Nessun articolo nel carrello

Acqua. Il valore non è un prezzo

Acqua. Il valore non è un prezzo

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 4 del 05/02/2022

«Lavatevi le mani con acqua pulita per almeno 40-60 secondi».

Quante volte, nell’epoca di pandemia in cui viviamo, avete sentito ripetere questa raccomandazione? Migliaia. Eppure, quello che appare un gesto semplice e accessibile e tutte e tutti, mentre già non lo è oggi per milioni di persone nel mondo che, per motivi diversi, non hanno accesso all’acqua, potrebbe, a breve, non esserlo neppure per noi, che viviamo nel cosiddetto “primo Mondo”.

L’acqua, il bene comune fondamentale, il diritto per eccellenza, la condizione per l’esercizio degli altri diritti umani, fonte di Vita e salute, è costantemente attaccata da chi vuole privatizzarla, renderla suscettibile di valutazione economica, venderla al migliore offerente, sottrarla alla sua natura che è quella di scorrere, libera e pura, a disposizione di tutte e tutti. Ci avevano provato i decreti del 2006 e del 2008, abrogati dal grande voto referendario popolare del 2011, che ha sancito, con oltre il 90% dei voti, che l’acqua deve uscire dal mercato e che su di essa non si possa fare profitto. Un voto costantemente e quotidianamente disatteso, in questi dieci anni in cui nessuno degli otto governi di vario colore che si sono succeduti è stato capace di tradurre la volontà del popolo in Legge. Ci ha provato, e ci sta riuscendo bene, il mondo della finanza che, consapevole della fine dell’era dell’oro nero, ha avviato quella dell’oro blu con cui fare lauti guadagni. Il 7 dicembre 2020 l’acqua è stata quotata nella Borsa di Chicago, su iniziativa del più potente fondo d'investimento speculativo mondiale, il Black Rock.

Attualmente 2,2 miliardi di persone non hanno ancora un accesso minimo vitale all’acqua potabile e 3,4 miliardi non dispongono di servizi igienici di base. Cosa fa la finanza? Interviene pesantemente per “governare” la penuria idrica e assicurare così, grazie a un prezzo speculativo, anzitutto la disponibilità dell’acqua alle imprese private grandi utilizzatrici e produttrici di profitto. Sottoporre l’acqua alla speculazione finanziaria apre a scenari ancora peggiori che, inevitabilmente, porteranno all’emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese, aggravando la crisi globale ecosistemica, climatica, economica, sociale e sanitaria Chi ha soldi, potrà dissetarsi e vivere. Chi è senza, sarà destinato a morire. E il problema non riguarda solo gli Stati del Sud del mondo, ma anche noi occidentali; le previsioni per l’Italia dicono che, tra 20 anni, potremmo avere il 50% in meno dell’attuale disponibilità idrica, in un quadro pesantemente aggravato dalla crisi climatica e dal surriscaldamento del Pianeta. Proprio l’attuale emergenza sanitaria evidenzia, da una parte, che l’acqua potabile non è un bene di consumo, ma un bene fondamentale per la tutela della nostra salute, e dall’altra, che non si può derogare a quelli che chiamiamo i diritti dell’acqua, che sono strettamente connessi al nostro diritto di avere accesso a questa risorsa naturale.

Diritti dell’acqua significa: la salvaguardia del suo ciclo naturale e degli ecosistemi; la riduzione dell’inquinamento individuando e agendo sulle cause che lo determinano e non solo sulla base del principio «chi inquina, paga», che di fatto riconosce il diritto di inquinare e circoscrive in termini economici la questione della riconversione dei sistemi di produzione; la riduzione dello sfruttamento idrico; il contrasto all’accaparramento di bacini sotterranei e sorgenti da parte delle imprese produttrici di acque minerali e bibite; la riduzione della plastica legata al consumo di acqua; la promozione della gestione pubblica del servizio idrico; il consumo di cibo e beni a minore indice di acqua virtuale utilizzata per la produzione, cioè con minore impatto ambientale. Perché il nostro compito oggi è quello di attuare un cambiamento di rotta verso un nuovo modello di giustizia rivolto anche alle future generazioni: «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri», come ha ricordato anche papa Francesco. Le quasi 118.000 firme di cittadine e cittadini italiani che, in poco più di un mese, abbiamo raccolto, sono un forte segnale verso il rovesciamento di questo paradigma, perché indicano che è fallimentare l’idea dei gruppi sociali dominanti secondo cui è il prezzo di mercato a definire il valore di qualsiasi cosa, anche un m³ d’acqua potabile. Queste 118.000 persone dicono che l’acqua deve essere trattata come un bene comune mondiale e firmando hanno espresso una coscienza nuova e concreta della condizione umana, un capovolgimento riguardo alla dimensione storica della vita, dalla quale partire per definire e riorganizzare le relazioni tra i 9 miliardi di persone che tra poco abiteranno la Terra insieme agli altri miliardi, ben più numerosi, di esseri.

Ci vuole coraggio e forza per rivendicare la scelta dell’acqua come bene comune mondiale pubblico in un’epoca in cui chi governa fa di tutto per demolire il concetto di pubblico e statale, e lo vediamo molto bene anche nella formulazione dell’art. 6 del DDL Concorrenza, che affida al mercato i servizi pubblici locali, compreso il servizio idrico, ponendo la supremazia del mercato su tutto, anche quando le privatizzazioni rappresentano un chiaro fallimento, come nel caso del servizio idrico: aumento delle tariffe, investimenti insufficienti, reti idriche con perdite al 40%. Inoltre, si prevedono incentivi per favorire le aggregazioni, indicando così chiaramente che il modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa, che diventeranno i soggetti monopolisti praticamente a tempo indefinito. L’acqua pubblica è stata eliminata dal linguaggio corrente e fa sempre meno parte della narrazione etica, sociale e politica della vita. Per tutti questi motivi alla fine di Gennaio chiederemo di incontrare i decisori a cui è rivolta la nostra rivendicazione, che si può firmare a questo link: chng.it/p8w8y4qP, perché le istituzioni nazionali devono prendersi la responsabilità di essere state silenti, di fronte a questa vergognosa operazione di monetizzazione di un bene pubblico essenziale il cui diritto di accesso deve essere universale. Ecco, non laviamocene le mani anche noi.

*Elena Mazzoni è portavoce italiana per la Campagna Internazionale contro la quotazione dell’acqua in Borsa

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.