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L’arcano del religioso. Sul cammino dell’OIVD

L’arcano del religioso. Sul cammino dell’OIVD

Tratto da: Adista Documenti n° 39 del 07/11/2020

Nell’introduzione di un appassionante libro sulla stregoneria, Witchcraze. A New History of the European Witch Hunts, l’autrice, la storica Anne L. Barstow, pone una questione essenziale. La stregoneria – scrive – è stata interpretata nella storiografia astraendo dalla chiave di lettura che avrebbe dovuto invece imporsi come cardine: quella del pregiudizio sessuale. Nella stragrande maggioranza erano di sesso femminile le vittime di persecuzioni e roghi: tale dato storiografico era sì nominato, tanto era evidente, ma per quelle alchimie menzognere che la cultura “neutra” sa operare, esso rimaneva un indice irrilevante ai fini della ricostruzione e analisi delle cause. Due volte violate le vittime: dalla furia della psicosi sessista e dall’invisibilità (e distorsione) negli studi storici. Ecco il paragone suggerito dall’autrice: è come se, nella Shoah, il fatto che le vittime fossero ebree risultasse un dato su cui sorvolare.

Di sfuggita osserviamo che il fenomeno fu spietato anche per la fenomenologia delle torture: al rogo, va aggiunta infatti una costellazione di vessazioni squisitamente marcate da sadismo misogino.

Quella violenza così marcatamente sessista – osserva l’autrice – è imparentata con quella che si riverbera nella nostra cultura contemporanea.

In quella tragedia, il capo d’imputazione su cui ruotavano le accuse delle “presunte”  streghe era di aver stretto un patto con il diavolo. Non sfuggirà che questa categoria è analoga a quella su cui si incardina la colpa di Eva: l’intesa con Satana. Siamo quindi arrivate al punctum. Le violenze contro le donne si iscrivono in un arcano antropologico il cui volto si svela se ci si inabissa nei meandri del religioso. Lì staziona un groviglio: esso resisterà e influenzerà l’asimmetria tra i sessi/generi se non viene dipanato e portato alla luce dell’economia dei beni simbolici. In questa prima premessa sta l’anima dell’Osservatorio Interreligioso sulla Violenza contro le Donne (OIVD).

Tradizione e cultura religiosa sono storicamente determinate; non coincidono con il nucleo della fede. In alcuni contesti la distinzione tra fede e religione non ha rilevanza ermeneutica e con il termine religione si intende la purezza della fede. Ma, ovunque, la cultura religiosa è stata piegata agli interessi del patriarcato, che l’ha strumentalizzata in quasi tutte le norme e rappresentazioni. Spesso si tralascia di considerare che proprio nell’alfabeto del religioso si incardinano i nuclei originari di quella guerra non dichiarata ma agita che gli uomini conducono contro le donne, e che la virulenza misogina di quei nuclei occorre decodificare e smascherare. Le sapienze e il desiderio di divino che dimorano nelle donne credenti non si sono addomesticati alla colonizzazione che hanno subìto; non si può e non dobbiamo rinunciare a godere di quel deposito d’oro che è custodito dalle fedi/religioni e che ci riguarda in prima persona. In questa seconda premessa sta l’anima dell’Osservatorio. E ora il registro si sposta.

Le fasi originarie dell’OIVD risalgono al 2016; dal 2017 – a partire da “Violenza sulle donne. La corresponsabilità delle religioni”, v. Adista Segni Nuovi n. 29/17 – Adista ha generosamente ospitato molti articoli sul suo affacciarsi al mondo e dato conto di molti comunicati stampa. Rinvio ad essi.

Attualmente, le socie e i soci sono 72, di cui 7 uomini; compaiono le medesime appartenenze religiose che avevano contraddistinto la prima fase (fino a ottobre ‘19); purtroppo è assente la denominazione cristiana ortodossa, che aspettiamo fiduciose. Sono presenti anche persone agnostiche, consapevoli anch’esse del filone prezioso che percorre le sapienze divine. Benché crescere di numero sia gratificante, è l’espansione di differenze molteplici in sinfonia tra loro che ha valore: un dilatarsi esperienziale, in koinonia e in auctoritas reciprocamente riconosciuta.

Ci irraggiano due luci convergenti: le fluorescenze delle fedi e la fioritura sprigionatasi dai movimenti delle donne. Ispirandoci a queste fonti, dal basso traiamo linfa. Siamo “attivist*” e nello stesso tempo siamo persone preparate a livelli diversi sul piano delle competenze teologiche. Riaffermiamo così quel superamento delle polarità gerarchiche tra teoriche e militanti (che si rifà alla triste polarità mente e corpo), già presente nei canoni delle teologie femministe. Tutt* pensiamo e agiamo. Elisabeth Schüssler Fiorenza ci ha trasmesso un messaggio potente: occorre «una teologia dal basso, dove l'agire è quasi più decisivo del pensiero».

L’Osservatorio si nutre del lavoro di un Consiglio direttivo e delle attività dei gruppi locali Daremo avvio presto anche a gruppi tematici, che tramite le risorse del WEB possono attivarsi in autonomia. Condizione di possibilità della vita dell’OIVD è muoversi in ambiente fluido, leggero, rizomatico, dove soci/e possono dare sbocco costruttivo alla loro creatività. Il modello cui ispirarsi è quello della rete, che consente duttilità e molteplicità di iniziative, disseminate, indipendenti ma in circolo: una rete che abbia un polo (il CD) che funge da dispositivo rappresentativo e riferimento nazionale e internazionale. L’Osservatorio si è inserito nelle dinamiche pubbliche soprattutto attraverso la diffusione di Comunicati stampa su questioni su cui si è ritenuto esporsi. La raccolta è in https://bit.ly/37JJoah. Tra i comunicati, alcuni hanno uno spessore particolare per le risonanze ottenute. Mi riferisco in particolare a quello in occasione del “Congresso mondiale delle famiglie", a marzo 2019 a Verona. Nel pensiero dominante – precisavamo – si fa coincidere l’istituzione familiare con la famiglia patriarcale: essa però non è naturale, come la si vorrebbe presentare, ma costruzione storica. Non intendevamo attentare ad affetti o legami familiari, ma piuttosto affermare che in quel nucleo si è coltivata la sottomissione delle donne a cui, in questo quadro, è attribuito il ruolo materno come massima espressione di sé.

Il comunicato dal titolo “La risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti armati” è stato un’altra tessera importante. Affermavamo, tra l’altro, il nostro sostegno alle donne vittime di stupro di guerra e parlavamo di disumanità nel caso venisse vietato loro l’aborto, che costituiva il punto critico del dibattito in corso.

Nei tre appuntamenti intitolati “Osservazioni sul tempo presente”, una cinquantina di donne (e qualche uomo) connesse online hanno preso parola a partire da sé sul tempo del lockdown; hanno potuto scambiare riflessioni, sensazioni, emozioni... in circolo con le/gli altre/i. Non abbiamo voluto impostare gli appuntamenti invitando relatrici che, come esperte, fornissero un qualche indirizzo al confronto. È stata una scelta consapevole: abbiamo preferito rifarci alle pratiche femministe del gruppo poco strutturato, dove tutte sono convocate a prendere parola. Temi principali degli appuntamenti sono stati: 1. il sistema prostituente; 2. Il tempo della “cura”. Di questa esperienza è stato realizzato un Format prossimo a uscire. Sul 1° punto si è deciso di organizzare – congiuntamente con la Federazione delle Donne Evangeliche in Italia – un webinar nell’inverno 2020-21. Lo sguardo sarà incardinato sulla nostra cifra, ovvero l’analisi critica delle forme di sessualità maschili che rappresentano la domanda di tale aberrante schiavitù, dove la distinzione tra tratta e lavoro “scelto” è, a parere di molte di noi, funzionale alla logica androcentrica. Grande rilevanza avrà l’ottica con cui le comunità religiose istituzionali trattano la materia. Molto altro del cammino fin qui percorso si può sbirciare nel sito già segnalato.

Per molto tempo – come presidente – sono stata abitata dalla preoccupazione di usare una lingua che non offendesse la sensibilità di nessuna. Ma la pratica di un esperanto delle religioni era assai deludente: negarsi la lingua è negare il corpo, la storia, il vissuto. La lingua da cui sono parlata, quando mi esprimo a nome dell’OIVD, sarà un’onda tra le onde, in una sinfonia di tanti idiomi che si intrecciano, e non si elidono. Siamo un cantiere aperto e vogliamo continuare ad esserlo.

Siamo attraversate anche da debolezze, limiti, sbandamenti, relazioni incagliate o fallite (ci sono, ahimé). Ma sappiamo che il perfezionismo è nostro nemico. E vediamo che quei semi che sono stati gettati sul terreno buono danno frutto (Mc 4,6)! Le fedi ci sostengono a credere nel sogno e allo scommettere su quell’avamposto che è l’OIVD: una alleanza intersezionale transreligiosa nell’orizzonte della mistica-politica. Faremo un passo dopo l’altro con tenacia, pazienza, audacia. A volte mi sento sopraffatta, ma allora mi raggiunge Simone Weil, col suo ardire estremo: «Sembra di trovarsi in un’impasse da cui l’umanità possa uscire solo con un miracolo. Ma la vita umana è fatta di miracoli». 

Presidente dell’OIVD, Paola Cavallari è referente del SAE di Bologna e membro del Coordinamento Teologhe Italiane.

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