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Nelle vostre mani il futuro dell’umanità. Il discorso del papa ai movimenti popolari

Nelle vostre mani il futuro dell’umanità. Il discorso del papa ai movimenti popolari

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 18/07/2015

38198 SANTA CRUZ DE LA SIERRA-ADISTA. Erano altissime le aspettative per il discorso di papa Francesco ai rappresentanti dei movimenti popolari riuniti a Santa Cruz, tanto più a fronte dello straordinario impatto esercitato dalle sue parole nel primo incontro con i movimenti in Vaticano dello scorso anno e dell'eccezionale interesse suscitato dall'enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune

Ebbene, quelle aspettative non sono andate sicuramente deluse. Iniziando, nel suo discorso, esattamente lì dove aveva lasciato un anno fa – terra, casa e lavoro «sono diritti sacri»: «Vale la pena, vale la pena lottare per essi» –, il papa ha posto l'accento sull'ineludibile, urgente necessità di un cambiamento strutturale, riconoscendo che «le cose non vanno affatto bene» nel mondo se «vi sono tanti contadini senza terra, tante famiglie senza tetto, tanti lavoratori senza diritti, tante persone ferite nella propria dignità». E si tratta di problemi «che oggi nessuno Stato può risolvere da solo»: esclusioni e ingiustizie che, nelle loro diverse forme, sono tutte riconducibili ad un unico sistema globale centrato sulla «logica del profitto a qualunque costo», senza tener in alcun conto l'esclusione sociale né la devastazione ambientale, ma anzi «castigando la terra, i popoli e le persone in maniera quasi selvaggia». 

Dinanzi a tale sistema, ha proseguito il papa, è forte la tentazione di cedere al senso di impotenza: cosa posso fare io, contadino, indigeno, pescatore, venditore ambulante, raccoglitore di rifiuti, studente, lavoratore sfruttato, «se a stento riesco a mangiare con quel che guadagno», «se neppure sono garantiti i miei diritti lavorativi», se ho «il cuore pieno di sogni ma quasi nessuna soluzione per i miei problemi»? Ma la risposta del papa è netta: «Molto! Potete fare molto. Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi potete fare e fate molto. Mi spingo a dire che il futuro dell'umanità è in gran misura nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzarvi e promuovere alternative creative». «Voi – ha detto e ripetuto il papa – siete seminatori di cambiamento». Ed è «da questi semi di speranza seminati pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta, da questi germogli di tenerezza che lotta per resistere nell'oscurità dell'esclusione» che «cresceranno alberi grandi», che «sorgeranno boschi fitti di speranza per ossigenare il mondo». Un processo, questo, a cui la Chiesa «non può né deve» restare estranea, nella convinzione che «la collaborazione rispettosa con i movimenti popolari può potenziare questi sforzi e rafforzare» le iniziative di cambiamento. Quanto al contenuto di tale processo di trasformazione, se è vero che «una ricetta non esiste» («la storia la costruiscono le generazioni che si succedono» avanzando in cerca del proprio cammino e nel rispetto dei «valori che Dio ha posto loro nel cuore»), sono tre i «grandi compiti» che richiedono «il decisivo contributo dei movimenti popolari», a cominciare da un'economia che sia al servizio dei popoli, nel senso di un’«adeguata amministrazione della casa comune», garantendo non solo l'accesso alle «tre T» (Tierra, Trabajo, Techo), ma anche quello «all'educazione, alla salute, all'innovazione, alle manifestazioni artistiche e culturali, alla comunicazione, allo sport e al riposo», secondo un modello che può essere sintetizzato, «in una maniera semplice e bella», come «vivir bien», senza dimenticare che se «la distribuzione giusta dei frutti della terra e del lavoro umano» – una realtà che «precede la proprietà privata» – è «un dovere umano», per i cristiani si tratta addirittura di un «comandamento».  Ed  è un cammino, questo, in cui i movimenti popolari svolgono un ruolo essenziale, «non solo esigendo e rivendicando, ma fondamentalmente creando» («Voi siete poeti sociali: creatori di lavoro, costruttori di case, produttori di alimenti, soprattutto per chi è stato scartato dal mercato mondiale»). 

Il secondo grande compito, ha spiegato il papa, è «unire i nostri popoli nel cammino della pace e della giustizia», una sfida che stanno raccogliendo molti Paesi di quella che è stata felicemente definita come «Patria Grande» latinoamericana – dopo «quasi due secoli di una storia drammatica e piena di contraddizioni» – malgrado sussistano ancora varie ombre: volti diversi di quel colonialismo, vecchio e nuovo, che, attraverso imprese transnazionali, accordi di libero commercio, misure di austerità, monopolio dei mezzi di comunicazione, omogeneizzazione culturale, «riduce i Paesi poveri a meri fornitori di materia prima e manodopera a basso costo, generando violenza, miseria, migrazioni forzate e tutti i mali che ne conseguono». Ma, in tema di colonialismo, il papa non ha dimenticato di fare autocritica, sottolineando come si siano commessi «molti e gravi peccati contro i popoli originari dell'America in nome di Dio», e chiedendo «umilmente perdono» per tali crimini. E, allo stesso tempo, evidenziando come «alcuni poteri» siano impegnati a cancellare l'identità cristiana dei popoli latinoamericani, «forse perché la nostra fede è rivoluzionaria» e «sfida la tirannia dell'idolo denaro» (non senza ricordare la persecuzione – «una specie di genocidio» – dei cristiani «in Medio Oriente e in altri luoghi del mondo», ma dimenticando quella dei fedeli di altre religioni). 

Infine, il terzo e «forse il più importante» compito: quello della difesa della Madre Terra, «saccheggiata, devastata, vessata impunemente». Nel momento in cui, ha dichiarato il papa, «vediamo con crescente disillusione come si succedono una dopo l'altra le conferenze internazionali senza alcun risultato importante», i popoli e i loro movimenti «sono chiamati a gridare, mobilitarsi, esigere, pacificamente ma tenacemente, l'adozione urgente di misure appropriate: «Io vi chiedo, in nome di Dio, di difendere la Madre Terra». Perché, ha concluso, è nelle mani dei popoli, nella loro capacità di organizzarsi, che riposa il futuro dell'umanità.

* Foto tratta dal profilo Facebook di Encuentro Mundial de Movimientos Populares, immagine originale

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