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Uno sguardo di fede al di là degli scandali

Uno sguardo di fede al di là degli scandali

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 18/05/2019

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Non è la prima e neanche l’ultima volta che, in Italia, esce un libro-bomba sugli scandali legati al Vaticano e al clero. Ora è uscito in varie lingue il libro Sodoma, potere e scandalo in Vaticano, del giornalista francese Frédéric Martel.

Faccio parte di un gruppo chiamato a vivere in maniera comunitaria la possibilità profetica di un nuovo modo di essere Chiesa. Per esorcizzare il pessimismo e annunciare la risurrezione là dove regna la morte, è necessario affrontare la difficoltà. A volte è necessario mettere il dito nella piaga per applicare bene la medicina. Per questo motivo, quando ho ricevuto questo libro per Whatsapp, mi sono sentito obbligato a leggerlo. Ora, conclusa la lettura, scrivo alcune considerazioni, a cominciare da uno sguardo di fede e da una riflessione spirituale.   

1. Una parola sul libro  

Per quattro anni, Frédéric Martel, con un’équipe di giornalisti amici di varie nazionalità e provenienza, ha svolto una ricerca sul tema della omosessualità nella gerarchia della Chiesa e nel clero cattolico, concentrandosi negli ambienti della Curia romana e del Vaticano. Ha intervistato più di 40 cardinali che vivono a Roma e molti arcivescovi ed ecclesiastici di tutti i continenti. Ha viaggiato per 30 paesi e si è incontrato con molte persone, cattoliche e no, sempre cercando di capire meglio gli ambienti del clero e della gerarchia. Attraverso interviste e conversazioni con la maggior parte dei cardinali della Curia romana, con monsignori e preti, oltre che con altre persone coinvolte nella questione, il libro segnala come in tali ambienti esisterebbe un atteggiamento di doppiezza e ipocrisia tale da mantenere, da un lato, un discorso omofobico e moralista e da sviluppare, dall'altro lato, a porte chiuse, una struttura non solo omosessuale, ma anche promiscua e depravata.  

Non nascondendo la sua condizione di gay, Martel fa capire chiaramente come il suo scopo non sia quello di denunciare l’omosessualità che, secondo lui, è predominante nella gerarchia, ma piuttosto l’ipocrisia e la doppiezza scandalose tra ciò che questi ecclesiastici vivono e ciò che esigono dagli altri.

Secondo questo libro, nella Chiesa cattolica, da alcuni decenni (sempre che prima sia stato diverso), sembra che la norma perché qualcuno possa diventare prete e ancor di più vescovo o cardinale sia quella di essere omoaffettivo, praticante o meno. E che l'eterosessualità sia l'eccezione. Secondo l’autore, è come se, all'interno delle istituzioni ecclesiastiche, il celibato esistesse unicamente per impedire relazioni con le donne. Al di fuori di questo, tutto sarebbe possibile. Un altro aspetto che il libro mette in evidenza è la relazione esistente tra questa struttura, allo stesso tempo omofobica e omofilica, e la collisione con la destra politica mondiale.  

Quanto più portano avanti una vita doppia, un comportamento promiscuo e dissoluto, tanto più questi membri importanti della Curia romana e questi cardinali si rivelano devotamente legati a gruppi politici di destra a al mondo dei soldi, molti soldi. Il libro rivela che il male è così radicato e pacificamente accettato da coloro che dominano il sistema che non si potrà risolvere niente senza una trasformazione strutturale e profonda.   

2. Una prima e rapida valutazione  

Per qualsiasi persona che conosca gli ambienti di curia diocesani, i seminari e i conventi, il libro non offre praticamente nulla di nuovo. Chi ha qualche contatto in più con i seminari e gli ambienti ecclesiastici in Brasile e in altre nazioni sa che spesso esiste realmente un ambiente generalizzato di frivolezza che unisce una certa cultura gay a posizioni tradizionaliste e di destra.

La lettura del libro mi risulta molesta e in molti punti sgradevole. L’autore assume come punto di partenza la divisione dell’umanità tra chi è e chi non è. Nella gerarchia cattolica, distingue chi è omofobico – individuandolo come un omosessuale non dichiarato (in molti casi a ragione) – e chi non lo è, considerandolo automaticamente gay friendly, espressione usata per indicare qualcuno che difende i diritti dei gay, ma anche, in alcuni casi, chi vive tale ambiente gay.

Posso capire che si denunci l’ipocrisia di chi molestia giovani, abusa di migranti poveri e, trincerandosi nel potere dei soldi, si nasconde dietro gli onori ecclesiastici.  Posso accettare che si stracci il velo che copre la doppiezza di vescovi e preti che predicano contro l’uso dei preservativi e arrivano a confondere omoaffettività, pedofilia e abuso dei più vulnerabili. Tuttavia, non considero etico il modo in cui l’autore dà in pasto altri preti e vescovi sui quali pesano appena sospetti e dicerie. Non concordo con il carrierismo e chiedo a Dio la grazia di preservarmi da qualsiasi sistema che confonda il ministero con il potere divinizzato (nella mia vita, ho già sofferto e sopportato perdite dolorose per aver assunto questa posizione). Ma ritengo antietico distruggere l’onore di vescovi e preti che speravano di essere promossi a incarichi superiori e sono stati messi in frigo perché non hanno saputo nascondere sufficientemente qualche fragilità morale. In fondo, per quanto alienati e cooptati dal sistema siano questi fratelli, si tratta innanzitutto di vittime di una struttura visceralmente disumana, la cui crudeltà è presentata come divina.   

3. Alcune considerazioni (sul tema e non sul libro)  

La mia prima reazione è di profonda tristezza e pena per tanti fratelli e sorelle che vivono immersi in questa grande menzogna che è la struttura di qualsiasi Chiesa cristiana, responsabile di aver scambiato la sequela di Gesù con il culto e il servizio al potere divinizzato come idolo.  

Purtroppo, nella storia, tale perversione è quasi inevitabile nel momento in cui una qualsiasi religione si lega al potere sociale e politico dominante in una società, che sia il buddismo nell’antica Birmania, l’islam nell’Arabia Saudita, il cristianesimo cattolico o evangelico nei Paesi dell’Occidente.  

La cosa più triste è che questa struttura che, nei tempi medioevali, era legata al “Sacro impero romano-germanico”, si perpetua in un presente in cui, per quanto le istituzioni dello Stato siano laiche, i presidenti assumono il potere giurando con la Bibbia in mano e i governi fanno quello che vogliono purché dicano “Dio al di sopra di tutto” .  

Nel caso della Chiesa cattolica, sin dai secoli antichi, è diventata dottrina ufficiale quella per cui preti e vescovi ricevono un’ordinazione che conferisce loro un potere sacro attraverso la successione apostolica, come se, con l'eccezione di Giuda Iscariota, ogni apostolo avesse avuto un successore.  

La cena di Gesù, che sarebbe sacramento di unità e di servizio (espresso nella lavanda dei piedi del quarto Vangelo), è trasformata in culto di ostentazione di potere e, non poche volte, anche di narcisismo di non pochi celebranti. Il minimo che si può osservare è che il loro stile contraddice la semplicità e il gesto di donazione generosa di Gesù nella sua cena.  

Per chi volesse verificare se ho ragione, basterebbe elencare tutti i simboli liturgici usati in una messa pontificia o parrocchiale (paramenti del prete, incenso, accoliti, ecc.) e vedere quanti di questi vengono dal Vangelo e quanti sopravvivono dall'antica religione imperiale romana o sono perlomeno legati alla visione del sacerdozio dell’Antico Testamento.  

Questa trasformazione della cena di Gesù in una cerimonia di corte mi sembra più grave e più triste di tutti gli intrighi sessuali in Vaticano e persino dell’ipocrisia che copre la crisi morale da cui molti ambienti clericali sono attraversati. Oltre a questo, ho l’impressione che, quando si riduce la fede e l’alleanza con Dio a un mondo di riti e convenzioni esteriori e pubbliche, è quasi inevitabile lo svuotamento della vita interiore raccomandata da Gesù: «Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto» (Mt 6,1ss). Questa interiorità non si oppone alla dimensione comunitaria della fede espressa nella preghiera del Padre nostro che, secondo Matteo, Gesù ci trasmette nello stesso sermone della montagna (Mt 6,9).  

L’interiorità si oppone alla frivolezza di una ostentazione narcisista del potere, che è una tentazione di tutte le religioni da cui il Vangelo ci ha tante volte messo in guardia: «Amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe». Non sono stato io a dirlo, e nemmeno l’autore del libro Sodoma. È stato Gesù (Mt 23). Quando si apre la porta dell’ostentazione di un potere narcisista in nome di Dio, non ci si può lamentare di quali e quanti demoni vi passino attraverso.   

4. Il problema è più grave  

È questa l’impressione che mi è rimasta del libro. È come se il paziente andasse dal medico per una polmonite e il medico scoprisse un cancro al polmone. Il libro di Frédéric Martel denuncia una struttura omosessuale mal celata dall'ipocrisia omofobica di parte del clero e della gerarchia, ma dietro di essa c'è una Chiesa trasformata in un impero che rifiuta i cambiamenti e preferisce mantenersi elitaria, piena di pregiudizi e dominata dalla disuguaglianza. È un mondo in cui per la donna c'è posto solo come lettrice di testi liturgici considerati meno importanti o, nello spazio profano, come cuoca e cameriera nelle case ecclesiastiche.  

La Chiesa cattolica, così come è organizzata oggi, è ancora legata al modello della vecchia cristianità, ben conservato in Vaticano, nelle curie, nelle cattedrali, nei seminari e negli ambienti in cui la nostalgia dei tempi passati è vissuta in una sorta di necrofilia culturale, mantenendo le apparenze ma senza riprenderne la sostanza vitale. Ciò che rimane è la coreografia di corte, in un ambiente decadente in cui purtroppo, in maniera innocente o ingenua, non pochi vescovi e preti si immergono, senza rendersi conto che il risultato generale finisce per essere proprio quello che il libro di Frédéric Martel denuncia.  

Nel Brasile del 2018, molti cattolici si sono spaventati per la quantità di vescovi e di preti che hanno dichiarato di votare per l’estrema destra, o perlomeno hanno mostrato di appoggiarla. Disgraziatamente, alcuni di loro rappresentano casi malati di funzionari della religione, rispetto a cui è lecito chiedersi se conservino la fede o almeno quale tipo di fede vivano. Tuttavia, la maggior parte dei vescovi e dei preti che hanno optato per la destra lo hanno fatto perché tale scelta è più connaturale e coerente con il modello di Chiesa che essi stanno perpetuando.  

In sintesi, la “Sindrome di Sodoma”, prima di essere sessuale, è culturale, sociale e politica. Quando si opta per un modello di cristianità piramidale, essenzialmente gerarchico e autocentrato (il contrario della Chiesa in uscita proposta da papa Francesco), si apre automaticamente il vaso di Pandora, da cui uscirà di tutto. Per questo il problema è più grave.  

Malgrado il potere sia inerente a ogni relazione sociale, nell’insieme dei casi che il libro presenta si possono distinguere:  

1° - problemi che derivano dalla fragilità umana e dalle proprie mancanze (molte volte i comportamenti sessuali impropri rientrano in questa categoria. Non devono suscitare rifiuto, ma compassione);  

2° - atteggiamenti che hanno come nucleo semplicemente l’egolatria, esprimendo la raffinata malvagità umana e la disumanità di un potere che non deve rendere conto a nessuno. La maggioranza di coloro che agiscono è data da uomini che vivono ciò che Hannah Arendt ha definito come “banalità del male”. In tutta questa realtà di un sistema iniquo eretto in nome di Dio non si può negare la responsabilità personale e il male oggettivo rappresentato da cardinali che hanno collaborato con dittatori o si sono legati a milizie di destra e hanno partecipato a gruppi fascisti. Una domanda a cui è difficile trovare risposta è perché persone con un simile profilo siano state scelte e protette dagli ultimi papi (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) e dai cardinali più potenti.  

Cerco di dare una spiegazione. Nella teologia scolastica, si insegnava che i sacramenti hanno efficacia salvifica non perché chi li celebra è santo, né perché il rito è ben celebrato. E neppure dipende dalla fede in sé e dal fervore dei partecipanti. La loro efficacia deriva dalla realizzazione stessa del sacramento. Nel linguaggio tomista si diceva: ex opere operato (quando studiavo teologia, il professore ripeteva: Se è l’apostolo Pietro che battezza, è Cristo che battezza. Se è Giuda Iscariota che battezza, è il Cristo che battezza).

Questa efficacia magica e quasi meccanica del sacramento è diventata valida per tutta la struttura della Chiesa. Ciò che serve per salire nella scala gerarchica non è l'autenticità interiore né l’ardore missionario o la profondità della fede, bensì la capacità di essere utili al sistema e di rientrare negli schemi.  

Non credo nella tesi del libro di Martel secondo cui «in questi circoli del clero e della gerarchia (Vaticano e curie), la cosa più importante è che la persona sia omosessuale». Penso piuttosto che la qualità necessaria sia che adori il potere e che risulti un buon soldato della destra politica. In tal caso sarebbe adeguato a un’istituzione che funziona con il pilota automatico. Basta accenderlo. La struttura usa le persone che usano la struttura e con il loro potere usano altre persone. La legge serve da ombrello per una vita senza Spirito (i problemi affettivo-sessuali vengono in aggiunta).  

Ciò che il libro mostra è che, in questi centri della Chiesa romana, il dio è il potere dell’istituzione, che si traveste ed è presentato come se fosse il Dio della fede cristiana, il Dio di Gesù Cristo. In questo tipo di religione Dio non è molto diverso dal Dio della teologia della prosperità, adorato nel tempio di Salomone costruito da Edir Macedo a São Paulo.   

5. La visione delle ossa inaridite e la risurrezione di una Chiesa pasquale  

«La mano del Signore (...) mi depose nella pianura che era piena di ossa (...). Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: "Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?". Io risposi: "Signore Dio, tu lo sai". Egli mi replicò: "Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore (...): Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. (...). Feci questo e le ossa si unirono, formarono delle persone e ripresero la vita. Diventarono come un grande e organizzato esercito» (Ezechiele 37).  

Nel 1966, un anno dopo il Concilio Vaticano II, dom Hélder Pessoa Câmara, allora arcivescovo di Olinda e Recife, scrisse a papa Paolo VI una lettera personale, nella quale gli proponeva di lasciare il Vaticano, di offrire gli edifici della curia all’Onu, di rinunciare a essere capo di Stato, di eliminare le nunziature e di andare a vivere come vescovo di Roma nell’antica basilica del papa, San Giovanni in Laterano. Alcuni giorni dopo, ricevette una busta dalla Segreteria di Stato. In essa c’era una breve lettera del cardinale Jean Villot, il segretario del papa, il quale scriveva: «Il santo padre ha ricevuto la sua lettera e la ringrazia. Ma ricorda a Sua Eccellenza che non stiamo più nei tempi del Vangelo».  

È esattamente questo il problema. L’unico rimedio per questa malattia che affligge la Chiesa è tornare al Vangelo. Come diceva papa Giovanni XXIII, non si tratta di andare indietro nel tempo ma di «tornare alle fonti», in un esercizio permanente e profondo di “aggiornamento”, cioè attualizzando il linguaggio, il contenuto della fede e il modo di essere Chiesa.

L’argomento trattato nel libro di Frédéric Martel (l’ambiente sregolato sul piano morale) è espressione di una Chiesa chiusa su se stessa e funzionale alla propria autoadorazione. Non c’è altra soluzione che mettere semplicemente termine ai privilegi e agli ambienti chiusi della curia e del clero come classe superiore nella Chiesa.

Prima di me, papa Francesco ha affermato pubblicamente che il clericalismo è un cancro, ma non ha esplicitato che non si tratta di un abuso o di una devianza occasionale bensì del sistema stesso che divide i cristiani in due classi: chierici e laici, ordinati e non ordinati. Questa istituzione che il Concilio Vaticano II non è riuscito a trasformare (LG 10) divide i cristiani in due categorie. Se il tumore è maligno, deve essere estirpato.

Nella realtà, oggi più che mai, la Chiesa cattolica e tutte le Chiese cristiane devono urgentemente tornare al Vangelo e riaffermare dinanzi a se stesse e al mondo che, in una comunità di discepoli e discepole di Gesù, esiste soltanto un ordine: quello dei battezzati in Cristo. È da questo che dipendono e devono dipendere come servizi e funzioni tutti i ministeri dei quali le comunità hanno bisogno. E questi ministeri sorgeranno e si svilupperanno a partire dalle comunità.

Mettere fine alla separazione tra clero e laici non significa sminuire o svuotare i ministeri. La Chiesa intera è ministeriale. Nel suo seno, servizi come la diaconia, il presbiterato e l’episcopato saranno sempre doni di Dio nella comunità e per la comunità. Ciò suppone riprendere e anche rafforzare l’ecclesiologia delle Chiese locali come Chiese di diritto pieno, con la loro autonomia e in comunione tra loro e, nel caso della comunione cattolico-romana, presiedute dalla Chiesa di Roma rappresentata dal papa e dalla sua diocesi. Non è questo il caso della Curia romana, che può invece essere eliminata o fortemente ridotta, dal momento che, in una Chiesa decentrata, il servizio di coordinamento e di unità tra le Chiese che il papa realizza potrà meglio essere eseguito da persone, uomini e donne, di ogni continente. Leggendo il libro, un amico mi ha domandato: «E dopo questo, cosa resta?». E io ho risposto: «Resta la Chiesa che nasce dal popolo per opera dello Spirito».

Non ho alcun dubbio che negli ambienti della gerarchia e del clero cattolico ci sia molta gente buona, seria, consacrata al proprio ministero, che non merita le accuse rivolte dal libro di Martel. Posso garantire che, tra i vescovi e i preti, sia tra i più anziani come tra i giovani, molti vivono la fede e la testimonianza del Regno con dedizione estrema. Sia nell’episcopato che nel clero e negli istituti religiosi, sia tra i conservatori che tra coloro che sono più aperti, c’è molta abnegazione e generosità missionaria.

In America Latina e un po' nelle diverse regioni del mondo, ci sono comunità e piccoli gruppi, come pure organizzazioni laicali, che collegano la fede con la vita e con il progetto di trasformazione del mondo. A volte, questa Chiesa di base è più visibile. Altre volte, questi gruppi legati al vangelo sembrano invisibili e sotterranei, ma sono pur sempre segni della presenza divina nel mondo. In essi si trovano vere figure vescovili, uomini e donne, che pur senza questi titoli, sono consacrate dal battesimo e guidate dallo Spirito. Ministri e ministre che vigilano sull’unità e lavorano nella base affinché un mondo nuovo e una nuova umanità siano possibili. E contano sull’appoggio di preti e anche di alcuni vescovi per continuare il cammino.

Se questi preti e ministri vivono la loro fragilità umana e, è chiaro, hanno difetti e commettono peccati, l’importante è che non si fissino su questo e non trasformino sbagli che possono essere solo incidenti di percorso nella destinazione del loro viaggio.

Nella misura in cui si dedicano al servizio generoso del popolo più povero e si inseriscono in esso, preti e vescovi vengono “convertiti e salvati” dalle comunità.

Nei decenni scorsi, pastori come dom Hélder Camara, dom José Maria Pires, dom Antonio Fragroso, tra vari altri, affermavano di essere stati convertiti dal popolo più povero. Fino ad oggi, preti e vescovi continuano a essere salvati e reintegrati nel servizio del regno. E, per loro, l’importante non è la struttura religiosa ma piuttosto il servizio liberatore nei confronti dell’umanità.

Più di 50 anni dopo Medellín, il nuovo arcivescovo di Lima, Carlos Castillo, nella celebrazione di insediamento nell’arcidiocesi del 9 marzo scorso, ha affermato esplicitamente di voler riprendere le opzioni della Conferenza di Medellín del 1968 e ha concluso: «Daremo alla nostra Chiesa il volto di una Chiesa povera, serva e pasquale, impegnata con la liberazione di tutta l’umanità e di ogni essere umano nella sua pienezza» (Med 5,15).

I gruppi di base e molte Chiese locali che si collocano in una direzione corretta e profetica non si lasciano affondare nel pantano e ci consentono di continuare a dire: Crediamo nella Chiesa, o Crediamo come Chiesa.

Le figure profetiche delle comunità continuano a dire come Giovanni Battista: «Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre» (Mt 3,9). Questa Chiesa delle catacombe è il segno visibile e attuale della presenza e dell'azione dello Spirito che ci fa ascoltare di nuovo la voce del Padre o Madre di Amore: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).  

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