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Ospitalità ecumenica. Pregustare la mensa comune

Ospitalità ecumenica. Pregustare la mensa comune

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 1 del 07/01/2017

Nel 2012, su questa stessa rivista (v. Adista Segni Nuovi n. 13/12), raccontai i primi passi di un’esperienza di Ospitalità Eucaristica vissuta da un gruppo di credenti di diverse confessioni cristiane di Torino. Ora, alla luce degli ultimi eventi sulla scena ecumenica – l’incontro di Lund ed il convegno di Trento "Cattolici e protestanti a 500 anni dalla Riforma" (v. Adista Segni Nuovi n. 42/16, ndr)–, credo possa essere utile all’approfondimento del tema della condivisione dell’'Eucaristia e della Santa Cena, fare un punto della situazione su questo cammino.

L’iniziativa “Spezzare il pane insieme” ebbe inizio cinque anni fa, durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, quando ci si pose il problema di come superare le difficoltà che impedivano ai cristiani di confessioni diverse di rispondere all’invito del Signore a partecipare alla sua cena e a condividere la mensa comune. Si scelse di chiedere come gruppo ecumenico di essere ospitati presso diverse comunità cristiane, per condividere l'eucaristia o la santa cena, senza rinnegare le interpretazioni del gesto proprie delle nostre Chiese d'origine, ma  celebrandola secondo il rito e le regole proprie ed abituali della comunità ospitante. Infatti non ci interessa tanto il traguardo per ora irraggiungibile della concelebrazione, ma l’ospitalità, perché come credenti rispettiamo il modo con cui ogni comunità rende attuale ciò che il Signore ci ha invitato a ripetere, nell’ interesse di comprendere il significato profondo di questi gesti: ossia quello di un Dio che si offre come dono a noi e ci invita ad offrirci come dono ai fratelli.

La richiesta di ospitalità è sempre stata preceduta da momenti preparatori di incontro in cui vengono presentate alle comunità ospitanti le motivazioni e le modalità di questa prassi, affinché queste siano chiare e condivise, ed eventualmente anche rifiutate. La stessa mite chiarezza l’abbiamo voluta mantenere anche con le gerarchie e le istituzioni ecclesiali a cui si è comunicata l’iniziativa e con cui ci si è confrontati. Se sul fronte evangelico non ci sono state eccezioni, su quello cattolico ci è stata ribadita, da parte del responsabile diocesano dell’ecumenismo, la non liceità, secondo l’attuale direttorio, della nostra iniziativa; tuttavia ne è stata  tollerata la prassi, mentre da parte ortodossa, pur nella comprensione dei nostri intenti, il rifiuto è stato netto. 

Tutti gli incontri (che hanno visto coinvolte finora tre comunità evangeliche battiste, tre valdesi, una luterana e cinque comunità cattoliche) sono stati caratterizzati da un profondo spirito di accoglienza e da una forte partecipazione alla liturgia: nella percezione della ricchezza della diversità, si è sperimentata l’unità di un unico Corpo, che discende dall’essersi cibati di un unico Pane (1 Cor 10,17).

Va detto però che il cammino negli anni ha fatto emergere due criticità diametralmente opposte. Da parte evangelica infatti, se da un lato non ci sono problemi nell’accogliere credenti cattolici ai propri culti, dall’altra difficilmente altri membri di chiesa, oltre a quelli impegnati nel gruppo, partecipano alle ospitalità presso comunità cattoliche, vuoi perché non amano rinunciare al culto presso la propria chiesa, vuoi perché trovano più difficoltà ad accettare le modalità del rito cattolico, dal quale in molti casi, nella loro storia personale, si sono allontanati. Da parte cattolica invece, se da un lato un certo numero di persone, una volta sperimentata l’ospitalità presso la loro comunità, si è aggregato al gruppo itinerante, dall’altro molte realtà, soprattutto parrocchiali, non se la sono sentita di aprirsi all’ospitalità, frenati dalla preoccupazione pastorale di non comprensione da parte dei loro fedeli, ma soprattutto dalla necessità di non disattendere alle indicazioni della gerarchia su tale argomento.

Nonostante ciò il gruppo continua, con mitezza e senza sentimenti di rottura, ma con ferma speranza nel cambiamento possibile, a presentare l’iniziativa in altri ambiti, anche nella consapevolezza che forse il Signore molte volte sia piuttosto fuori che dentro alla porta delle nostre chiese: «Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verro a lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). 

*del gruppo ecumenico torinese Strumenti di Pace

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