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La sinistra europea, tra suicidio e utopia

La sinistra europea, tra suicidio e utopia

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 02/12/2017

Io penso che le sinistre di governo, in Europa, abbiano serie responsabilità nella radicalizzazione del neoliberismo. Non sono solo vittime innocenti di un capitale finanziario predatore ed aggressivo, "ordoliberista", per usare l'espressione cara al compianto Luciano Gallino: invece, infatti, di organizzare resistenza popolare e di elaborare programmi e punti di vista alternativi, le sinistre si sono inabissate, sono entrate in una fase di dissolvenza, suicidandosi. Un naufragio intellettuale e politico. Eppure non sono mancate nell’Unione, negli ultimi anni, occasioni per rilanciare i fondamenti di un'Europa sociale e politica non ancella dei Trattati liberisti. Socialdemocrazia e liberaldemocrazia hanno invece aderito, sostenuto, alimentato il totem del "pilota automatico" di Mario Draghi: le volontà, anche elettorali, dei popoli sovrani nulla possono mutare rispetto ai diktat delle oligarchie europee. Sino al Fiscal compact, l’accordo approvato con un trattato internazionale nel 2012 da 25 dei 28 Stati membri dell'Unione europea e che contiene regole vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. Nei fatti, un bavaglio assoluto ad ogni possibile programmazione economica alternativa. Chi si ricorda dell'isolamento in cui fu lasciato il governo greco, anche e soprattutto dopo la vittoria di Alexis Tsipras, il cui partito di sinistra, Syriza, aveva trionfato alle elezioni del 2015 con oltre il 36% dei consensi? Quello che avvenne con la Grecia fu uno spartiacque. Compressione dei salari, precarizzazione assoluta del mercato del lavoro, privatizzazioni, rifiuto di un'Europa "meticcia", sono stati i cardini di un'Unione Europea regressiva e in crisi. 

Sono per l'Europa e, quindi, contro questa Unione Europea. Ma il quadro è oggi assai più che preoccupante. Sono stati sconfitti, e sono oggi privi di punti di riferimento, importanti movimenti sociali e democratici. Molte forze hanno smobilitato, ingabbiando nell'astensione le delusioni. Una parte non esigua del movimento popolare, purtroppo, è stata catturata da una destra xenofoba, abile ad indossare i panni dell'"antisistema". Se l'analisi, descritta così per sommi capi, è non lontana dal vero, occorre, credo, riaggregare la sinistra antiliberista. Personalmente collaboro alla formazione di una lista che metta in connessione sinistra conflittuale, movimenti di lotta e molteplici forme di civismo su un programma costituzionale e di netta alternativa al PD, le cui politiche sono, da anni, non distinguibili da quelle del neoliberismo. Una coalizione che non faccia chiarezza in questo senso, che ipotizzi alleanze con formazioni politiche che hanno sostenuto le politiche ed i governi degli ultimi anni è oggi impensabile, se si vuole ancora sperare di intercettare un consenso a sinistra, che non è una parola vuota o un contenitore ideologico, ma significa l’aspirazione a rappresentare ed interpretare le esigenze dei giovani studenti e disoccupati, degli esclusi, delle fasce sociali a basso reddito, del lavoro salariato.

Penso quindi ad una lista unitaria che nasca dai territori; l'esatto contrario delle vecchie unità di vertice degli apparati politici e sindacali che hanno caratterizzato recenti esperienze. Occorrono radicali programmi e punti di vista, ma anche profili democratici di netta discontinuità. Penso che i vecchi dirigenti che hanno vissuto lunghe esperienze istituzionali possano farsi da parte e svolgere una funzione di "accompagnamento" del rinnovamento radicale dei gruppi dirigenti. Può apparire una "pazzesca" utopia? Meglio che vivere nel grigio trasformismo.

* Giovanni Russo Spena, già segretario di Democrazia Proletaria, senatore di Rifondazione Comunista e membro dei Cristiani per il Socialismo

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