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Ricordare le vittime, non la “vittoria”

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 79 del 29/10/2011

Il 4 novembre 1918 per l'Italia finì la Prima guerra mondiale, quell’immensa carneficina che nella storiografia e nella memoria di ogni persona cosciente resta fissata nella lapidaria definizione che ne diede Benedetto XV: una «inutile strage».

Ma per i poteri dominanti in Italia il 4 novembre divenne la festa della vittoria guerriera, della patria in armi, delle forze armate, e come tale è stata lungamente utilizzata a fini di consenso e di propaganda, facendo ancora uso delle innocenti vittime per provocare nuove vittime innocenti. Ripugnante uso.

Come sempre hanno saputo coloro che in guerra vengono mandati a morire per gli altrui vergognosi interessi, la guerra è un crimine contro l'umanità, e il 4 novembre è quindi non un giorno di festa ma di lutto, lutto per tutti gli assassinati dalla Grande guerra, per tutti gli assassinati da tutte le guerre. «4 novembre, non festa ma lutto» è l'incipit di uno storico manifesto del Movimento nonviolento che da decenni ha chiarito la situazione e i compiti di ogni persona decente: l'unico modo di ricordare e onorare le vittime delle guerre è battersi contro le guerre; e battersi contro le guerre implica anche in primo luogo l'impegno per la smilitarizzazione e per il disarmo. Il disarmo vero e immediato: unilaterale; la smilitarizzazione vera, reale: abolendo gli eserciti, cominciando noi, qui, adesso.

È una proposta concreta, che implica ovviamente la costruzione degli strumenti adeguati ad una modalità alternativa di gestione e risoluzione dei conflitti internazionali: e questa alternativa è costituita, oltre che dalle modalità consuete del diritto internazionale e della diplomazia, oltre all’espansione pacifica e solidale della democrazia e del rispetto dei diritti umani, oltre alla cooperazione internazionale nella consapevolezza che una è l'umanità e una la casa comune di essa (la biosfera), soprattutto da specifici strumenti e forme organizzative e d'intervento peculiarmente e coerentemente nonviolenti: come i Corpi civili di pace (li propose molti anni fa Alexander Langer al Parlamento europeo, ma l'Unione Europea ha fin qui disatteso quella profetica indicazione); o come la Difesa popolare nonviolenta (presente da anni nella legislazione italiana, ma ancora pressoché del tutto inapplicata dalle istituzioni anche a livello di mera sperimentazione). Esistono molte esperienze concrete di gestione e risoluzione nonviolenta dei conflitti, scaturite perlopiù dall'azione della società civile: occorre che finalmente la nonviolenza diventi legge e la guerra diventi fuorilegge.

Il prossimo 4 novembre la nonviolenza in Italia sfiderà la menzogna e la violenza dominanti, l'ideologia e le pratiche del sistema militarista e razzista, per fare del giorno che ricorda le vittime dell’«inutile strage» un giorno di lotta contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni: è l'unico modo per rendere autentico omaggio alle vittime. Grida il sangue degli uccisi. Le persone amiche della nonviolenza intendono raccogliere quel grido e fare del 4 novembre un giorno di lutto e di lotta.

Dopo la marcia Perugia-Assisi del 25 settembre, dopo la giornata internazionale della nonviolenza del 2 ottobre, il prossimo 4 novembre in Italia la nonviolenza sfida la guerra promuovendo in molte città – e, se vi riusciremo, in tutte le città italiane (v. box) – l’iniziativa “Ogni vittima ha il volto di Abele”, riprendendo questa formula di Heinrich Boll. Poiché «ogni vittima ha il volto di Abele». Adoperiamoci per far cessare tutte le guerre, subito.

E mentre mostruosamente lo Stato italiano sta partecipando a due scellerate guerre e sta praticando una persecuzione razzista nei confronti di migranti e viaggianti, sia il 4 novembre un giorno di lotta nonviolenta contro questi due crimini, un giorno di lotta nonviolenta che nel ricordo delle vittime passate impedisca che si continui a mietere nuove vittime. Un 4 novembre di azione nonviolenta con obiettivi politici precisi e concreti, che per dirlo in poche essenziali parole sono semplicemente questi: che cessi immediatamente la partecipazione dello Stato italiano alle guerre assassine in Afghanistan e in Libia; che cessi immediatamente la persecuzione razzista dello Stato italiano nei confronti di migranti e viaggianti; che siano abrogate immediatamente le misure legislative ed amministrative anomiche e disumane in cui si è concretizzato il colpo di stato razzista; che cessi immediatamente il colossale infame sperpero dei pubblici denari per le armi, gli armigeri, le guerre e le stragi; che si dimetta immediatamente il governo della guerra e del razzismo, delle uccisioni e delle persecuzioni; che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica italiana che ripudia la guerra e riconosce e sostiene la vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani.

* Centro di ricerca per la pace (Viterbo)

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