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Cosa abbiamo in Comune

Cosa abbiamo in Comune

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 36 del 16/10/2021

BREVI CENNI SULLE ELEZIONI

Brevi perché a caldo, e non ancora completati dal ballottaggio. Che – per inciso – potrebbe anche cambiare la “narrazione” di questa tornata elettorale. Che, sembra scontato dirlo, ha visto alcuni semplici ma chiari segnali: il calo di affluenza alla urne conferma la disaffezione crescente per la politica; i candidati cosiddetti civici non possono essere scelti per mera considerazione che non sono politici di professione, ma per qualità e competenza, altrimenti perché bisognerebbe votarli?; che di città si è parlato pochissimo: come dicono gli inglesi, più politics (i conflitti per il potere), che policy (le questioni concrete da risolvere nell’interesse dei cittadini): bisognerà aver cura di cambiare registro nelle prossime; che il coinvolgimento di migliaia di candidati non significa passione per la politica, anzi. La pandemia ha colpito, certo, forse anche riducendo la fuffa che spesso accompagnava questi eventi: in molti non lo hanno capito e bisognerà che se ne parli. Il resto alla prossima.

TRA PROPOSTE E PROMESSE

Su Roma l’associazione Retake (retake.org/roma/) fa un egregio lavoro di cura dei Beni pubblici e di rigenerazione urbana che porta a riabilitare situazioni di degrado. Di qui l’idea di intervistare i principali candidati sindaci «per conoscere il loro pensiero su alcuni dei temi». Senza la pretesa di aver toccato tutti gli argomenti importanti, scrivono, sperano che l’iniziativa possa aiutare a votare con una maggiore consapevolezza dei programmi e dei progetti. Ma queste pagine arriveranno ai lettori dopo il primo turno. Quindi, queste risposte (tranne quelle di Michetti che non ha partecipato quasi mai al confronto) possono servire anche per una valutazione al ballottaggio o, per fare pressione sul futuro sindaco che, di queste dichiarazioni fatte prima, dovrà dare conto. Su decentramento amministrativo, Gestione Ama, Rifiuti. «Il futuro di Roma è nelle vostre mani. Siatene degni». Concludono. Occorrerà controllare.

ROMA: SPAZI CULTURALI CHIUSI

«Chi vuole davvero affrontare il tema del cambio destinazione d’uso degli spazi culturali?», si chiede l’associazione direfarecambiare.org che da mesi sta facendo richiesta per ottenere «l’assegnazione di uno spazio in cui fare attività, un luogo dove creare e condividere cultura». Risposte? Niente. Nel complicato iter di richiesta informazioni per la procedura di assegnazione, la nota positiva è aver incontrato tante associazioni e organizzazioni nella medesima situazione: «Poche informazioni e molto confuse che sembrano volte a disincentivare tutti i richiedenti». Eppure «Roma è una città piena di luoghi chiusi e abbandonati che potrebbero essere affidati alle tante associazioni esistenti: pensiamo ai Forti, all’ex manicomio del S. Maria della Pietà, alle caserme abbandonate, alle ex fabbriche, ecc.». Ma, aggiungono, «non possiamo non chiederci perché a fronte di tantissimi spazi inutilizzati e abbandonati, sia così difficile ottenere l’assegnazione alle associazioni presenti nei territori. Perché preferire che questi luoghi restino chiusi e abbandonati?». L’associazione ha realizzato una mappatura (sul sito) dei cinema chiusi di Roma, (curata da Silvia Sbordoni). Il dato che emerge è più che allarmante, anche per il cambio di destinazione d’uso: a Roma sono 101 sale di cui i cinema abbandonati o dismessi sono 43, i cinema trasformati in sale bingo, negozi o supermercati sono 53 e solo in 5 casi in totale e su iniziativa di privati, vengono restituiti alla cittadinanza come luoghi culturali con valenza sociale. «Gli spazi culturali sono un tema fondamentale per la nostra città e partendo da questa. La cultura è la base di una società all'altezza di tutti/e, a chi interessa tutto questo».

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