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La violenza diventa fiction

- Rio de Janeiro: i media esaltano i conflitti tra polizia e malavita, dimenticando i rischi corsi ogni giorno dalla popolazione civile

Tratto da: Adista Contesti n° 101 del 25/12/2010

Tratto da “Brasil de fato” (7/12/2010). Titolo originale: “A barbárie como espetáculo”

Fra i tanti protagonisti della crisi della Sicurezza Pubblica a Rio de Janeiro uno in particolare si distingue: i media commerciali. Le emittenti Tv e radio e i giornali di maggiore tiratura sono riusciti a creare una realtà a parte. In essa, i poliziotti che più uccidono e che più muoiono al mondo sono diventati eroi. La popolazione, che corre il rischio di essere bersaglio di proiettili vaganti, è stata rappresentata come un insieme di cittadini grati per l’arrivo delle “forze del bene”. Il panico ha assunto contorni di lucroso spettacolo, trasmesso per intere serate. La copertura televisiva è stata paragonabile a quella fornita per conflitti come quello dell’Iraq. E anche il linguaggio scelto è stato di guerra. Poche volte il giornalismo brasiliano è stato così vicino alla fiction.

La barbarie dei narcotrafficanti e la reazione delle polizia sono state presentate con termini quali “Guerra di Rio”. Claudia Santiago, del Nucleo Piratininga de Comunicão (un gruppo di giornalisti, professori universitari, artisti, grafici, fotografi che hanno come obiettivo migliorare la comunicazione, ndt), critica la scelta di simili termini. “Guerra di chi contro chi? Una guerra nella quale i nemici sono i trafficanti delle favelas non a caso poveri, neri e candidati ad una vita brevissima. Non si legge una riga - accusa - sui grandi capi del narcotraffico: banchieri, giudici, caporioni politici e militari, avvocati”. Tutto il linguaggio mediatico ha preso in prestito il linguaggio dalla guerra. Innocenti assassinati dalla polizia sono diventati “perdite civili”. La favela Vila Cruzeiro si è trasformata nel “bunker del narcotraffico”, e il giorno in cui la polizia ha fatto irruzione nella favela il “D-day”, con riferimento allo sbarco in Normandia, nella Seconda Guerra mondiale, decisivo per la sconfitta della Germania nazista.

La presa del Complexo de Alemão, altra favela, è stata presentata come una vittoria inedita, punto di svolta nella storia della città. E con scene cinematografiche. Le bandiere del Brasile e di Rio de Janeiro, issate nel punto più alto delle favelas, ricordavano l’arrivo dell’uomo sulla luna. “Il triste è che questo spettacolo mediatico fa sì che molta gente dabbene tifi per lo sterminio di questi giovani, come si tifa per Rambo nei film di Hollywood. Il tutto è trasformato in un grande spettacolo per ottenere l’adesione delle persone. E l’ottiene”, lamenta Claudia. Il sostegno alle operazioni di polizia, considerate un  successo dai giornalisti e da buona parte dei commentatori ascoltati dai grandi mezzi di informazione, a quanto pare ha trovato eco nella popolazione di Rio.

 

Militarizzazione legittimata

 

“La copertura della Tv privilegia la drammatizzazione. Va da sé che rappresenta una tendenza da qui in avanti. Un equivoco. Mi dispiace che grandi media si trovino in questa posizione”, ha criticato Ignácio Cano. Sociologo legato al Laboratorio di Analisi della Violenza della Università dello Stato di Rio, Ignácio è uno degli esperti di sicurezza pubblica più frequentemente interpellati nei periodi di crisi. Per José Cláudio Alves, vice rettore della Università Federale Rurale di Rio, “la logica militare acquista ampio terreno quando una esecuzione sommaria, elevata a categoria di politica pubblica, è legittimata dai media”.

Un’altra fonte storica dei grandi media è Luiz Eduardo Soares, ex segretario - nazionale e statale - di Sicurezza Pubblica. Per la prima volta, l’intellettuale ha staccato il cellulare, per non rispondere ai giornalisti. “Non posso più convenire con il ciclo informativo che ripetono sempre i media: attenzione alla sicurezza nelle crisi acute e nessun investimento riflessivo e informativo realmente approfondito negli intervalli fra queste crisi”, ha scritto in un articolo. E ancora: “Ogni pensiero analitico è modificato, troncato, costretto – in una parola, bandito – perché regnino incontrastati l’esaltazione passionale delle emergenze, le immagini spettacolari, i drammi individuali e la retorica paradossalmente trionfalista del discorso ufficiale”.

Alla fine, nello stesso articolo, il sociologo critica la falsa dualità creata dai media, fra poliziotti e trafficanti. “Non esiste la polarità. Costruirla – cioè separare bandito e poliziotto – dovrebbe essere la mèta più importante e urgente di qualsiasi politica della Sicurezza degna di questo nome”. Secondo Soares, non c’è azione criminale a Rio de Janeiro dalla quale siano assenti segmenti corrotti della polizia. Sarebbe giustamente questa interpenetrazione fra narcotraffico e polizia a far sì che continui ad essere possibile l’illegalità. Oltre a questo, il gap di forza bellica fra le due forze in conflitto, polizia e narcotraffico, viene attenuato se si usa il termine “guerra”: la potenza di fuoco dei poliziotti è molto maggiore.

 

Bottini e dispersione

 

Un buon esempio di copertura tipo fiction del conflitto è rappresentato dalla trasmissione sull’invasione da parte della polizia di Vila Cruzeiro. Il cosiddetto “D-day” è stato celebrato dai media. La polizia avrebbe ottenuto una grande vittoria occupando una favela dove il potere pubblico non riusciva ad entrare da tre anni. Secondo i giornalisti, la popolazione avrebbe tirato un sospiro di sollievo, lodando i soldati. E la polizia starebbe facendo pulizia di droghe e armi. Isabel Cristina Jennerjahn, appartenente alla Rete dei Movimenti e Comunità contro la Violenza, era presente nella comunità e ha tracciato un resoconto abbastanza diverso. Sebbene riconosca che la sensazione locale sia stata in gran parte anche di sollievo, riferisce che però buona parte degli abitanti se ne sta andando dalla favela.

Secondo Isabel, alcune case sarebbero state saccheggiate dalla Polizia Militare (Pm) e il Bope (Battaglione di Operazioni Speciali, ndt) starebbe impedendo ai familiari dei trafficanti morti di cercarne i corpi nel bosco. Morti, questi, taciuti dalla Tv. I giornali di domenica 28 novembre preferivano divulgare un progetto del prefetto Eduardo Paes (Pmdb, Partito del Movimento Democratico brasiliano) che annunciava il desiderio di urbanizzare la favela. Movimenti e Ong non credono che nel Complexo do Alemão si stia preparando qualcosa di analogo. La dispersione è stata ancora maggiore lì che nella Vila Cruzeiro. Si teme che banditi disarmati siano usciti normalmente passando attraverso la barriera di poliziotti, come gli altri abitanti. “Vedremo nuovi morti ammazzati, e non ci saranno indagini”, profetizza José Claudio. E critica anche le decisione dei media di non far i nomi delle fazioni di narcotraffico.

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