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Emergenza diritti umani sui confini d'Europa: un rapporto dei gesuiti

Emergenza diritti umani sui confini d'Europa: un rapporto dei gesuiti

Tratto da: Adista Notizie n° 40 del 24/11/2018

39575 ROMA-ADISTA. Altro che «finita la pacchia». Per un rifugiato che tenta di raggiungere il vecchio continente la vita è tutt'altro che facile, e non solo per i laceranti viaggi della speranza che, in molti casi, si accompagnano a sofferenza, abuso, violenza, tratta e morte. Ma anche perché, in barba al diritto internazionale, la “fortezza Europa” si è ben attrezzata per blindare le sue frontiere, praticare respingimenti (anche con metodi violenti) o rendere le richieste d'asilo dei percorsi a ostacoli. Insomma, interne o esterne che siano, le frontiere d'Europa sono diventate impermeabili, anche per malati e minori, denuncia “Dimenticati ai confini dell'Europa”, il recente rapporto – redatto dal Jesuit Refugee Center (Jrs, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati) in collaborazione con l'Istituto palermitano di formazione politica “Pedro Arrupe” – che racconta «una vera e propria emergenza dal punto di vista della tutela dei diritti umani» puntando il dito sugli Stati europei.

Il dossier, presentato a Roma il 13 novembre scorso, si basa su 117 interviste qualitative semistrutturate, raccolte dagli operatori del Jrs presso l'enclave spagnola di Melilla, in Sicilia, a La Valletta (Malta), ad Atene, in diverse località di Romania e Croazia e a Šid (Serbia). Storie di violenze e soprusi subìti alle porte della “civilissima” Europa. Feriti gravi rispediti oltreconfine senza cure; giovani picchiati a sangue da guardie di frontiera; domande d'asilo respinte per assurdi cavilli burocratici; profughi scoraggiati a richiedere protezione pur avendone diritto: il racconto degli intervistati sul trattamento loro riservato è quantomeno inquietante. Ed è il risultato delle politiche migratorie europee che, negli ultimi anni, hanno ridotto gli arrivi in maniera consistente. «I politici europei sostengono che la loro strategia ha funzionato», si legge nell'introduzione del report, ma «l’impatto di tali politiche sulla vita delle persone» è stato devastante.

A scorrere queste interviste infatti, ha dichiarato alla presentazione il direttore del Jrs Europa, p. Josè Ignacio Garcia, emerge con forza il fallimento europeo nell'obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei migranti. Questo perché, si legge tra le righe, la priorità non sembra tanto la tutela dei diritti umani quanto la protezione dei propri confini dalle “invasioni”. «Gli stati membri dell'Ue continuano a investire le loro energie e risorse nel cercare di impedire ai migranti e rifugiati di raggiungere l'Europa o, nel migliore dei casi, vorrebbero confinarli in "centri controllati" ai confini esterni» (Avvenire, 13/11).

L'Italia, nel quadro complessivo europeo, non fa eccezione: «Il nostro Paese – ha denunciato il direttore del Centro Astalli p. Camillo Ripamonti, intervenuto anche lui alla presentazione italiana – ha scelto di adottare nuove misure che rendono più difficile la presentazione della domanda d'asilo in frontiera, introducono il trattenimento ai fini dell'identificazione, abbassano gli standard dei centri di prima accoglienza, oltre a cancellare migliaia di posti di lavoro nel settore». Più in generale, ha detto ancora Ripamonti, «la ricerca mette bene in luce che la responsabilità di questa situazione è la poca lungimiranza di ogni singolo Stato: di quelli ai confini ma anche di tutti gli altri». Ogni Paese coltiva interessi egoistici, è la conclusione del direttore, ma «solo il pensare veramente insieme come Europa continente dei diritti ci permetterà di affrontare con successo la sfida globale delle migrazioni».

Alla presentazione del rapporto ha partecipato anche la curatrice della versione italiana Chiara Peri. Questa ricerca, ha sottolineato in un'intervista a margine realizzata da Vatican News (13/11), ha dimostrato «che esistono una serie di ostacoli e barriere, in parte fisiche e in parte piuttosto burocratiche che, di fatto, anche dopo viaggi così lunghi, traumatici e pericolosi, non consentono alle persone che riescono ad arrivare una protezione piena. Stiamo parlando di migranti forzati, di persone che, senza avere un'alternativa, si trovano per motivi di vita o di morte a lasciare il loro Paese e, purtroppo, non hanno nessuno modo di accedere legalmente al territorio europeo e il viaggio li espone ulteriormente a violazione dei diritti e anche torture aggravando notevolmente la loro situazione».

Alle istituzioni Ue e ai Paesi del continente, ha detto ancora Peri, «chiediamo di creare vie legali e sicure di accesso al territorio, unico modo effettivo per combattere il traffico di esseri umani, che si dice di voler sconfiggere e quindi come corollario di astenersi dai provvedimenti come per esempio gli accordi con i Paesi di transito o i Paesi di origine che non fanno che intrappolare le persone in condizioni pericolose riducendo apparentemente il numero delle persone in arrivo ma non riducendo il numero dei rifugiati nel mondo che al contrario restano esposti a pericoli».

Vatican News ha domandato anche a p. Camillo Ripamonti quali sono le richieste del Jrs agli Stati Europei: «Chiediamo un’assunzione di responsabilità», ha dichiarato, «perché si attivino delle vie legali per l’arrivo delle persone, non si frappongano degli ostacoli per la richiesta di asilo di queste persone, e poi si garantisca un’accoglienza dignitosa per tutti». Non bisogna mai dimenticarsi che parliamo di persone, ha poi concluso il direttore del Centro Astalli, «perché questo tentativo, da parte dell’Europa, dei singoli Stati dell’Europa, da parte dell’Italia, di togliere dalla visibilità il fenomeno migratorio e le persone migranti, ce lo fa dimenticare, e non dobbiamo cadere in questo rischio».

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