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USA: MINISTERI ORDINATI FEMMINILI NELLA CHIESA? MANCO A PARLARNE

Tratto da: Adista Notizie n° 46 del 22/12/2012

36976. DUBLINO-ADISTA. Si sono detti «rattristati e indignati» per la dimissione dallo stato clericale di p. Roy Bourgeois, il religioso pacifista statunitense punito dal Vaticano per il proprio appoggio alla causa dell’ordinazione sacerdotale femminile (v. Adista Notizie n. 43/12 ), gli aderenti dell’Associazione dei Preti cattolici, organismo irlandese fondato due anni fa che raccoglie circa un quarto dei sacerdoti del Paese (mille su un totale di 4mila) e che si batte per l’applicazione dell’insegnamento del Concilio Vaticano II e per una sostanziale riforma del governo della Chiesa. In una dichiarazione diffusa il 7 dicembre, i preti irlandesi affermano che «questo genere di provvedimento, ordinato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e applicato dalla congregazione di Maryknoll (la società di vita apostolica di appartenenza di Bourgeois, ndr) è ingiusto e in definitiva controproducente. Espellere le persone perché in buona coscienza hanno espresso posizioni contrarie a quelle del Vaticano, ma ampiamente condivise dai cattolici, non porrà fine al dibattito su questi temi».

In realtà, prosegue il documento, firmato da p. P. J. Madden, p. Sean McDonagh, p. Brendan Hoban e p. Tony Flannery (cui il Vaticano ha imposto il silenzio per le sue posizioni, v. Adista Notizie n. 18/12), questa misura non fa altro che evidenziare l’urgenza di affrontare i problemi che ruotano attorno al ministero nella Chiesa: «I partecipanti a un “processo di ascolto” durato un anno nella diocesi di Killaloe, diocesi irlandese prettamente rurale, hanno espresso l’opinione che l’ordinazione femminile debba essere discussa apertamente, soprattutto considerata la carenza di preti nei prossimi anni». Si tratta di uno dei tanti esempi con cui il sensum fidelium chiama la Chiesa al cambiamento perché l’eucaristia sia sempre accessibile alla comunità ecclesiale. L’Associazione, quindi, fa appello alla Congregazione per la Dottrina della Fede affinché «reintegri p. Bourgeois nel pieno esercizio del suo ministero e permetta una discussione aperta e onesta su temi di vitale importanza per il futuro della Chiesa».

Un altro caso Bourgeois?

Nel frattempo, un altro prete statunitense, che il 17 novembre scorso ha concelebrato una messa con una donna ordinata nell’ambito del movimento internazionale Roman Catholic Women Priests, il gesuita p. Bill Brennan, 92 anni, è stato sospeso a divinis dal proprio arcivescovo, mons. Jerome Listecki di Milwaukee, che gli ha anche ingiunto di non avere contatti con i media, di non presentarsi come gesuita ad occasioni pubbliche e di non lasciare l’area di Milwaukee «per alcuna ragione» senza il suo permesso. La messa in questione è stata celebrata durante l’assemblea annuale del Soa Watch, l’osservatorio sulla Scuola delle Americhe (centro di addestramento militare in Georgia che ha formato l’intellighenzia dei regimi dittatoriali latinoamericani) fondato nel 1990 da p. Bourgeois.

Non è chiarissimo, però, a chi vada la paternità del provvedimento contro l’anziano gesuita. Se, infatti, da parte della Compagnia di Gesù l’intenzione è di «non prendere ulteriori provvedimenti», come ha detto il direttore delle comunicazioni della provincia Chicago-Detroit Jeremy Langford, definendo Brennan «un gesuita meraviglioso» che ha lottato «per tutta la vita per grandi cause», è stato affermato anche che la decisione di punire Brennan deriva «da una conversazione con l’arcidiocesi di Milwaukee». Elemento, questo, confermato dall’arcidiocesi stessa: le restrizioni, ha detto la portavoce Julie Wolf, sono state il frutto di un «accordo» tra l’arcivescovo e il superiore provinciale gesuita p. Tom Lawler.

Brennan appoggia l’ordinazione femminile sulla base di un principio di pari opportunità di genere, equiparandola all’estensione del voto alle donne. Prima di decidere se partecipare alla celebrazione eucaristica di novembre, si legge sul settimanale National Catholic Reporter (3/12), il gesuita si era consultato con Lawler, poiché inevitabilmente l’invito a concelebrare una messa insieme a Janice Sevre-Duszynska (la cui ordinazione nel 2008 fu, per Roy Bourgeois che vi partecipò, la causa scatenante della punizione di cui è stato poi oggetto) rappresentava per lui un «reale, autentico problema di coscienza»: «Non intendo sfidare la Chiesa, ma perché questo privilegio maschile di celebrare la messa e predicare? Non vale la pena discuterne?». Lawler gli ha risposto di non prendervi parte. «Ma io sentivo che si trattava di una questione terrena, che non può ammantarsi di dettati spirituali o autoritari». E d’altronde, «quando hai un problema di coscienza, devi seguire la tua coscienza e poi assumerti le conseguenze. Io devo assumermi le conseguenze».

Il diaconato femminile? Un tema aperto

Che il sacerdozio femminile sia un argomento tabù per il Vaticano, che afferma che non può più essere oggetto di dibattito, è cosa nota. Meno lo è il fatto che lo sia anche il diaconato femminile, come dimostra la vicenda – anch’essa statunitense – di William Ditewig, teologo docente alla Santa Clara University, gesuita, diacono, dal 2002 al 2007 a capo del segretariato dei vescovi per il diaconato. Autore di una decina di pubblicazioni su diaconato permanente e ministeri laici, è stato ora censurato per aver scritto, in collaborazione con altri due teologi, Gary Macy della Santa Clara University e Phyllis Zagano della Hofstra University, un libro che fa il punto sul diaconato femminile. La commissione incaricata di approvare i relatori a eventi istituzionali dell’arcidiocesi di Philadelphia, cui Ditewig appartiene, gli ha vietato formalmente di parlare in pubblico ad una conferenza in programma per il prossimo marzo sul tema del diaconato poiché la sua presenza causerebbe «confusione dottrinale». Il teologo, sostiene la commissione, «ha scritto pubblicazioni in cui appoggia il diaconato femminile basandosi su una lettura dei dati storici che non concorda con i dati della Tradizione nel suo insieme».

Il libro “incriminato”, ha spiegato Ditewig secondo quanto si legge sul settimanale National Catholic Reporter (6/12), intitolato Women Deacons: Past, Present and Future, ha lo scopo di “puntualizzare la questione” dell’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica, che finora è stata focalizzata soprattutto sull’ordinazione sacerdotale. «Quando la Santa Sede afferma di non avere l’autorità di ordinare le donne al sacerdozio – ha spiegato il teologo – parla di un aspetto molto specifico. Lascia fuori dalla discussione il diaconato perché questo non rientra nel sacerdozio». «La nostra posizione di studiosi e accademici – ha continuato – è che occorre definire più precisamente la questione. Il tema generico dell’ordinazione femminile è troppo ampio. E quello dell’ordinazione diaconale delle donne è stato un aspetto specifico che doveva essere affrontato autonomamente, distintamente rispetto a qualsiasi altra discussione sul sacerdozio».

Il tema del diaconato femminile, però, è tutt’altro che chiuso. Recentemente, il card. Francis George di Chicago ha affermato che si tratta di «una questione aperta». Ma anche in questo caso sembra che non se ne possa parlare: «Non sarebbe stata la sede giusta per una questione ancora aperta, oggetto di dibattito teologico in questo momento», ha detto Kenneth Gavin, portavoce dell’arcidiocesi di Philadelphia, spiegando che la relazione di Ditewig si sarebbe inserita in un contesto di formazione e non di dibattito. Il teologo ha replicato affermando di essere stato invitato «per fornire un aggiornamento sullo stato del diaconato. Non avrei parlato del diaconato femminile». E se è vero che la Commissione dell’arcidiocesi non cita il libro di Ditewig sul diaconato femminile, ma fa riferimento genericamente a «pubblicazioni e post», afferma tuttavia che «se il Magistero non ha emesso un pronunciamento definitivo» su alcune posizioni del teologo, «si può affermare che il magistero universale ordinario va in direzione contraria alle sue posizioni». (ludovica eugenio)

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