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Parte il Sinodo. Ma col freno tirato

Parte il Sinodo. Ma col freno tirato

Parte in salita l’Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia inaugurata domenica 4 ottobre con una messa a San Pietro presieduta da papa Francesco.

La relazione introduttiva del relatore generale, il card. Péter Erdo, arcivescovo di Budapest – che lunedì 5 ottobre ha aperto formalmente i lavori con la prima congregazione generale – ribadisce infatti una serie di no che sembrano azzerare le risposte dei cattolici di tutto il mondo ai due questionari diffusi dalla Segreteria del Sinodo per preparare i due Instrumentum laboris, i risultati della prima Assemblea dei vescovi dell’ottobre 2014 e l’intero dibattito sinodale. No alla comunione ai divorziati risposati, no alle convivenze e ai matrimoni civili se non sono orientati verso il matrimonio religioso, no alle coppie omosessuali, no alla contraccezione, ha detto Erdo, chiudendo tutte le porte che avevano visto aprirsi qualche spiraglio, perlomeno su alcuni aspetti. Ed è forse per questo che il direttore della Sala stampa della Santa Sede, p. Federico Lombardi, ha voluto precisare in conferenza stampa: «Il Sinodo comincia oggi, non finisce oggi».

Papa Francesco, durante l’omelia di domenica, ha ricordato alcune parole profetiche di Gesù («il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato»; «non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati») e ha invitato i vescovi al dialogo con la società contemporanea: «Una Chiesa con le porte chiuse tradisce se stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera». All’interno però di un discorso in cui ha ribadito la dottrina tradizionale sul matrimonio («unione di amore tra uomo e donna, feconda nella donazione reciproca») e «l’indissolubilità del vincolo coniugale» («l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto»), ammonendo la Chiesa «a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti».

Insomma il dibattito è aperto ma i paletti sembrano stretti. Inamovibili secondo Erdo il quale, dopo aver illustrato in maniera articolata gli elementi «esterni» che contribuiscono a disgregare la famiglia («cambiamenti climatici ed ambientali», «ingiustizia sociale, violenze, guerre che spingono milioni di persone a lasciare la loro terra d’origine» mandando quindi in frantumi le famiglie; «salari così bassi» che ne impediscono la formazione), ha accusato soprattutto il «cambiamento antropologico», «l’individualismo», la fuga dalle responsabilità, la diffusione dell’"ideologia del gender" («teorie secondo le quali l’identità personale e l’intimità affettiva devono affermarsi in una dimensione radicalmente svincolata dalla diversità biologica fra maschio e femmina») e il riconoscimento delle unioni omosessuali («riconoscere alla stabilità di una coppia istituita indipendentemente dalla differenza sessuale la stessa titolarità della relazione matrimoniale intrinsecamente legata ai ruoli paterno e materno, definiti a partire dalla biologia della generazione»).

Qual è allora il compito della Chiesa? Usare la «misericordia che si basa sulla verità». Ovvero riaffermare la dottrina tradizionale sulla famiglia, a partire dalla «unione indissolubile del matrimonio tra l’uomo e la donna».

Erdo entra nel merito dei singoli punti caldi. No alla comunione ai divorziati risposati. «Riguardo ai divorziati e risposati civilmente – spiega – è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Il peccato di cui può trattarsi in questo caso non è soprattutto il comportamento che può aver provocato il divorzio nel primo matrimonio. Riguardo a quel fatto è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli, anche se molto spesso entrambe sono in una certa misura responsabili. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia». L’unica possibilità resta quella di vivere la loro relazione nella «continenza», ovvero senza rapporti sessuali.

E non è ricevibile nemmeno l’ipotesi di seconde nozze dopo un periodo di penitenza, come nella Chiesa dei primi secoli e nelle Chiese ortodosse. «Per quanto riguarda il riferimento alla prassi pastorale delle Chiese ortodosse – aggiunge –, essa non può essere valutata giustamente usando solo l’apparato concettuale sviluppatosi in Occidente nel secondo Millennio. Va tenuta presente la grande differenza istituzionale riguardo ai tribunali della Chiesa, nonché il rispetto speciale verso la legislazione degli Stati, che a volte può diventare critica, se le leggi dello Stato si staccano dalla verità del matrimonio secondo il disegno del Creatore».

Non c’è alcuna possibilità, non esistono vie mediane, perché «tra il vero e il falso, tra il bene e il male non c’è gradualità».

Di coppie omosessuali nemmeno a parlarne: «Ogni persona va rispettata nella sua dignità indipendemente dalla sua tendenza sessuale», dice Erdo, ma «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sulla famiglia».

E non si discute nemmeno sulla contraccezione: l'«apertura alla vita» – ovvero la procreazione all’interno della coppia – è una «esigenza intrinseca dell’amore coniugale» e non si può ridurre «ad una variabile della progettazione individuale o di coppia». La contraccezione artificiale quindi – conferma il relatore generale – resta bandita. L’unica possibilità rimane il ricorso ai «metodi naturali».

«Se vi aspettate stravolgimenti della dottrina resterete delusi», risponde ai giornalisti l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois. Più possibilista il card. Bruno Forte, anche se lascia intendere che aperture sono possibili solo sul piano pastorale: «Non ci stiamo riunendo per non dire nulla. Le sfide ci sono e vogliamo affrontarle con responsabilità, intervenendo sulla pastorale». «Il Sinodo non è un parlamento, dove per raggiungere un consenso o un accordo comune si occorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi, ma l’unico metodo è quello di aprirsi allo Spirito Santo», spiega papa Francesco.

Il dibattito fra i 270 padri sinodali è cominciato lunedì: tre settimane di discussione, tre minuti di intervento a testa in Assemblea, più tempo invece nei 13 circoli minori per gruppi linguistici. Il 24 ottobre le votazioni e la consegna della Relazione finale al papa. Il giorno dopo il Sinodo si concluderà come è iniziato, con una messa a San Pietro. E si capirà che Chiesa è quella di Francesco: immutabile o disposta al cambiamento?

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