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PRIMO PIANO. La legge del bilancio combatte i poveri ma non la povertà

PRIMO PIANO. La legge del bilancio combatte i poveri ma non la povertà

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 39 del 17/11/2018

“Con questa manovra aboliremo la povertà” ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, presentando il NaDef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza), in pratica la prima Legge di Bilancio del nuovo governo. «È la manovra del popolo», gli ha subito fatto eco l'altro vicepresidente Matteo Salvini.

Parole roboanti, inserite dentro un contesto di apparente conflitto con l'Unione Europea e i vincoli di bilancio da questa imposti, che fanno apparire il governo gialloverde come il “governo del cambiamento”, da tempo agognato.

Alla composizione di questo quadro contribuiscono in maniera speculare tanto l'establishment europeo con le minacce di bocciatura della manovra quanto le opposizioni in Parlamento che si concentrano sull'“irresponsabilità” di una finanziaria che porta il deficit al 2,4% facendo aumentare il debito pubblico.

Ma le cose stanno veramente così? Stiamo vivendo un conflitto reale e la svolta è dietro l'angolo?

Direi proprio di no e da tutti i punti di vista.

Se partiamo dall'apparente conflitto tra governo giallo-verde ed Unione Europea, tre elementi ci aiutano a chiarire meglio il quadro. Il primo riguarda il contesto macroeconomico e politico, per cui se il governo italiano può contare sul fatto che l'Italia sia “too big to fail” (troppo grande per fallire), l'Ue può parimenti contare sul fatto che l'Italia sia “too big to saved” (troppo grande per essere salvata). Ovvero, entrambi i contendenti sanno che un compromesso è già in qualche modo garantito e che la singolar tenzone fa parte della propaganda politica e mediatica.

Questo è tanto più vero se analizziamo il secondo elemento: lo sforamento del deficit al 2,4% è previsto solo per il 2019, mentre per gli anni successivi è programmato un repentino rientro. Questo significa che Lega e 5Stelle non hanno intenzione di mettere in discussione – come invece sarebbe necessario – la trappola del debito e le politiche di austerità, bensì puntano solo ad avere soldi “sporchi, maledetti e subito”, in vista delle elezioni europee di maggio 2019.

Il terzo elemento riguarda l'entità complessiva della manovra: poiché la nostra spesa per gli interessi sul debito è pari al 3,8% del Pil, lo sforamento del deficit al 2,4% non significa una manovra espansiva e di aumento della spesa pubblica, bensì la continuità delle politiche di austerità, con un avanzo primario dell'1,4%. Ovvero, come già avvenuto negli ultimi 28 anni (record mondiale), anche con il “governo del cambiamento” le entrate saranno superiori alle spese e tutto questo in un contesto di povertà drammaticamente in aumento, come segnalato anche recentemente dal rapporto 2018 della Caritas. Cosa si evince da questo ragionamento? Che il dissenso con l’Europa non è sul segno della politica fiscale, ma semplicemente sull’entità della stretta che il Governo deve dare all’economia e a ciò che rimane dello stato sociale.

E veniamo ai contenuti della manovra, che sono essenzialmente tre: il cosiddetto “reddito di cittadinanza”, la modifica della Legge Fornero sulle pensioni e la flat tax.

Sul “reddito di cittadinanza” si sono sprecate roboanti scaramucce mediatiche, ma la cifra che dà l'idea di cosa si tratti è la reiterata dichiarazione “non vogliamo dare soldi a chi sta seduto sul divano”, da cui traspare lo stigma della povertà e della disoccupazione come colpa individuale. Non ci troviamo quindi sul versante del diritto al reddito, bensì su quello del sussidio integrativo e condizionato da una condotta meritevole, legata a prestazioni lavorative, alla partecipazione a percorsi formativi, e all'accettazione obbligatoria della terza proposta di lavoro individuata, con la chicca finale dell'obbligo di spesa di quanto ricevuto e l'indicazione dei prodotti acquistabili. Più che un reddito di cittadinanza per i non abbienti sembrerebbe un'integrazione al reddito dei commercianti che verranno individuati.

Sulle modifiche alla legge Fornero, i dati in possesso sono ancora poco chiari in merito a norme, platea degli interessati e modalità di avvio. ma tutto fa pensare che le ipotesi di “superamento” della Legge Fornero conterranno condizionalità e penalità per accedere a quello che fino a qualche anno fa era un diritto acquisito con il lavoro.

È invece privo di ogni incertezza il segno della flat tax che, pur iniziando in sordina in quanto rivolta solo alle partite Iva con reddito entro 65.000 euro, è un provvedimento destinato ad aumentare la diseguaglianza sociale già oggi drammaticamente evidente. Come dichiarato dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria (intervista al Sole 24Ore del 30/09/18), «Sul piano fiscale tutti gli interventi che stiamo preparando sono a favore delle imprese e delle partite IVA. Purtroppo abbiamo dovuto rimandare, con rammarico, l’alleggerimento della pressione fiscale sui redditi personali » ovvero sul lavoro. Un vero e proprio regalo ai ceti più ricchi, in diretta continuità con le politiche fiscali degli ultimi 30 anni, che, tra l'altro, come rilevato dal rapporto “Riforme fiscali e debito pubblico italiano” di Cadtm (Comitato per l'annullamento dei debiti illegittimi), hanno inciso per il 13% sull'aumento del debito pubblico nazionale, in quanto lo Stato ha dovuto sovraindebitarsi per coprire le minori entrate.

Ma come verrà finanziata la “manovra del popolo”? Se ne parla poco, ma, poiché la matematica non è un'opinione e, come abbiamo visto, il risultato finale sarà un avanzo primario pari all'1,4% del Pil, è evidente che, oltre all'indecente condono chiamato “pace fiscale”, ci si avvarrà da una parte di un'«operazione veramente drastica di spending review» (ministro Tria, medesima intervista) quindi meno spese per sanità, istruzione e servizi pubblici; dall'altra, dell'eterno ritorno delle privatizzazioni.

Più che combattere la povertà, siamo dunque di fronte a una manovra che, ancora una volta, combatte i poveri. 

* Socio fondatore di Attac Italia, animatore del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, Marco Bersani è fra i soci fondatori di Cadtm Italia (Comitato per l'annullamento dei debiti illegittimi) e fra i promotori della Campagna “Stop TTIP Italia”. Collabora con il manifesto. Il suo ultimo libro è Dacci oggi il nostro debito quotidiano (DeriveApprodi, 2017)

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