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Il diaconato femminile non è più un tabù. E il laicato cattolico interpella le gerarchie

Il diaconato femminile non è più un tabù. E il laicato cattolico interpella le gerarchie

Tratto da: Adista Notizie n° 18 del 14/05/2016

38549 MÜNSTER-ADISTA. Tra passi avanti e battute d’arresto (per lo più da parte della gerarchia ecclesiastica), il tema del diaconato femminile si fa lentamente strada soprattutto alla base del mondo cattolico, quasi imponendosi come questione urgente. Lo dimostra il successo ottenuto dalla “Giornata della diaconessa” svoltasi a Münster, in Germania, il 29 aprile scorso, alla quale hanno partecipato più di 250 persone. Organizzata dalla Katholische Frauengemeinschaft Deutschlands (Comunità cattolica femminile della Germania, Kfd), dalla Katholische Deutsche Frauenbund (Federazione cattolica femminile tedesca, Kdfb), dalla Netzwerk Diakonat der Frau (Rete diaconato femminile) e dal Zentralkomitee der Deutschen Katholiken (Comitato centrale dei cattolici tedeschi, ZdK, la più importante organizzazione laicale del Paese), ha avuto come tema dell’anno “Osservare e agire”. «Non siamo mai stati tanti! E saremmo stati ancora di più se fosse stato possibile accogliere più persone», ha commentato soddisfatto il presidente del Zdk Thomas Sternberg. «Il titolo voleva esortare alla sensibilità nei confronti della responsabilità diaconale dei cattolici locali per l’ammissione delle donne al ministero diaconale sacramentale nella Chiesa cattolica». Un passo necessario, ha detto, perché «senza l’impegno delle donne il lavoro diaconale nella Chiesa e nelle comunità crollerebbe». «Soprattutto le donne devono affrontare la responsabilità diaconale a livello locale», ha aggiunto Maria Theresia Opladen, presidente nazionale del Kfd. «Molte di loro hanno al centro della loro attività l’interesse per gli altri e per la giustizia sociale». E molte di loro avvertono una vocazione al diaconato: «Queste donne vivono la loro vocazione senza alcun riconoscimento ecclesiale. È un fatto doloroso ed è una perdita per la Chiesa», ha osservato Irmentraud Kobusch, presidente della Rete diaconato femminile, che ha annunciato di avere, nei propri programmi, un corso di formazione per «donne nei servizi diaconali». La “Giornata della diaconessa”, cui hanno partecipato docenti universitari ed esponenti della Chiesa, tra cui Gaby Hagman, direttore della Caritas di Francoforte, è nata nel 1997 e da allora si svolge sempre il 29 aprile, giorno della commemorazione di Santa Caterina da Siena.

Un tema sempre più all’ordine del giorno

Il tema del diaconato femminile sembra essere sempre più all’ordine del giorno anche per la gerarchia della Chiesa. Fu d’altronde già il card. Carlo Maria Martini, nel 1994, a pronunciare parole di apertura in tal senso dopo che Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, aveva escluso la possibilità per le donne di ricevere il sacerdozio. La questione cruciale era la distinzione tra un diaconato femminile inteso come servizio e il diaconato come primo gradino dell’ordine sacro, com’è quello maschile, dal quale le donne sono escluse. All’ultimo Sinodo dei vescovi, lo scorso ottobre, ha avuto molto risalto la proposta avanzata dal vescovo canadese di Gatineau (Québec), già presidente della Conferenza episcopale, mons. Paul-André Durocher, che nel suo intervento, nel corso della I Congregazione generale, aveva ipotizzato per le donne l’accesso al diaconato e all’omelia. «Riguardo al diaconato permanente», aveva detto, «che questo Sinodo raccomandi l’avvio di un processo che possa eventualmente aprire alle donne l’accesso a questo ordine che, come dice la tradizione, non è orientato al sacerdozio, ma al ministero» (v. Adista Notizie n. 35/15). Sempre lo scorso anno, il Sinodo diocesano di Bolzano, fortemente voluto dal vescovo mons. Ivo Muser, che ha lasciato ampia autonomia all’assise (v. Adista Notizie n. 27/15), si è espresso con convinzione a favore del diaconato femminile, con un 79% di sostegno.

Il consenso dunque pare allargarsi anche alle gerarchie, come dimostra lo stesso percorso compiuto, ad esempio, in Germania dai vescovi, ora più aperti al tema rispetto a qualche anno fa: ancora nel 2011 la Conferenza episcopale rispedì al mittente una risoluzione adottata dallo ZdK (v. Adista n. 91/11), che nel corso dell’assemblea generale aveva approvato una mozione in questo senso. I delegati avevano invitato i cattolici ad unirsi alla Rete diaconato femminile sottolineando che, nella Chiesa, la diaconia è esercitata dalle donne in diversi modi, ragione per cui è necessario aprire loro la strada ministeriale. Alcuni vescovi, tuttavia, sono sempre stati aperti alla possibilità del diaconato femminile: mons. Franz-Josef Bode, vescovo di Osnabrück e presidente della Commissione pastorale dell’episcopato tedesco, nel 2010 infatti ha aperto all’ipotesi del diaconato femminile partendo da un documento dottrinale di Benedetto XVI, il motu proprio Omnium in mentem, che sottolineava la differenza tra diaconato, presbiterato e episcopato. Per Bode vi era materiale per riaprire la questione delle “diaconesse”, di cui già parlava il Nuovo Testamento. Nel 2013 fu poi il card. Walter Kasper a proporla alla Conferenza episcopale in una giornata di studio sul ruolo della donna nella Chiesa. Kasper parlò, in quell’occasione, di una “diaconessa” parrocchiale, con funzioni pastorali, caritatevoli, catechistici e liturgici, non consacrata con il sacramento dell'ordine, ma con una benedizione. Molte donne, sottolineò, svolgono già funzioni diaconali, per cui non si può non affrontare la questione, che oltretutto è riconducibile a una vecchia tradizione, risalente alla Chiesa nel III-IV secolo. Ancora nel 2013, fu il presidente dei vescovi tedeschi, l’arcivescovo di Friburgo mons. Robert Zollitsch, a dire che il diaconato femminile «non è più un tabù». 

Il tema sta infiammando anche il mondo cattolico statunitense, dove le donne che svolgono un ministero laico nella Chiesa, secondo uno studio del 2015 del Center for Applied Research in the Apostolate della Georgetown University, rappresentano quasi l’80% del totale dei ministri laici, ma restano per lo più nell’invisibilità: «Queste donne – scrive sul settimanale Usa National Catholic Reporter (28/4) suor Christine Schenk, ostetrica e cofondatrice dell’organismo FutureChurch – raramente svolgono ruoli liturgici e non hanno la facoltà di pronunciare l’omelia durante la messa. Le nostre comunità cattoliche sono private della forza e della ricchezza del Vangelo predicato attraverso una lente femminile». FutureChurch è in prima linea nel sostegno al diaconato femminile. Ha creato un sito dedicato, www.catholicwomendeacons.org, per incoraggiare le donne che sentono questa vocazione a condividere con le altre le loro riflessioni e per fornire strumenti di formazione e discernimento, chiedendo alle gerarchie della Chiesa di aprire la discussione. E ha organizzato un ritiro per il prossimo settembre per tutte coloro che si sentono chiamate a questo servizio permanente. «Per me è diventato più doloroso sentirmi dire dai preti sottovoce che le donne dovrebbero avere ruoli ministeriali nella Chiesa piuttosto che sentirmi dire apertamente il contrario», afferma una “candidata” al diaconato, Natalie Terry (Ncr, 28/4). «Oggi, chiedo ai vescovi e ai preti che nel loro ministero hanno conosciuto donne con questa vocazione a parlare. Noi stiamo parlando, ora è il momento che siano i nostri vescovi a farlo per noi». 

* Immagine di Denis Bocquet, tratta dal sito Flickr, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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