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Donne e uomini ai nastri di partenza

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 11 del 24/03/2012

Niente quote rosa, nessuna tutela di minoranze che minoranza non sono ma un meccanismo che permetta a uomini e donne di gareggiare alla pari nelle competizioni elettorali. È su questo obiettivo che, in vista di una riforma che metta mano al cosiddetto Porcellum, si è vista concretizzarsi nelle scorse settimane un’ampia convergenza di associazioni femminili e femministe che hanno diffuso una lettera aperta ai partiti nella quale chiedono parità numerica di donne e uomini nelle liste elettorali. «Riteniamo necessario che, in coerenza con gli articoli 3 e 51 della Costituzione, nonché dei Trattati istitutivi dell’Unione Europea, relativi alla promozione della donna nei ruoli decisionali, e delle successive determinazioni dell’Unione» vengano «introdotte nella legge elettorale, quale che sia il sistema prescelto, norme di garanzia per una rappresentanza di genere paritaria», si legge nella lettera promossa da Noi rete donne, Associazione federata femminista internazionale, Se non ora quando, e sottoscritta tra le altre da Centro italiano femminile, Coordinamento nazionale donne Anpi, Filomena, Noi donne, Pari o dispare, UDI-Unione Donne in Italia. «In particolare, considerato che le donne costituiscono più di metà della popolazione e dell’elettorato riteniamo indispensabile che venga stabilito il principio del 50% di donne nelle liste dei candidati o nei collegi». «Proponiamo inoltre – proseguono – che qualora sia prevista l’espressione di preferenze, venga consentito di darne due, purché una a un uomo e una a una donna; e che nel caso di liste “bloccate”, i nomi della lista vengano alternati per genere», pena l’esclusione dalla consultazione elettorale. Inoltre, «sarebbe necessario che la legge prescrivesse norme sui programmi di comunicazione politica offerti dalle emittenti radiotelevisive pubbliche e private dirette a far sì che i soggetti politici assicurino la presenza paritaria di candidati di entrambi i generi in tali programmi e, per quanto riguarda i messaggi autogestiti previsti dalla vigente normativa, mettano in risalto con pari evidenza la presenza dei candidati di entrambi i generi nelle liste da essi presentate». Le associazioni firmatarie sollecitano infine «un efficace meccanismo di incentivi e disincentivi sui rimborsi elettorali a favore delle donne, predisponendo un adeguato ed efficace sistema di controllo e sanzionatorio».

La proposta di un 50E50 non è nuova, anzi. La sua maternità è attribuibile proprio a una delle associazioni che figura ora tra le firmatarie. Nel 2007 infatti l’UDI-Unione Donne in Italia condusse su tutto il territorio nazionale una campagna di raccolta firme per una legge d’iniziativa popolare – “Norme di democrazia paritaria per le Assemblee elettive” – che verteva proprio su questo obiettivo. La campagna raccolse 120mila firme che furono consegnate, nel novembre di quell’anno, in Senato, dove tuttora giacciono. Per l’UDI non si trattava però di rappresentanza di genere: «Noi non vogliamo che le donne rappresentino le donne – si legge sul sito della storica associazione nella sezione dedicata alla campagna – ma che le donne esercitino un diritto costituzionale: la possibilità di essere candidate ed eventualmente di farsi eleggere per rappresentare uomini e donne. Così come oggi un gran numero di uomini, a fronte di un esiguo numero di donne, rappresenta uomini e donne». «Non chiediamo il riequilibrio fra i generi attraverso forme di tutela, ma vogliamo essere presenti ai nastri di partenza per gareggiare alla pari». «È bene ricordarlo – prosegue l’UDI –, non chiediamo per legge un risultato numerico, sarebbe troppo semplice; vogliamo garantire a chi vuole giocarsi la partita la possibilità di farlo, il resto dipende dalla scelta degli elettori. Non chiediamo d’ufficio il 50%, perché anche queste sarebbero quote! Chiediamo che le donne possano partecipare alla politica in condizioni di parità, chiediamo di correre, non che ci sia garantita la vittoria».

Eppure, nonostante la proposta abbia potuto contare sulle illustri firme di Fassino, Bersani e Anna Finocchiaro, nessun partito né senatore o senatrice ha fatto proprio il disegno di legge sostenendolo nel suo iter di approvazione parlamentare. La strada sembra essere dunque tortuosa e in salita.

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