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Una riforma da revisione storica

Una riforma da revisione storica

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 41 del 02/12/2023

Ho un assillo, da giurista ma, soprattutto, da cittadino. Dobbiamo cominciare a discutere seriamente il progetto di riforma costituzionale del governo. La Meloni ha, in questi giorni, illustrato la sua filosofia del progetto di riforma celebrando, con enfasi sospetta, l'arrivo della Terza Repubblica. Sembra, invece, a me un percorso eversivo della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione (una Costituzione da cui è da un ventennio ossessionata). Eversivo nei contenuti ma anche nelle forme politiche. Calamandrei, infatti, ci ha insegnato che, quando si discute di riforme costituzionali, bisogna farlo in Parlamento e i banchi del governo "devono essere vuoti". Ora, invece, è la Meloni che, da sola, propone, convoca i partiti, detta tempi e modi. Già minaccia di andare al referendum confermativo con un quesito .che configura, in effetti, un plebiscito. Mentre le opposizioni parlamentari appaiono mute, inerti.

Le Costituzioni non vanno solo giudicate articolo per articolo ma interpretate a partire dall’impianto e dall’architettura di valori, dignità, priorità. Allora, ovviamente, la proposta del governo di "premierato" (un inedito globale: l'elezione popolare diretta del presidente del Consiglio) va giudicata in un combinato disposto sia con la proposta di legge elettorale ultramaggioritaria (che verrà, forse, perfino portata in Costituzione) che assegna il 55% dei seggi alle liste collegate al vincitore (vincitrice?); sia, soprattutto, con il progetto di "autonomia differenziata", cioè la "secessione dei ricchi", che frantumerebbe lo Stato italiano in 20 feudi autonomi, articolati a seconda di risorse e ricchezze di ognuno.

Lo Stato di diritto sarebbe sostituito dallo ius domicilii, i tuoi diritti costituzionali, cioè, saranno maggiori o minori in base alla regione in cui hai la fortuna o la sfortuna di abitare. Il risultato del "combinato disposto" è che mutano radicalmente legalità costituzionale e forme della rappresentanza. Da un lato, un Paese frantumato da un regionalismo divisivo (non solidale) e dagli egoismi territoriali; dall'altro, per finto contrappeso, un "comando" centrale autocratico, forte eletto con un plebiscito. La democrazia parlamentare costituzionale, in definitiva, muterebbe in democrazia di "investitura", in democrazia del "capo". Questo è un passaggio autoritario, a mio avviso, ma anche disciplinare, nel senso che vuole formare una pedagogia di massa: voi cittadine e cittadini potete solo votare; poi non interessatevi più di politica e partecipazione, "lasciate fare a noi". Mi sembra che già in questi giorni l'attacco al diritto di sciopero e il nuovo, pessimo e tecnicamente fascistoide "pacchetto sicurezza" vadano in questa direzione. Non vi dovrebbe essere, secondo il governo, un quotidiano impegno democratico ma la delega assoluta di un popolo inerte.

Mi chiedo inoltre: quali saranno le funzioni e i compiti del presidente della Repubblica? Non sarà sempre più un orpello evanescente, un passacarte del presidente del Consiglio eletto dal popolo? E il Parlamento non sarà sempre più ornamentale? Esso sarebbe del tutto subalterno a una concezione della governabilità fondata quasi esclusivamente sulla prevalenza assoluta dell'esecutivo. Il premier eletto dal popolo e il Parlamento insieme vivono e insieme cadono.

Dobbiamo affrontare seriamente questi temi, che attengono alla nostra statualità, ma anche alla nostra formazione sociale. Non sono terreno di approfondimento tecnico, ma riguardano la nostra vita, i nostri diritti, l'autogestione della nostra esistenza. La Meloni ha affermato che andrà avanti a ogni costo, anche con la sua sola maggioranza (e con Renzi, ovviamente). È un male. Le Costituzioni sono regole e valori di tutti i cittadini.

Dovrebbero prescindere dalle maggioranze parlamentari. Inoltre, per la compattezza autoritaria delle norme per ora proposte (premierato, legge elettorale, cosiddetta autonomia differenziata) sono difficili emendamenti e mediazioni. Si potrebbero discutere altri modelli, se proprio si vuole cambiare la Costituzione (ciò che non ritengo opportuno, nell'attuale contesto). Io partirei dal modello tedesco, parlamentare, regionalista solidale, con la "sfiducia costruttiva" che garantisce la "governabilità", con una legge elettorale proporzionale. Ma qual è il punto che più mi preoccupa? Il progetto Meloni cela un tentativo di revisionismo storico contro la Liberazione antifascista, cemento vero della Repubblica. Dovremo, con intelligenza e unità, prepararci fin da ora non solo a una radicale e scientifica opposizione parlamentare, ma a una capillare campagna "civile" di controinformazione, di organizzazione di comitati popolari, per preparare un referendum confermativo che sarà molto aspro. 

Giuseppe Russo Spena già membro di Cristiani per il Socialismo, segretario di Democrazia Proletaria e senatore di Rifondazione Comunista

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