osservante. È un ginecologo israeliano che ha avuto un eco monumentale con la pubblicazione di un libro intitolato Per restaurare lo splendore sulle norme religiose che stabiliscono quando una donna può avere relazioni sessuali e quando no. I suoi 25 anni di esperienza come ginecologo in un quartiere ultraortodosso di Gerusalemme gli son serviti per arrivare a conclusioni che non sono piaciute alle autorità rabbiniche, ora sono sul piede di guerra contro di lui.

Le cosiddette leggi della purezza familiare del giudaismo ultraortodosso stabiliscono che la donna è “impura” quando è in fase mestruale. Durante questo periodo, e per altri sette giorni, le leggi della Torah proibiscono agli uomini di avvicinarsi alle donne, di sesso evidentemente neanche a parlarne. Durante questi giorni, le coppie non condividono nemmeno il divano, né si passano il sale perché questo equivale a toccarsi. A Rosenak, uomo di fervide credenze religiose, tutto questo sembra bene. Per lui, il problema è nei tempi. Secondo la sua interpretazione dei testi sacri, il periodo di nidda (non-purezza) dura sette giorni e non due settimane, come è detto in quella che è solo una interpretazione talmudica mutevole.

Il cambiamento che il ginecologo propone in questa arciregolata questione è, secondo il suo criterio medico, cruciale. «Ora si proibisce alle donne di avere relazioni nei sette giorni seguenti la fine del ciclo, che coincide con quelli di maggiore desiderio sessuale. Ma queste norme rendono difficile avere figli alle donne il cui periodo fertile è incompatibile con il calendario rabbinico». Non avere discendenza è molto grave nella comunità ultrareligiosa, dove in parte il prestigio sociale si misura sul numero dei figli. Rosenak calcola che a circa un 4% delle donne religiose si diagnostica per questo motivo una falsa infertilità. Afferma anche che fra il 60 e il 70% delle israeliane cercano di rispettare le leggi della purezza familiare. In parte, dice, per i timori e le superstizioni che attorniano i temi di alcova nei circoli religiosi. Pensano che si possono “ammalare e magari morire” se violano del leggi della nidda.

«Io propongo di ripristinare la legge originale della Torah. Così le coppie possono avere tre settimane di intimità al mese invece di due. Credo che questo sarebbe un bene per loro», sostiene in una caffetteria frequentata da persone religiose e situata vicina al centro di Gerusalemme.

La pubblicazione del libro gli è valsa una potente campagna di discredito. I rabbini hanno scritto articoli contro di lui, che ha anche cominciato a ricevere minacce. Il ginecologo, tuttavia, continua deciso a mettere in discussione alcune interpretazioni fatte da e per maschi. Lo fa, inoltre, da una prospettiva strettamente religiosa. «Ci sono molte coppie che non sono religiose perché non vogliono passare la metà della loro vita senza toccarsi per le limitazioni imposte al sesso. Credo che, se questo cambiasse, molta più gente si unirebbe al giudaismo religioso», sostiene. Beve il tipico mega-cappuccino con schiuma densa che servono in Israele e se ne va fischiettando verso il consultorio, con abbondante clientela di donne incinte, attrezzate con cappelli e parrucche per nascondere i capelli. Le critiche dei rabbini non hanno svuotato l’ambulatorio di Rosenak.

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