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Contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici: il piano c’è, ma non convince

Contrasto e adattamento ai cambiamenti climatici: il piano c’è, ma non convince

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 13/01/2024

41708 ROMA-ADISTA. «Un passo importante per la pianificazione e l'attuazione di azioni nel nostro Paese» in materia di contrasto e adattamento al cambiamento climatico: così il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), guidato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, ha annunciato l’approvazione del Decreto ministeriale n. 434 del 21 dicembre 2023 che, dopo sei anni e quattro governi, dota finalmente il nostro Paese di un “Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici” (PNACC).

Dissesto idrogeologico, fenomeni diffusi di siccità, piogge intense, alluvioni, erosione delle coste, ondate di calore, ecc.: l’Italia è un Paese che, per via della sua posizione geografica all’interno del cosiddetto “hot spot mediterraneo”, è sottoposto più di altri ai fenomeni estremi accresciuti dal climate change in corso, con pesantissime ricadute umane, sociali, ambientali, infrastrutturali ed economiche. Il PNACC interviene, dunque, con una lista di 361 interventi messi a punto da esperti e scienziati su numerosi settori strategici (risorse idriche, agricoltura, energia, foreste, dissesto, ecosistemi acquatici e terrestri, industrie, città, salute, trasporti, ecc.), volti a ridurre al minimo l’impatto degli eventi estremi scatenati dalla crisi climatica.

Varato nell’ambito della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC) predisposta nel giugno 2015 in attuazione della Strategia EU 2013 per l’adattamento ai cambiamenti climatici, il PNACC è stato elaborato nel 2018, in una sua prima bozza, dal ministro dell’Ambiente di allora, Gianluca Galletti (governo Gentiloni). Bozza che rimase però lettera morta nei cassetti del Ministero, guidato in seguito da Sergio Costa e Roberto Cingolani (due governi Conte e un governo Draghi). Ora, finalmente, il Piano c’è.

Finalmente, ma…

Nonostante l’individuazione chiara dei rischi, nel Piano appena pubblicato, denuncia il WWF in una nota del 3 gennaio, mancano «azioni davvero in grado di anticipare i cambiamenti provocati dalla crisi climatica» e mancano peraltro anche «i finanziamenti necessari» a metterli in campo.

Per questo il PNACC non può rappresentare un punto d’approdo, bensì solo «un primo passo» da completare con i decreti attuativi e opportuni organi di governance, al fine di «correggere gli evidenti limiti e costruire un percorso che porti a quell’approccio sistemico che pure il PNACC richiama».

Il WWF denuncia gli ingiustificabili ritardi del percorso politico che ha portato all’adozione del Piano e il mancato coinvolgimento delle diverse realtà territoriali che già stanno sperimentando percorsi virtuosi di adattamento climatico, i quali avrebbero potuto essere trasferiti anche a livello nazionale.

Non piace nemmeno la debolezza dell’approccio messo in campo dal Ministero, il quale ha partorito «solo un documento di “possibili opzioni di adattamento” “che troveranno applicazione nei diversi strumenti di pianificazione, a scala nazionale, regionale e locale”. I Piani si chiamano tali – accusa il WWF – proprio perché operano scelte, specie a livello nazionale e sovraregionale».

Oltreché tardivo, l’organizzazione ambientalista considera il piano anche arretrato perché individua azioni solo a livello urbanistico e territoriale, mentre il contenimento e l’adattamento al cambiamento climatico «dovrebbero costituire la base per la programmazione in senso generale, a partire da quella economica e sociale».

I prossimi passi

In una nota diramata il 3 gennaio dopo la pubblicazione del PNACC, Stefano Ciafani (presidente nazionale di Legambiente), considera il via libera del Ministero al Piano una «buona notizia» e «un passo importante nella lotta alla crisi climatica che arriva dopo anni di ritardi e stalli». Ora però, aggiunge, «ricordiamo al Ministro dell’ambiente e al Governo Meloni che per attuare il PNACC sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio». Il presidente chiede, inoltre, l’approvazione di un PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) più ambizioso su energia rinnovabile e riduzione di gas climalteranti. Chiede anche «una legge sullo stop al consumo di suolo che ancora manca all’appello dopo oltre 11 anni dall’inizio del primo iter legislativo» e chiede che si emani presto «il decreto che attiva l’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori».

L’allarme sulla crisi climatica è serio, e il rischio per il nostro Paese è ogni anno crescente, sottolinea Ciafani, come ampiamente dimostrato dalle alluvioni che hanno colpito Romagna e Toscana. Solo questi due recenti eventi sono costati alle casse pubbliche «11 miliardi di euro, ossia oltre un terzo della Legge di bilancio 2024 appena approvata dal Parlamento. Risorse economiche, che con campagne di prevenzione e azioni di adattamento e mitigazione fatte per tempo, potevano essere in parte risparmiate». I ritardi su prevenzione e adattamento, in tal senso, sono ingiustificabili, e occorre fare in fretta per attuare le 361 azioni individuate nel Piano. Occorre anche, conclude Ciafani, «intensificare le politiche territoriali di prevenzione e le campagne di sensibilizzazione sulla convivenza con il rischio, per far diventare il nostro Paese dal più esposto al centro del mar Mediterraneo a un esempio per gli altri». 

*Foto presa da Flickr, immagine originale e licenza 

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