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Brasile in fiamme: Bolsonaro, e non solo, all'origine del caos

Brasile in fiamme: Bolsonaro, e non solo, all'origine del caos

(dalla corrispondente) Il copione era scritto da tempo, prevedendo con precisione coro, personaggi, interpreti, suggeritori, maschere e costumi. Così l’8 gennaio 2023 la regia ha deciso di realizzare il proprio progetto sulla grande scena della piazza dei Tre Poteri e sulla spianata dei Ministeri di Brasilia davanti agli occhi di tutti i cittadini e le cittadine brasiliani. Provo a dare qualche informazione tenendo conto che la situazione è molto confusa e nell’immediato è inutile pretendere di capire tutto.

Il coro ha raggiunto il luogo prescelto al mattino provenendo da diverse località del Ppaese e trasportato da un centinaio di autobus. Perché è stato concesso a così tante persone animate dal demone dell’odio e della vendetta di agglomerarsi così vicino alle sedi massime delle istituzioni? Da quello che al momento è stato ricostruito, gli accordi fra il governo del distretto federale (governatore Ibaneis Rocha) e il ministero della Giustizia (Flavio Dino) e esponenti militari era di chiudere l’accesso a questo spazio, ma all’ultimo momento il responsabile dell’ordine pubblico nel distretto federale (cioè il governatore) ha ritenuto che ciò non fosse necessario perché la «situazione è sotto controllo». È stato male informato, ha agito di proposito? In ogni caso la polizia militare del distretto non è stata posta a baluardo delle sedi istituzionali. Sottovalutazione della situazione o scelta? Al momento il segretario di sicurezza pubblica del Distretto Federale Anderson Torres (già ministro della giustizia di Jair Bolsonaro e responsabile delle omissioni che il 12 dicembre 2022 avevano consentito devastazioni a Brasilia in coincidenza con il riconoscimento del risultato elettorale di Lula davanti al Senato) è oggetto di richiesta di arresto da parte dell’AGU/Avvocatura Generale dell’Unione al STF/Supremo Tribunale Federale. In ogni caso, nominato al distretto federale il 2 gennaio si è subito recato negli USA, a Orlando dove alberga il suo ex capo, l’x presidente. Molte coincidenze. Ma come ricordava il ministro della Giustizia il reato in flagrante non richiede la presenza fisica sul luogo del crimine.

Da questo quadro di fondo, occupato dal coro debitamente addobbato nei colori giallo e verde o avvolti nella bandiera nazionale, nell’inizio del pomeriggio si sono staccati gli attori principali che hanno in poco tempo invaso le sedi dei tre poteri: Parlamento, palazzo del Planalto luogo di lavoro del presidente e del governo, STF lasciate da chi aveva il dovere istituzionale di garantire l’ordine assolutamente indifesi. In un tempo breve quei luoghi simbolici e operativi sono stati devastati con precisione professionale. Naturalmente (si sa che i fascisti vecchi e nuovi sono sempre volgari e avversi alla cultura) a pare gli arredi, gli apparecchi informatici, i vetri, anche opere d’arte bellissime e documenti storici sono stati oggetto di ingiurie. Vedere la devastazione indisturbata e il comportamento scomposto e senza intralcio di gruppi esaltati e fuori controllo in assenza totale di azione di contrasto è stato lancinante.

A metà pomeriggio il presidente Lula ha firmato un decreto di intervento federale nella sicurezza pubblica del Distretto Federale nominando come commissario (interventor) fino al 31 gennaio Ricardo Cappelli segretario esecutivo del Ministero della Giustizia. Il ministro del STF Alexandre de Moraeis ha sollevato dalla carica di governatore del Distretto Federale per 90 giorni Ibaneis Rocha, subentra la vice presidente Celina Leão. Moraes inoltre ha dato 24 ore per sgombrare tutti gli accampamenti davanti ai comandi delle forze armate. A Brasilia la polizia rimuove i partecipanti ad essi trasferendoli direttamente in commissariato. E così anche altrove.

Adesso davanti alle sedi istituzionali della piazza dei Tre Poteri vigila una fila compatta di poliziotti debitamente attrezzati. Nella prossime ore il presidente Lula ha convocato tutti i governatori e i comandi delle forze armate.

Non possono mancare nella rappresentazione di un copione i suggeritori: anni e anni, almeno sei, di istigazione all’odio portano frutti, l’odio è una molla potente e, una volta attivata, difficile da controllare, molto resiliente per usare una parola di moda. E si sa che il principale istigatore, ma non il solo, è stato Bolsonaro che mai ha espresso in modo non equivoco condanna per l’eversione, neppure ieri. In ogni caso spaventato si è messo in salvo (?) negli USA, ma addirittura Joe Biden ha dichiarato che il suo Paese «deve smettere di dare a lui rifugio». Anche diversi deputati democratici pongono lo stesso problema.

Mi permetto di notare che Bolsonaro sta chiedendo all’Italia il riconoscimento della cittadinanza italiana: che si fa? In realtà basterebbe seguire le procedure normali dal momento che corrono anni fra la richiesta e la conclusione delle pratiche. Ma questo non basta. Le forze armate si ammantano di nebbia, stanno nell’ombra, parlano poco e in modo opaco.

Vorrei concludere con due considerazioni, fermo restando che al momento non è facile andare oltre nel cercare di mettere in fila alcune informazioni per capire come sono state le concatenazioni che hanno portato a questo abisso. La prima è una domanda: il governo avrebbe dovuto fare diversamente da quello che ha fatto per evitare l’invasione? L’8 gennaio il governo è in carica da otto giorni, i ministri hanno pieni poteri da cinque e al momento parlamento e istituzioni sono lontani da Brasilia per il periodo estivo. Il sistema di rapporti fra Unione e Stati federati è pieno di equilibri molto delicati, in particolare per quanto concerne l’ordine pubblico, il comando delle polizie sotto ordine dei governatori con possibili interventi specificati e limitati dell’Unione. E il governo Lula è molto attento ad applicare in modo incontestabile le leggi dopo anni di continua manomissione con conseguenze deleterie.

La seconda considerazione riguarda il significato dei molti messaggi di solidarietà che sono giunti dall’estero. Ottima cosa, certo. Ma il mondo è in fiamme, acquistano spazio le forze fautrici del caos come mezzo per conquistare il potere e il controllo: la giornata di ieri è all’interno di questo contesto e creare caos in Brasile è un obiettivo non da oggi importante. La solidarietà internazionale con la democrazia in Brasile, negli Usa o in qualsiasi altro Paese a regime parlamentare rappresentativo passa attraverso la costruzione e la difesa di governi democratici nella sostanza e non solo nella forma, attraverso la riduzione della produzione e circolazione di armi, attraverso la scelta di trattare comunque per farle tacere. La domanda è: tutti i Paesi democratici hanno tutte le carte in regola? non hanno mai istigato all’odio, non hanno mai venduto armi, non hanno mai fatto finta di non vedere situazioni oscure?

*Piazza dei Tre Poteri, Brasiia. Foto di Agência Senado tratta da Flickr

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