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PRIMO PIANO. Clamorose dimissioni

PRIMO PIANO. Clamorose dimissioni

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 4 del 05/02/2022

Le clamorose dimissioni da papa, rese pubbliche da Benedetto XVI nel 2013, segnano una data rilevante nella storia della Chiesa cattolica: da quel giorno in poi, infatti, per i vescovi di Roma la rinunzia al ministero è diventata concepibile e – in

determinate situazioni – perfino auspicabile. L’elezione successiva di papa Francesco potrebbe essere il segnale di una svolta meno clamorosa, ma non meno rilevante: la consapevolezza pungente, inequivoca, della necessità di scegliere come vescovi (e, in particolare, come vescovi della sede romana) pastori e non dottori: uomini di governo (dunque d’intuito psicologico,

di polso, di cuore) e non professori (dunque eruditi, affezionati alle dispute teoriche, poco inclini all’immersione nella quotidianità dei profani).

Ma cosa ha spinto Joseph Ratzinger a compiere uno dei suoi pochissimi gesti profetici, il gesto per cui sarà ricordato nei

secoli a venire? Da numerosi indizi – che egli stesso ha disseminato in dichiarazioni pubbliche e interventi scritti – si direbbe:

la percezione di una crisi, interna alla stessa Chiesa cattolica, così grave da non riuscire a gestirla. La percezione che la

barca di Pietro fosse ormai talmente lacerata da rischiare seriamente il naufragio. Forse Benedetto XVI si è reso conto del

paradosso per cui aveva speso le sue migliori energie (da teologo, da vescovo, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede) nella lotta contro i nemici “esterni” (atei, comunisti, agnostici, relativisti, edonisti…) senza accorgersi della cancrena “interna”.

Di queste metastasi tumorali – che hanno devastato l’organismo ecclesiale – il fenomeno della pedofilia non costituisce certo un elemento secondario. Le denunzie documentate, che provengono da ogni parte del globo in cui la Chiesa cattolica ha esercitato un’influenza significativa, lo attestano con una frequenza tale da non stupire più l’osservatore medio. Il recentissimo dossier sugli abusi sessuali di preti tedeschi su minori non farebbe quasi più notizia se non contenesse un

dettaglio: che lo stesso Ratzinger, da arcivescovo di Monaco e Frisinga (1977-1982), avrebbe peccato di negligente sordità in quattro casi arrivati sul suo tavolo. Le speculazioni scandalistiche sono troppo facili per darvi corda. La notizia conferma ciò che la carriera di Ratzinger ha mostrato clamorosamente: la sua inadeguatezza a ruoli di guida.

Cosa ci attende nel prossimo futuro? Davvero l’esplosione di questa pentola in ebollizione costituirà un discrimine nella

storia della Chiesa cattolica? Personalmente sono sicuro solo di due o tre cose. La prima: la strategia di minimizzare

la tragedia non pagherà più. Quando al Salone del libro di Torino, nel 2010, è stato esposto il mio Non lasciate che i

bambini vadano a loro. Chiesa cattolica e abusi sui minori un monsignorino di passaggio mi rimproverò di aver scritto un

libro del genere (che non aveva neppure sfogliato!). Quasi dodici anni dopo non so se sia rimasto della stessa opinione.

La seconda convinzione sul tema: gli abusi sessuali sui minori – come altri comportamenti più o meno sotterranei in contrasto con la dottrina morale della Chiesa – dovrebbero indurre i vertici ecclesiastici a rivederne l’intero impianto. Un

rigorismo normativo fondato su sessuofobia, diffidenza verso le scienze umane, ignoranza delle riflessioni filosofiche contemporanee, esegesi letteralistica della Bibbia, asimmetricità fra voce dei “pastori” e voce del “gregge”… è compatibile con la libertà dei figli di Dio e con il messaggio di compassionevole solidarietà proposto anche da Gesù di Nazareth? O non siamo fermi a due millenni fa, quando il Predicatore errante accusava scribi e farisei di mettere sulle spalle della gente pesi che essi non toccavano neppure con un dito (Luca 11, 46) ?

Una terza convinzione è, infine, ai miei occhi la più rilevante: per quanto grave possa risultare nell’opinione comune ogni

incoerenza ecclesiastica fra rigorismo morale, proclamato dall’altare, e pratica clandestina, nel buio delle sacrestie, si tratta

comunque di dati che la gente potrebbe pure, col tempo, perdonare o semplicemente dimenticare.

Questi fattori “etici” di perdita di consenso sono trascurabili rispetto ad altri aspetti, meno eclatanti: il rivestimento

dogmatico che, in questi venti secoli, ha ingabbiato e sclerotizzato l’annunzio originario di Gesù. La carica dirompente dell’avvento di un nuovo mondo – meglio: di un nuovo modo di essere al mondo – è stata smussata, narcotizzata. Dal gesuanesimo al cristianesimo: il passaggio letale da una proposta di vita individuale e collettiva (basata sulla fraternità, la

responsabilità, l’impegno ad alleviare ogni genere di sofferenza), di immediata comprensione da parte di chiunque, a una

delle tante “dottrine”, più o meno intelligibili, da imparare a memoria e trasmettere, da una generazione all’altra, come salvaguardia ideologica dello status quo del pianeta. Non so se la Chiesa cattolica (organizzazione faraonica non prevista da Gesù né dai suoi primi discepoli) sopravvivrà allo scandalo della pedofilia, ma temo che affonderà lentamente sotto il peso di

dogmi cervellotici e di precetti moralistici. 

* filosofo e saggista, Augusto Cavadi dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza” (www.augustocavadi.com)

 

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