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PRIMO PIANO. Voto europeo, politica italiana, lotta al fascismo

PRIMO PIANO. Voto europeo, politica italiana, lotta al fascismo

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 21 del 08/06/2019

I risultati elettorali della consultazione del 26 maggio scorso hanno fatto registrare un indubbio successo della Lega di Salvini, una marcata flessione del Movimento pentastellato e un recupero del PD che diviene il secondo partito sorpassando la formazione di Di Maio mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia raggiungono rispettivamente consensi intorno all’8 e al 6 per cento. Un responso che mette in rilievo come le formazioni di destra presenti in Parlamento sfiorino il 50% con la conseguenza che, qualora questi dati dovessero riprodursi in una consultazione politica, l’eventuale coalizione delle destre otterrebbe una maggioranza parlamentare in grado di esprimere un governo guidato da Salvini. Uno sbocco  possibile anche con l’esclusione di Forza Italia (sia pure con un margine ristretto di maggioranza) in virtù dei meccanismi introdotti dalla legge elettorale in vigore.

Si tratta di eventi che molto probabilmente non si verificheranno perché Salvini considera rischioso un governo con Berlusconi e molto debole se limitato ai “Fratelli d’Italia”. Ed è per questo che il leader leghista farà di tutto per confermare il “contratto” col Movimento pentastellato nella convinzione che esso, nonostante le flessioni elettorali registrate, interpreta una larga domanda popolare di giustizia sociale, di legalità e di lotta ai privilegi. Scelte queste che forse spiegano la ragione per la quale il Movimento, nonostante limiti e cadute, riscuote un credito che gli consente, come è avvenuto in passato, di superare, specialmente in sede di consultazioni politiche, insuccessi inattesi con rilanci altrettanto insospettati.

L’esito del voto conferma che il sovranismo di Salvini ha trovato terreno fertile nel disagio popolare provocato da politiche che hanno fatto crescere povertà ed emarginazioni, che hanno accettato supinamente il rigorismo economico di Bruxelles e che non hanno responsabilmente affrontato il problema dell’immigrazione promuovendo adeguata accoglienza e pretendendo operativa solidarietà europea. Responsabilità che gravava soprattutto su quelle forze che formalmente si ispirano ai valori che sono stati la carta d’identità della sinistra, un documento purtroppo da tempo scaduto e non più rinnovato.

Per quanto attiene ai pentastellati non vi è dubbio che il loro insuccesso si collega non solo a un difetto di organizzazione di base ma anche e soprattutto alla mancanza di un organico progetto politico di segno progressista costituzionalmente ispirato. E a questi due deficit i Cinque Stelle dovranno far fronte per rendere un utile servizio al Paese dal momento che non esistono in questa legislatura maggioranze diverse, e che un ravvicinato ricorso alle urne potrebbe rivelarsi disastroso per la nostra economia e dagli esiti imprevedibili sotto il profilo della stabilità politica. C’è quindi da sperare che maggioranza e opposizione si assumano, ciascuna nello svolgimento del proprio ruolo, le loro responsabilità privilegiando gli interessi generali del Paese su quelli particolari di partito o di gruppo.

C’è inoltre da augurarsi che tutte le forze politiche tengano nel debito conto una verità storica che dovrebbe emergere con chiarezza quando si evoca il pericolo fascista. Eh sì, perché la storia recente insegna che le derive autoritarie sono state in sostanza gli strumenti prescelti, alimentati e promossi dal peggiore capitalismo per fronteggiare le ricorrenti crisi da esso provocate. E lo ha fatto col ricorso a politiche gattopardesche finalizzate a salvare il sistema dominante per riproporlo con qualche muta- mento marginale utile per coprire scelte che sul piano economico rendano le cose peggiori rispetto a quelle precedenti e, sul piano politico, comprimano le tutele sociali e svuotino la democrazia dei suoi contenuti essenziali. Ne discende che la vera lotta contro il fascismo è quella che punta a contrastare l’iniquo sistema economico che lo genera con le sue devastanti politiche sociali.

C’è sempre stato un nemico pubblico numero uno utilizzato dai poteri dominanti come utile “strumento di distrazione di massa”: ieri il comunismo, anche quando era morto e sepolto, e oggi il populismo che non si sa bene cosa sia perché i demagoghi in politica ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Si fa di tutto insomma per nascondere la partita fondamentale e cioè quella che dovrebbe giocarsi fra due concezioni di economia e di società diverse e contrapposte. Un bipolarismo che è nei fatti ma che si vuole negare: quello che vede in campo, da una parte, i poteri e le forze che in modi diversi considerano irrinunciabile la cultura e la pratica del neoliberismo con l’assioma del primato dell’economia sulla politica; dall’altra, gli orientamenti e gli impegni politici di quanti lavorano per il superamento dell’attuale sistema economico all’insegna dei principi e delle direttive della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e delle più avanzate Costituzioni europee a partire dalla nostra.

Occorre insomma dar vita in Italia a un “partito della Costituzione” inteso come un coagulo di forze di diversa matrice culturale accomunate da una precisa scelta: il rilancio del nostro Statuto nella politica e nella società perché divenga il fulcro di un vero e proprio programma di governo e il volano della rinascita morale e civile del Paese.    

Michele Di Schiena è presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione

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