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La Chiesa non deve occultare la propria condotta

La Chiesa non deve occultare la propria condotta

Questo articolo è stato pubblicato sul sito di informazione religiosa Religión Digital (www.religiondigital.com) il 14 febbraio scorso. Lo ha scritto José María Castillo, spagnolo, 92 anni, uno dei maggiori teologi europei, già docente alla Facoltà di Teologia di Granada e visiting professor all'Università Pontificia Gregoriana di Roma, noto per le sue posizioni critiche verso la Chiesa istituzionale, 

 

La traduzione dell'articolo originale, consultabile a questo link, è stata curata da Lorenzo Tommaselli.

 

 

Tutti sappiamo che le cose nella Chiesa sono diventate così spiacevoli che ci sono molti che pensano che sarebbe meglio rinviare questa faccenda, in modo che chiunque venga a conoscenza di scandali e di reati di pederastia, lo denunci all’autorità competente, ma non lo divulghi attraverso i canali che vanno direttamente all’opinione pubblica. Forse questo spiega il silenzio di non pochi vescovi su questo tema.

Questo non sarebbe la cosa migliore? Io non la penso così. La cosa migliore è la sincerità e la trasparenza. Il Vangelo dice a noi cristiani: “Voi siete la luce del mondo; non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 14-16). Ma cosa facciamo quando le nostre opere non sono buone? Ebbene, si dice anche questo. E che tutti ne siano a conoscenza.

Il Vangelo è esemplare anche in questa questione dolorosa e scandalosa. Di fatto, spesso non ci rendiamo nemmeno conto della quantità di comportamenti scandalosi commessi dagli apostoli di Gesù. Ed i vangeli non hanno taciuto su questi comportamenti poco esemplari. Gesù ha rimproverato Pietro chiamandolo “Satana!” (Mt 16,23). E nell’ultima cena c’è stato un altro scontro, sempre con Pietro, quando si è rifiutato di lasciarsi lavare i piedi da Gesù (Gv 13,6-8).

Sappiamo tutti, inoltre, che Pietro stesso negò per tre volte la sua conoscenza e il suo buon rapporto con Gesù, proprio quando avevano portato Cristo davanti al Sommo Sacerdote. Come sappiamo anche che, quando giunse il momento della verità ed arrestarono Gesù per consegnarlo al prefetto romano Ponzio Pilato, i “Dodici Apostoli” fuggirono terrorizzati. Allora nessuno si è giocato la vita per salvare Gesù dalla morte. E nessuno lo ha difeso, anche se gli Apostoli sapevano – come lo sapevano – che Gesù era innocente.

Certo, i Vangeli non parlano di crimini di pederastia. A partire da questo punto di vista, il comportamento “vergognoso” dei discepoli di Gesù non ha nulla a che vedere con il comportamento “criminale” dei chierici pedofili e dei loro complici, tra i quali ci sono preti, frati, vescovi e cardinali. Soprattutto se consideriamo che lo scandaloso silenzio del clero è dovuto in primis al severo divieto che ripetutamente il Vaticano imponeva a chi avesse avuto informazioni sugli scandali della pederastia. Sto parlando dei tempi trascorsi dal pontificato di Pio XII fino all’elezione di papa Francesco, che è stato colui che ha scoperto gli altarini e ha deciso di mettere in chiaro gli scandali vissuti nella Chiesa per tanto tempo.

 

 

 

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