Nessun articolo nel carrello

Inaugurazione dell’Opera di Kuturi “Questa non è una croce” – Chiesa battista di Milano 16 aprile 2019

Inaugurazione dell’Opera di Kuturi “Questa non è una croce” – Chiesa battista di Milano 16 aprile 2019

In occasione della Settimana Santa e della Pasqua 2019  Kuturi, artista napoletano trapiantato a Milano che si dedica alla trasformazione di materiali naturali, anche attraverso processi chimici, espone dal 16 aprile (inaugurazione ore 20.00) una Croce monumentale nella  Chiesa Battista di  Via Pinamonte da Vimercate a Milano. Le dimensioni della Croce sono di cm. 230 x 160,   ricavata da abete massello tinta noce scuro e in posa si presenta con lato L’opera di altissima fattura  rimarrà poi in sito come acquisita permanentemente. Ultimamente Kuturi ha anche donato una sua Croce ai Musei Vaticani, con attestazione della Segreteria di Stato Vaticana.

Riportiamo qui di seguito la riflessione svolta in occasione dell'inaugurazione dalla pastora Anna Maffei

 

“Veramente quest’uomo era figlio di Dio” Marco 15, 39

Due fratelli, Giacobbe e Esaù. Giacobbe ruba la benedizione del padre che spettava al primogenito. Esaù prende ad odiare suo fratello e giura a se stesso  di ucciderlo appena dopo la morte del padre. Giacobbe avvertito da sua madre del proposito di suo fratello fugge. E’ notte. Giacobbe con una pietra per guanciale, stremato e impaurito si addormenta e sogna. Sogna una scala che collega la terra con il cielo e sogna Dio che dalla sommità della scala gli dice: “Sono con te” e conferma promessa e benedizione. Giacobbe si sveglia stupito, rinfrancato, e dice “Certo, in questo luogo c’era Dio e io non lo sapevo” (Genesi 28, 16). Il giovane fuggiasco scopre nel luogo della solitudine e del travaglio interiore, che Dio era con lui.

Secoli dopo, una croce su un altura. Cosa c’è di più lontano dalla percezione della presenza di Dio di un uomo nudo agonizzante su una croce?

C’erano stati gli sputi al processo farsa, gli schiaffi delle guardie del tempio, c’era stato il tradimento di Giuda, la fuga dei suoi amici, il rinnegamento di Pietro, c’era stata la flagellazione pubblica, la pantomima dell’incoronazione da re con il manto, lo scettro di canna e la corona di spine e poi sotto la croce il passeggio osceno, i sogghigni, gli insulti, le accuse di essere un messia posticcio.

La tortura della croce durava tanto, a volte giorni, era un supplizio che i romani riservavano ai non romani, agli stranieri. Nel caso di Gesù durò dalle 9 del mattino alle 3 del pomeriggio. Alle 3 si consumò l’ultimo atto. Gesù gridò a gran voce: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. Sì, l’ultimo atto, il più duro, il grido dell’abbandono di Dio.

Giacobbe fuggiasco aveva avuto la grazia del sogno che gli aveva restituito promesse e futuro, Gesù visse ad occhi aperti, fino alla fine, l’incubo della sua umiliazione e l’abbandono del Dio che Egli chiamava Abbà, Padre mio.

Dov’era Dio? Non c’era. Quella croce era stata una roba tutta umana e della peggiore specie. Un intrigo pianificato nell’ombra, calcolo politico, fanatismo religioso, tradimenti, invidie, false testimonianze, manipolazioni del consenso, cinismo, brutalità e tanto altro ancora, tutto l’armamentario in uso fra gli umani dai tempi di Caino fino ad oggi. Nulla di nuovo. Dio non c’entrava.

Il centro della scena che è davanti ai nostri occhi è corroso dagli acidi. E gli acidi corrodendo cancellano lentamente, scavano solchi, mescolano sostanze diverse, trasfigurano, distruggono. Qualcuno ha osservato che questa parte corrotta dagli acidi potrebbe corrispondere al posto occupato dal capo di Colui che portò la croce. Il capo di Cristo, il suo volto segnato dalla sofferenza, i suoi occhi scavati dallo sforzo e dal dolore, il capo di Cristo, scosso, febbricitante, sanguinante. Il capo di Cristo che si dissolve…. E’ la violenza sadica che uccide lentamente perché lo spettacolo macabro duri di più.

Segno dunque, icona di corruzione e violenza, crocevia di odio, di complicità, convergenze inattese, associazione a delinquere ai massimi livelli. Luca, l’autore del terzo Vangelo, annota: “In quel giorno Erode e Pilato divennero amici; prima infatti erano stati nemici” (23, 12).

Dio non c’entrava niente. Questi sono i fatti. Tutta opera nostra.

Eppure la domanda resta, sospesa nella tetra atmosfera di un cielo muto, nel silenzio impotente delle donne discepole, nell’animo tormentato dell’Innocente agonizzante. Resta fino ad ora intatta nella sua crudezza. Dio, dove eri mentre si consumava la fine del dramma, mentre la vita di Colui che ti chiamava Padre scorreva via come acqua versata a terra che non si può più raccogliere?

Che ne era delle speranze di giustizia? Che ne era degli annunci gioiosi: “Il Regno di Dio è qui vicino a voi, a portata di mano, è dentro di voi!”? Cosa ne era della visione della vittoria sul male: “Vedevo Satana cadere dal cielo come folgore!”? - aveva detto Gesù. Ora, ora che tutto il male coalizzato insieme aveva complottato e vinto?

La domanda non dà tregua: dove sei ora Dio mentre altri crocifissi continuano ad affollare la scena? Gli uccisi per caso nelle stragi, le persone lasciate annegare a decine dal cinismo degli stati, le crocifisse ammazzate nelle case, i colpiti nelle strade, i lasciati morir di sete nei deserti, i fucilati incastrati nei fili spinati, i civili freddati dalle bombe scudi umani nelle guerre, gli innocenti condannati,  i respinti, …  La domanda brucia mentre l’occhio si sofferma sul centro di corruzione e distruzione che chiamiamo croce. Dio dove sei?

Scrisse il profeta: “In verità Tu sei un Dio che si nasconde, o Dio d’Israele, o Salvatore” (Isaia 45, 15). Ed è vero, neppure tuo Figlio riuscì a vederTi!

Eppure Dio era lì, nascosto nel suo dolore di Padre che soffriva la morte del Figlio.

Infatti, come scrive Juergen Moltmann, “Per capire ciò che sulla croce si è verificato fra Gesù e il suo Dio e Padre, bisogna esprimersi in termini trinitari. Il Figlio soffre l’agonia, il Padre soffre la morte del Figlio. Il dolore del Padre è della stessa intensità della sofferenza sperimentata dal Figlio morente. La mancanza del Padre che il Figlio prova, risponde alla mancanza del Figlio che il Padre sente.” (Ne “Il Dio Crocifisso” Queriniana 1975, p. 284).

Nell’incarnazione Dio ha “consegnato” il Figlio all’umanità che non lo ha accolto, che lo ha rifiutato, scacciato fuori della porta della città e ucciso.

Non solo Dio Padre consegna il Figlio ma Gesù Cristo stesso al momento supremo del travaglio finale del Getsemani, sudando sangue, consegnò se stesso consapevolmente all’umanità violenta. L’amore è amore solo quando è libero. C’è dunque una profonda sofferta consonanza di volontà fra il Padre e il Figlio durante l’evento cruciale della croce. Paradossalmente nel grido di abbandono di Gesù ci fu “una comunione nell’essere-separati e un essere-separati nella comunione” (Ibid. p. 285).

Questa visione di Dio che conosce la sofferenza è molto lontana da una visione di Dio immutabile e onnipotente, il Dio pura volontà che risolve i problemi o che dovrebbe sempre farlo, che è ancora diffusa oggi fra i cristiani.

Il Dio biblico è il Dio che liberamente si lega alla creatura umana, stringe alleanze e le mantiene, soffre per le infedeltà del suo popolo, si fa coinvolgere, si fa convincere, perdona l’imperdonabile ed è pronto ogni volta a ricominciare.

Il Dio di Israele, il Dio e Padre di Gesù Cristo è un Dio che si rende vulnerabile. Infatti l’amore rende vulnerabile chi ama. Per questo soffre. Dio soffre nel Figlio, ma anche nel Padre. Un Dio incapace di soffrire sarebbe anche incapace di amare.

Ma Dio Padre e Figlio legato dallo Spirito nell’amore, coinvolge anche noi. In che modo? Comunicandoci questa storia d’amore e invitandoci ad esserne parte. Ci invita a contemplare il lato visibile della croce e anche il lato nascosto. Se il lato visibile è il lato della corruzione, del peccato che consuma, della sofferenza innocente, della rivolta concertata contro Dio di un’umanità cinica e violenta, l’altra parte della croce è lo svelamento di Dio che per esserci venuto incontro ha liberamente scelto di amarci fino a soffrire per noi e con noi.

E’ la parte nascosta ma luminosa: è l’amore che nella risurrezione trionfa, che si fa spazio nell’universo qualunque cosa accada. E’ la scelta di Dio di stare dalla parte dei crocifissi della terra per riscattarli, restituire loro la dignità dei figli e delle figlie di Dio. E’ la decisione di Dio di donarsi anche per gli indegni, per  i corrotti, per i perduti e offrire loro una nuova possibilità che parta dal riconoscimento della propria corruzione, della propria rivolta, della propria indifferenza così che possano gettarsi nelle braccia del Dio che li accoglie senza condizioni.

L’amore di Cristo crocifisso e risorto salva chi quella croce accoglie, chi in quella croce si specchia e vede l’abisso, ma dall’altra parte del buio vede anche amore supremo, l’amore che perdona l’imperdonabile, l’amore che guarisce ferite a lungo portate.

L’amore di Cristo crocifisso salva e salvando rivela, fa conoscere il cuore di Dio.  

Nel sogno Giacobbe vide Dio in alto, sulla scalinata che univa cielo e terra e al risveglio esclamò: “Certo Dio era in questo luogo e io non lo sapevo!”. Davanti alla croce di Cristo possiamo fare una simile esperienza. Dio visita i luoghi delle croci piantate come punti interrogativi nella storia umana, li assume su di sé, li abita, soffre per essi, per essi vince in speranza.

Nella croce Dio non è però in cima alla scala ma nel suo Figlio vi è disceso per abitare le parti più basse della terra. Il Vangelo ci racconta che davanti alla croce il centurione, il boia pagano di Gesù  quando lo vide morire  esclamò: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”. Inaudita verità svelata da labbra indegne! E’ il Vangelo che spiazza!

Davanti alla croce di Cristo possiamo sostare con uno stupore più grande di Giacobbe in fuga e dire con lui: “Certo in questo luogo c’era Dio e non lo sapevo! Com’è tremendo questo luogo. Questa non è altro che la casa di Dio e la porta del cielo”. Sì, Cristo crocifisso: Beth El, Casa di Dio, Porta del cielo!

 

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.