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CONTRO LA SOCIETÀ “POLTIGLIA”, MINORANZE DI QUALITÀ Intervista a Giovanni Colombo

Tratto da: Adista Documenti n° 20 del 08/03/2008

Come valuti il processo di costituzione e questo inizio di campagna elettorale del Partito Democratico?

Perché lo chiedi a me? Non mi chiamo mica Colaninno, Mondadori, Benetton, Milly Moratti, Profumo… Battute a parte, la tendenza mi pare quella di una democrazia mediatica fatta di partiti personali. In questo senso, Veltroni si sta facendo un partito a sua immagine e somiglianza. E Veltroni è la prova vivente che si può stare con i consumatori e i commercianti, con i costruttori e i muratori, con Totti ma anche con Del Piero. Vedo sulla piazza di Milano la ricerca del candidato famoso, che di solito è senza voti ma in democrazia mediatica fa scena e può portarne molti. Basti pensare che Milly Moratti non fa neanche parte del gruppo consiliare del Pd nel Consiglio comunale di Milano…

 

E cosa pensi della riaggregazione in atto a sinistra?

Sono rimasto positivamente colpito dal fatto che La Sinistra-L’Arcobaleno abbia rinunciato alla falce e martello. Mi pare un segno positivo della volontà di aggiornare il quadro culturale e politico del Paese. Dopo di che bisogna però dire che il processo di riunificazione è partito in ritardo e resta finora un’operazione più elettorale che politica. Bisognerà aspettare per poter valutare se il nuovo soggetto politico diventerà qualcosa di più di un cartello elettorale.

 

Tu per chi voterai?

Io sono consigliere comunale del Pd. Siamo stati tutti coinvolti nel processo di fondazione del partito a livello locale. Tutti, almeno per ora, a pari livello. Se però i vertici del Pd decidono - come pare - di mettere Matteo Colaninno capolista qui a Milano sono tentato di non andare a votare.

 

L’interventismo dei vescovi e dell’Avvenire si sta facendo intanto sempre più smaccato…

Io sono fermo all’insegnamento degli anni ‘70 e ‘80 (tempi in cui Monticone faceva il presidente dell’Azione Cattolica e non perdeva tempo con Tabacci e Pezzotta): la Chiesa non fa politica, ma forma le coscienze; i laici fanno politica e si assumono le conseguenti responsabilità. Con quello schema ben radicato nella mente e nella mia coscienza di laico cristiano non posso che sentirmi lontanissimo dal modo con cui la Chiesa sta operando, dal movimentismo di Ruini e Bertone. Penso che, prima di decidere di fare il prete, alcuni esponenti della gerarchia avrebbero dovuto fare una decina di anni di politica. E poi scegliere la loro vera vocazione. Ecco, forse per molti vescovi e cardinali c’è stato proprio qualche problema di orientamento vocazionale. E poi: la gerarchia continua ad insistere sulla necessità della presenza di un partito di ispirazione cristiana. Ma si può fare un partito del genere quando i suoi promotori non hanno una vita cristiana? Ci si accontenta sempre della forma e non si guarda mai alla sostanza.

 

Cosa ci attende?

Vedo una situazione di sbandamento. Nonostante le operazioni di marketing politico elettorali, la realtà mi pare quella disegnata quest’anno dal Censis, quella che il suo presidente, De Rita, ha definito una "poltiglia", una "società mucillagine" composta da tanti coriandoli che stanno l'uno accanto all'altro, ma non stanno insieme. Manca ormai qualsiasi tessuto sociale e la cultura, la scuola, le istituzioni sono parole svuotate, che non significano più nulla. E quindi anche i tentativi come il Pd o quello proposto da Berlusconi rischiano di essere percepiti come proposte prive di senso, nel momento in cui nessuno crede più all’idea di uno sviluppo collettivo, di un’idea collettiva di società. Bisognerebbe impegnarci a costruire minoranze di qualità. E invece anche noi cattolici democratici continuiamo a perderci dietro i comunicati stampa e l’ansia delle candidature. Nel breve periodo non mi faccio grandi aspettative. Lo svuotamento delle coscienze realizzato in questi anni necessiterà della severità di un lungo lavoro.

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