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ANCHE LAICHE E LAICI NEL COLLEGIO CARDINALIZIO: LA PROPOSTA DEI GESUITI USA

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 26/02/2011

36002. NEW YORK-ADISTA. Ci sarebbe un modo più semplice dell’abolizione del celibato obbligatorio dei preti o dell’apertura del sacerdozio alle donne per permettere a uomini e donne sposati di partecipare più pienamente al governo della Chiesa: «Modificare il diritto canonico in modo da consentire l’accesso di laici al Collegio cardinalizio». Ciò consentirebbe alla Chiesa di continuare ad avere un sacerdozio maschile, ma il «club per soli uomini» si trasformerebbe in questo modo in una Chiesa «più somigliante al popolo di Dio descritto nei documenti del Vaticano II». La proposta viene dalla prestigiosa rivista settimanale dei gesuiti statunitensi America (n. 765 – 21/2/2011) che, nell’editoriale, offre materiale di riflessione per un cambiamento, rappresentando indirettamente una alternativa all’appello alla riforma ecclesiale dei teologi di lingua tedesca diffuso ai primi di febbraio (v. Adista n. 12/11, notizia su questo numero e sul numero di documenti allegato), che chiedevano, appunto, tra le altre cose, l’abolizione del celibato obbligatorio e il sacerdozio femminile.

A fronte dei “successi” di Benedetto XVI, come la visita in Gran Bretagna in autunno, la crisi che ha portato all’abbandono della Chiesa da parte di tanti cattolici in diverse parti del mondo non accenna a diminuire, afferma l’editoriale. «La critica principale rivolta all’istituzione ecclesiale – si legge – è di essere un’istituzione clericale e completamente maschile che non lascia spazio ad altre voci». Alcuni, nella Chiesa, hanno fatto il contrario di quanto ordinato da Gesù (che aveva chiesto ai suoi discepoli di porsi al servizio del prossimo), «creando una cultura di clericalismo che troppo spesso dà più valore alla fedeltà che alla responsabilità. In queste circostanze, un progetto di riforma è essenziale per ringiovanire la leadership ecclesiale e per dare più voce a tutta la Chiesa».

Tante decisioni recenti, poi, «avrebbero avuto un maggior margine di prudenza» se fossero stati consultati i laici. «Nessuno ha intenzione – continua l’editoriale – di anticipare cambiamenti riguardo all’attuale disciplina che regola il celibato o le decisioni del magistero in merito all’ordinazione femminile», perché in realtà esistono altri modi «per riformare le strutture della Chiesa e consentire alle donne e agli uomini sposati di partecipare alle responsabilità del governo ecclesiale». Tra i quali, appunto, quella di aprire il Collegio dei cardinali a uomini e donne sposati.

Come fare? America immagina un processo in due fasi: «Prima di tutto – spiega l’editoriale della rivista gesuita - riorganizzare gli uffici diocesani cosicché i laici arrivino a rappresentare la metà dei consiglieri del vescovo»; le diocesi americane sono già su questa strada. In seconda battuta, «dare vita alla creazione di un nuovo organismo, una specie di Consiglio internazionale di laici, che affianchi nelle funzioni il Collegio cardinalizio». Dovrebbero farne parte laici «unanimemente riconosciuti come profondamente cristiani», di ogni provenienza professionale, in modo che la leadership ecclesiale «non sia limitata a uomini anziani, ma venga estesa a uomini e donne, sposati e non, di tutte le età». E citano a questo proposito san Benedetto, che affermava: un abate deve sempre ascoltare anche il membro più giovane di una comunità, perché «grazie all’ispirazione del Signore, è spesso chi è più giovane a sapere che cosa è meglio». Alcuni di essi, poi potrebbero «dirigere dicasteri vaticani», altri recarsi periodicamente a Roma; numero e provenienza dovrebbe rispecchiare la popolazione cattolica nel mondo, e il loro incarico, al quale sarebbero chiamati su indicazione di assemblee rappresentative di clero e laici, dovrebbe durare un periodo di tempo ben determinato. «La combinazione di Collegio e Consiglio – si legge ancora - dovrebbe condividere tre obiettivi: amministrare gli uffici vaticani, consigliare il papa e scegliere il suo successore».

Questa presenza dei laici alla leadership della Chiesa offrirebbe «una prospettiva necessaria circa l’impatto degli insegnamenti e delle pratiche della Chiesa, quali, ad esempio, i pronunciamenti in materia di contraccezione, il ruolo delle donne nella Chiesa, la disciplina nei confronti degli omosessuali, e anche il fallimento della gerarchia nel rispondere rapidamente e con rigore agli scandali degli abusi sui minori da parte dei membri del clero»; essi potrebbero comprendere «altri fallimenti pastorali, come la negazione della comunione a personaggi pubblici per le loro posizioni politiche, un’agenda di giustizia e pace troppo povera, liturgie grigie con omelie improvvisate e celebranti insensibili».

Per prevenire possibili critiche, i gesuiti Usa citano Giovanni Paolo II che, nella Novo millennio ineunte, riportava il pensiero di san Paolino da Nola: «Vediamo di ascoltare ciò che dicono tutti i fedeli, perché in ciascuno di essi soffia lo Spirito di Dio». Ora, concludono, «Sull’esempio indicato da Giovanni Paolo II, incoraggiamo i nostri lettori, preti e laici, a valutare questa proposta e suggerire eventualmente altre riforme che consentano il raggiungimento degli stessi obiettivi. La Chiesa è sopravvissuta per duemila anni perché nei momenti cruciali ha scelto la strada del rinnovamento. Forse il momento è giunto un’altra volta». (ludovica eugenio)

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