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Se la notte avanza

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 17/01/2015

Difficile conciliare sgomento viscerale e lucidità mentale davanti ai filmati della strage del Charlie Hebdo di Parigi. Difficile, ma necessario. Le questioni che s’impongono sono almeno tre.

Alla prima sarà difficile rispondere: gli assassini sono schegge impazzite o militanti super-addestrati di organizzazioni fondamentaliste o sicari a servizio di poteri reazionari europei? La diabolica efficienza militare dell’azione farebbe propendere per le due ultime ipotesi. In ogni caso, operazioni del genere vengono concepite e attuate come detonatori per far esplodere un contesto esplosivo di suo. 

E qui emerge il secondo interrogativo: come siamo arrivati a questi livelli di incandescenza? Gli storici sono abbastanza concordi: il fondamentalismo islamico è frutto, reattivo, del colonialismo imperialistico occidentale. Per mobilitare le masse contro la dominazione politica e/o economica occidentale molti leader hanno ritenuto più efficace brandire il Corano come simbolo identitario che ricorrere a manifesti ideologico-politici di minore impatto emotivo. Si è trattato di una strategia intrinsecamente e oggettivamente blasfema: strumentalizzare un Libro ritenuto ispirato di origine divina per scopi terreni, molto terreni. 

Che fare adesso? E siamo alla terza, più angosciante, questione. Per non sbagliare troppo può essere d’aiuto analizzare le risposte fallimentari registrate nel recente passato. A cominciare dalla reazione del fondamentalismo cristiano della Destra religiosa e politica statunitense incarnata dalla spettacolarmente ignorante dinastia Bush (con le patetiche fotocopie di ducetti nostrani alla Berlusconi e Salvini a cui nessuno ha mai raccontato il debito della cultura italiana ed europea alla Mecca, paragonabile solo all’eredità di Atene e di Gerusalemme): accettare che lo scontro fra una minoranza fanatica e la coscienza civile dell’umanità venisse interpretato, e propagandato, come conflitto religioso. Quando Bush ha promosso se stesso a capo dell’impero del bene contro l’impero del male ha regalato agli avversari la vittoria più ambita: ha trasformato in  “scontro di civiltà” ciò che invece si sarebbe dovuto condannare, realisticamente, come scontro di nuclei minoritari contro “la” civiltà (poliedrica, multiversale, polifonica) che – a partire da premesse teologiche e filosofiche differenti: ebraismo, cristianesimo, islamismo, induismo, buddhismo, illuminismo liberale, socialismo… – si è già riconosciuta nella Dichiarazione dei diritti umani proclamata dall’ONU nel gennaio del 1948. 

Non so come, ma mi pare evidente che si debba ricominciare da questa Carta come discrimine: chi l’accetta (a parole e nei fatti) è da una parte, chi la rinnega è dall’altra. Tutte le altre differenze devono essere considerate non irrilevanti, ma secondarie. Due cittadini, due Stati, due Comunità religiose che si riconoscono nella Dichiarazione delle Nazioni Unite devono percepirsi come sodali tra loro; netta, severa, deve essere invece avvertita la differenza irriducibile (anche dentro il medesimo Stato, anche dentro la medesima Comunità) con il concittadino o con il correligionario che, sulla base di suoi percorsi mentali, arrivi a negare i diritti della persona umana in quanto tale (dunque a qualsiasi genere appartenga). 

Senza questo spartiacque l’umanità sprofonderà nella notte in cui è stata immersa dal Secondo conflitto mondiale nella metà del XX secolo: in una notte così oscura che solo il fuoco vigliacco di chi non ha abbastanza fede nelle proprie idee (né nel proprio Dio) potrà sinistramente illuminare.

* saggista, presidente della scuola di formazione etico-politica “Giovanni Falcone” e coordinatore del comitato promotore del progetto “Palermo spiritualità”. Tra i suoi ultimi libri: “Il Dio dei leghisti” (San Paolo, 2012). www.augustocavadi.com

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