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PIÙ DELLA LEGGE POSSA IL PERDONO. IN AUMENTO LE RICHIESTE DI RIFORME NELLA CHIESA

Tratto da: Adista Documenti n° 20 del 08/03/2008

DOC-1968. ROMA-ADISTA. C’è tanta voglia di riforme nella Chiesa. E tanti cominciano ad essere anche quelli che, più o meno timidamente, o più o meno esplicitamente, si decidono a farlo presente. L’ultima richiesta in tal senso viene dal 12.mo Incontro nazionale dei presbiteri brasiliani, svoltosi dal 13 al 19 febbraio ad Itaicí, nello Stato di São Paulo, con la partecipazione di 430 delegati in rappresentanza dei 18.685 preti delle 269 diocesi del Paese e di rappresentanti di diverse realtà, tra cui - significativamente - l’Associação Rumos dei preti sposati. L’incontro si è concluso con l’approvazione di una lettera indirizzata a tutti i preti del Brasile, ma anche di un testo - che è ancora riservato ma di cui Adista è in possesso - con l’elenco dettagliato delle proposte emerse durante la riflessione, che sarà inviato per la discussione a tutte le diocesi del Paese. Si tratta di proposte “riguardo alla vita del presbitero” (con l’esplicita richiesta di “assumere con fedeltà gli orientamenti del Concilio Vaticano II”), “in relazione alla Chiesa locale” (rispetto ad esempio alla necessità di “riprendere lo spirito e il cammino delle Comunità ecclesiali di base”; di riorganizzare le parrocchie “nella prospettiva di comunità di comunità, decentrando il potere decisionale e favorendo il protagonismo dei laici nell’evangelizzazione”; di “considerare la dimensione politica come parte integrante dell’azione pastorale ed evangelizzatrice”), “in relazione agli altri soggetti” (per esempio rivitalizzando “i ministeri laicali in vista di nuove esigenze ecclesiali” e valorizzando “il lavoro dei preti sposati”, così da “ampliare gli spazi di accoglienza e inserimento degli stessi nel lavoro evangelizzatore”). Ma le proposte fondamentali sono quelle da presentare a Roma: alla Congregazione per il clero i preti chiedono di “rendere possibili altre forme di ministero ordinato oltre a quello celibatario” e di “sollecitare orientamenti più sicuri e definiti sull’accompagnamento pastorale dei divorziati risposati”; alla Congregazione per i vescovi di “rivedere il processo delle nomine episcopali, in uno spirito più trasparente, democratico e partecipativo, insieme ai preti, alle diocesi e alle assemblee regionali della Conferenza dei vescovi brasiliani”; alla Congregazione per la Causa dei santi di “avviare i processi di beatificazione e canonizzazione di preti e vescovi brasiliani che sarebbero di grande stimolo per la vita e il ministero presbiterale”, tra cui dom Hélder Câmara, dom Luciano Mendes de Almeida, p. Ezequiel Ramin.

All’incontro, a difendere la dottrina ufficiale, c’era proprio il prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale brasiliano Claudio Hummes, già arcivescovo di São Paulo. Ma se, durante l’incontro, il prefetto ha riaffermato le norme in vigore nella Chiesa su celibato e divorziati risposati, a nessuno sfugge che era stato lui, nel dicembre del 2006, alla vigilia della sua partenza per Roma, dove era stato appena nominato a capo della Congregazione per il clero, a dichiarare che, essendo il celibato “non un dogma, ma una forma disciplinare”, la Chiesa avrebbe potuto avviare una discussione sul tema (dichiarazioni che, appena giunto a Roma, era stato poi costretto a ritrattare).

In Europa, l’ultimo ad esprimersi a favore della ricerca di alternative al celibato obbligatorio è stato il nuovo presidente della Conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo di Friburgo Robert Zollitsch, secondo cui “il legame tra sacerdozio e celibato non è teologicamente necessario” (v. Adista n. 17/08). Prima di lui, dall’Austria, il vescovo ausiliare di Vienna mons. Helmut Krätzl, nel suo ultimo libro, aveva invitato la Chiesa a compiere riforme adeguate alle mutate esigenze dei credenti, rispetto, tra l’altro, al celibato sacerdotale e alla questione dei divorziati risposati (v. Adista n. 18/08).

Ma negli ultimi mesi sono state numerose le voci che si sono alzate a favore di una serie di riforme nella Chiesa. Lo scorso dicembre era stato il cardinale francese Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e vicedecano del collegio cardinalizio, ad affermare, in un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Parisien, che la questione dell’ordinazione di uomini sposati “può essere posta come avviene nella Chiesa greco-cattolica”. E, sempre nello stesso mese, il cardinale inglese Cormac Murphy O’Connor, arcivescovo di Westminster e primate di Inghilterra e Galles, rispondeva in questo modo al giornalista del Financial Times che lo stava intervistando: “Se tu mi chiedi: ‘Pensi che la Chiesa possa cambiare e ordinare uomini sposati?’, la risposta è ‘Sì, è possibile’”. E ad agosto, in Olanda, aveva fatto scalpore la proposta di un gruppo di frati domenicani, che, mancando il prete, fosse una persona scelta dalla comunità a presiedere alla celebrazione dell’eucarestia (v. Adista n. 67/07).

Sulla questione invece dei divorziati risposati, si è pronunciato recentemente l’arcivescovo di Milano, il card. Dionigi Tettamanzi, il quale, pur senza mettere in alcun modo in discussione la dottrina ufficiale della Chiesa, ha usato parole piuttosto inconsuete di comprensione ed accoglienza (Adista n. 9/08). Proprio su tale questione si soffermano ora il teologo della Liberazione brasiliano Jung Mo Sung (nell’intervento, pubblicato dall’agenzia Adital il 19 febbraio, che riportiamo qui di seguito in una nostra traduzione dallo spagnolo) e il religioso cappuccino Ortensio da Spinetoli, noto biblista e acuto osservatore della realtà ecclesiale, nella riflessione, inviataci dall’autore, che a seguire pubblichiamo. (claudia fanti)

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