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Non si può imbrigliare il movimento. Intervista a Consiglia Salvio

Non si può imbrigliare il movimento. Intervista a Consiglia Salvio

Tratto da: Adista Documenti n° 41 del 26/11/2016

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Che valutazione offri di questo III Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari?

Questa iniziativa di papa Francesco, ovvero quella di riunire i movimenti popolari del mondo, può produrre senz'altro frutti positivi. È un dono prezioso, che dobbiamo accogliere e fare nostro, creando legami con tutte le realtà con cui abbiamo avuto l'occasione di confrontarci. È stato importante ascoltare le denunce dei relatori, è stato emozionante sentire le sofferenze delle persone che vivono sulla loro pelle le ingiustizie del mondo, ma dobbiamo uscire da qui anche arrabbiati, motivati. La denuncia è essenziale e l'emozione ci rende umani, ma, di fronte a quanto sta avvenendo intorno a noi, adesso dobbiamo rivendicare il diritto alla rabbia. E questo diritto ci deve far gridare forte. Ci deve far gridare la nostra volontà di combattere il sistema che ci vuole ignoranti, ubbidienti, impotenti. E ci deve far credere nella nostra capacità di dimostrare che si può vincere, che insieme si è più forti, che si può riuscire a farsi ascoltare e che si può essere anche vincenti. Noi, come Comitato Acqua Pubblica di Napoli, abbiamo dimostrato quanto questo sia vero, quando, nel 2006, siamo riusciti, unendo tutte le nostre forze, a ottenere il ritiro della delibera con cui, nel 2004, si era deciso di privatizzare la gestione del servizio idrico dei 136 Comuni di Napoli e Caserta, affidando all'Acea SpA una prima parte di quote azionarie, relativamente alla gestione del servizio idrico.

Il sindaco De Magistris nel 2011 ha trasformato la vecchia azienda Arin spa in Abc (Acqua bene comune) Napoli – lo aveva promesso in campagna elettorale, su forte pressione di Alex Zanotelli e del comitato –, a cui finalmente, nel 2015, il consiglio comunale ha affidato la gestione dell’acqua per trent’anni, votando uno Statuto in cui è previsto che l’1% degli utili venga destinato a progetti internazionali di solidarietà (un compito realizzato dal già presidente Maurizio Montalto) e che i comitati per l’acqua possano presenziare al cda di Abc come delegazione del consiglio civico (organo democratico cittadino ideato e costituito dal comitato, aperto a tutti coloro che desiderano portare il loro contributo alla causa comune). Un caso unico in Italia, così come Napoli è l'unica grande città d'Italia ad aver attuato l'esito referendario del 2011. Ma, se siamo riusciti in questa impresa, è perché abbiamo creato connessioni, abbiamo fatto rete,  ci siamo messi insieme con tutte le nostre differenze e abbiamo deciso di parlare alla gente, facendo comprendere il rischio, non solo economico, della privatizzazione dell'acqua. Spesso le persone si rivolgono a noi quando viene loro tagliata l'acqua o quando, per diverse ragioni, non riescono a pagare la bolletta, ma non si dovrebbe mai arrivare a queste situazioni limite. Dobbiamo realizzare un'opera che io chiamerei di “prevenzione del futuro”. La terra oggi assomiglia a un grande supermercato, dove chi ha soldi può permettersi non solo di comprare quello che vuole, ma anche di sprecare e di inquinare, mentre la povera gente, che rappresenta la grande maggioranza della popolazione, deve sottostare a quello che decide l'élite. Ecco allora che la voce deve venir fuori, e deve alzarsi forte. È una questione di dignità e di giustizia. 

Perché alla grande capacità di analisi dei movimenti non corrisponde un'adeguata capacità di azione? A cosa si deve questa debolezza?

Si tratta di un aspetto che si riscontra spesso, è vero. Ci troviamo in una fase cruciale. Il nostro compito, una volta tracciata l'analisi, una volta espressa la denuncia, una volta lanciato il grido di allarme, deve essere quello di agire con la massima concretezza. Ecco perché io, come donna, madre e attivista, scelgo di essere quanto più concreta possibile. Occorre individuare dei livelli, delle scale di valori, e poi mettersi al lavoro. Cos'è che bisogna fare? Alla base di tutto dev'esserci la conoscenza: io cittadino/a devo sapere perché l'acqua deve essere un diritto e non un bisogno, e perché la gestione deve essere pubblica e non privata. Devo sapere, studiare, imparare. La più grande paura del malaffare, della malapolitica, delle varie forme di camorra è il sapere: è un concetto primario per cui facciamo educazione nelle scuole. Ma, dopo aver saputo e fatto sapere, bisogna agire. E farlo con costanza, perché oggi possiamo essere tremila, domani trecento, ma dopodomani 3 milioni. È questa la dinamica dei movimenti. Siamo, per l'appunto, in movimento e la storia mi ha insegnato che non bisogna mai demordere, anche quando tutto sembra remare contro, perché poi, improvvisamente, si rinasce. È vero, a volte mancano proposte di azione concrete e a volte sembra che non si faccia nulla di veramente utile. In realtà, quello che occorre è coordinare le tante iniziative che si promuovono sui territori. Ho voluto riflettere sulla questione dei territori, perché spesso si ha l'impressione che si può vincere solo se si è grandi. No, si vince se si crea coscienza tra i cittadini, che poi a loro volta si impegneranno per coinvolgere altri. Per questo dobbiamo “fare movimento” tra la gente, parlare, istruire e coinvolgere. Quando sono coinvolte – è la storia che ce lo ha insegnato –, le persone rispondono con una fortissima partecipazione, altrimenti, nei primi sei mesi del 2007, non avremmo mai potuto raccogliere, per la legge di iniziativa popolare dal titolo “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico” (il cui testo è stato definitivamente approvato nell’assemblea nazionale del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua il 7 ottobre 2006) un numero di firme otto volte più alto di quello necessario. E, naturalmente, non avremmo mai potuto vincere il referendum nel 2011.

In che modo i movimenti italiani possono inserirsi in questo processo dell'Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari? È possibile superare l'attuale frammentazione e riannodare un dialogo che si è forse un po' perduto?

Per quanto riguarda la presenza italiana in questo incontro, c'è stato, credo, un difetto di informazione (non di comunicazione), nel senso che in molti hanno capito che il momento di confronto tra movimenti italiani e stranieri avrebbe avuto luogo nell'evento conclusivo con il papa del 5 novembre, mentre, in realtà, è qui (nel Collegio Mater Ecclesiae, dove, ai due delegati “ufficiali” chiamati a rappresentare il nostro Paese, si sono aggiunti diversi altri esponenti dei movimenti italiani, ndr) che ci siamo incontrati e ascoltati per tre giorni. Tutto è migliorabile, ovviamente. 

Ma, tornando alla domanda iniziale, secondo me non si può parlare di frammentazione relativamente all'impegno dei singoli comitati attivi su tematiche locali: sarebbe un errore pretendere di ritrovarci sempre insieme attorno allo stesso progetto. È invece necessario farlo su progetti comuni a livello allargato. Quando abbiamo raccolto le firme per la Legge di iniziativa popolare per la gestione del servizio idrico, in tanti si sono impegnati per garantire il successo dell'iniziativa, ed è grazie all'impegno di tutti i comitati italiani che abbiamo raccolto un numero di firme otto volte maggiore a quello richiesto. Allo stesso modo, tutti si sono dati da fare per il referendum 2011, riuscendo a portare alle urne 27 milioni di italiani (con il 98% dei voti a favore della gestione pubblica e partecipata dell'acqua). A livello internazionale, insieme agli altri attivisti europei abbiamo raccolto due milioni di firme per il diritto all'acqua e per il rispetto della gestione pubblica. In presenza di criticità fortissime, anche internazionali, ci ritroviamo tutti a rispondere all'appello, ma poi ciascuno è chiamato a lavorare sul proprio territorio. E ogni territorio ha le sue battaglie. Noi a Napoli, dopo questo incontro, faremo un'assemblea popolare pubblica e subito dopo inviteremo tutti i comitati e i coordinamenti per l'acqua del Centro-Sud Italia a discutere del rischio di accaparramento delle fonti da parte delle multinazionali e dei privati. Il governo Renzi, infatti, sta favorendo quattro grandi accorpamenti idrici: Iren (Piemonte-Liguria), A2A (Lombardia), Hera (Emilia Romagna, Toscana, Marche e Nord-Est) e infine Acea (Lazio, Molise e il Meridione): mega carrozzoni clientelari dietro cui, è chiaro, si nascondono multinazionali come Suez e Vivendi.

Non pensi che in Italia si sia un po' persa la capacità di agire in comune?

Nel 2006, in occasione della manifestazione per la vittoria – ancora oggi unica – contro la privatizzazione dell'acqua nei 136 Comuni di Napoli e Caserta, c'è stato un coinvolgimento eccezionale, una partecipazione come non si era mai vista prima. Nel 2008, quando abbiamo vissuto in Campania l'emergenza rifiuti, molti militanti dei comitati per l'acqua hanno dovuto diversificare le loro lotte, impegnandosi in difesa della nostra salute, e dimostrando che i campani, vittime del business e della malapolitica, sanno anche insegnare come si riciclano quelli che impropriamente vengono definiti rifiuti (in quanto, se ben gestiti e recuperati, rappresentano una ricchezza reale). Poi, altri attivisti si sono dovuti occupare di guerre, di migranti, di finanza, dando vita a comitati ad hoc. In realtà, non fanno che sorgere necessità, emergenze fittizie o reali, che subiamo sulla nostra pelle e a cui siamo costretti a dare risposta. Dobbiamo essere capaci di non fossilizzarci su un'unica idea, ma di capire e di agire a seconda delle necessità. Né ci dobbiamo allarmare quando c'è una flessione, perché è proprio la vita che è fatta di alti e bassi. Il movimento è, per l'appunto, in continuo movimento, non si può imbrigliarlo, ma dobbiamo essere in grado di creare qualcosa di nuovo e di attraente, se vogliamo che la gente risponda con entusiasmo.

Per noi a Napoli è un momento molto difficile, dopo la revoca, da parte del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, del cda di Abc presieduto da Maurizio Montalto, l’avvocato che in questi anni ha gratuitamente assistito i comitati, e che è anche parte del movimento: l'acqua pubblica e, innanzitutto, la democrazia partecipativa, vera vittoria per tutti coloro che si sono impegnati per circa vent'anni, sono oggi a rischio. Da quando è iniziata la nostra lotta, abbiamo sempre detto che non ci avrebbe fermato nessuno, che la vittoria di Napoli era una vittoria per tutti, che Napoli era diventata la capitale dell'acqua pubblica. Oggi dobbiamo dire che occorre fare attenzione, perché le vittorie non sono mai definitive: le amministrazioni cambiano e cambiano anche le persone, anche all'interno dei movimenti, dove c'è chi entra per fare politica pro domo sua, mascherandola da Politica con la “P” maiuscola. Ora la nostra richiesta è quella di garantire che l'acqua, in quanto diritto, come dichiarato dall'Onu e dall'Oms, venga erogata a tutti: un tot di litri al giorno – non importa se 40 o 50 – pro capite e pro die. Dobbiamo pretendere che l'acqua sia riconosciuta come bene essenziale per la vita, gestita dal pubblico senza scopo di lucro, perché non è una merce. Questo principio dovrebbe essere inserito in tutte le Costituzioni di tutti gli Stati: è stata questa una delle proposte che abbiamo avanzato per la dichiarazione finale redatta al termine della tre giorni del III Incontro dei Movimenti popolari e consegnata poi a papa Francesco il 5 novembre. Noi contiamo molto sul sostegno del papa, il quale sta dando degli input molto coraggiosi. E contiamo molto sul vero cambiamento e sul coinvolgimento di tutti. Al mio posto avrebbero potuto esserci tutti e ciascuno dei tanti meravigliosi attivisti che, in vario modo, danno il massimo di se stessi a difesa di quelli che oggi vengono definiti “Beni Comuni”. Spero che questo non diventi un nuovo slogan per i politicanti di turno, bensì un valore alto da difendere, per la Vita, per gli impoveriti del mondo, per tutti, e a difesa della Madre Terra. Ce lo ricorda l'enciclica Laudato si' di papa Francesco, al quale va il nostro riconoscimento.

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